Lucia Pietroni con Vanni Pasca e Fabio Lenci
di Luca Capponi
(foto di Edo Fanini)
Domanda più che legittima: si può insegnare l’esperienza? Risposta negativa scontata. Perché l’esperienza si può al massimo trasferire da un soggetto all’altro. Tramite soprattutto l’ascolto, il confronto, vivendo il “campo” della vita e del lavoro. Su questo sacrosanto principio, oggi più che mai da ricordare e ribadire alle nuove generazioni, ha preso il via Design Experience Week 2018, ideato, curato e organizzato dalla Scuola di Ateneo di Architettura e Design “Eduardo Vittoria” dell’Università di Camerino.
Gasperini, Castelli, Pettinari, Sabatini e Losco
L’ambizioso progetto, che punta a elevare il sapere e a mettere in connessione i cervelli, ha preso il via oggi 24 settembre. Sicuramente sotto i migliori auspici, visto quanto è emerso nell’affollata conferenza d’apertura tenutasi nella sala gialla della Camera di Commercio. «Una meraviglia», la definisce il mito del design Fabio Lenci, romano classe 1935, uno che ha fatto davvero la storia del settore e che quando parla di una sua “opera” rischia di confondersi tante ne ha viste e fatte: è esposta al MoMa di New York o al Museo di Design di Pechino? «Ho sempre sognato di realizzare qualcosa del genere, mettere insieme le migliori menti per guardare al futuro, un po’ come fecero americani e russi ai tempi della sfida per andare nello spazio» ribadisce il super ospite. Sarà lui, fino al 28 settembre, a supervisionare il lavoro degli 8 team formati dai ricercatori provenienti da altrettanti sedi universitarie nazionali (tra cui Roma e Genova) ed internazionali (Messico, Grecia e Israele). Tante la carne che già bolle in pentola, con la mission di abbinare il design al quotidiano e migliorarne gli standard. Proprio come Lenci ha fatto per decenni. Tra le applicazioni su cui si concentrerà il lavoro dei ragazzi, che si svolgerà nella sala dedicata a Cola d’Amatrice nel chiostro di San Francesco, spicca su tutti il mobile in grado di salvare la vita in caso di scossa di terremoto, poiché incentrato sulla protezione passiva della persona. «Ma gli ambiti che verranno toccati sono tanti e disparati, dal cibo sostenibile fino alla demenza senile passando per il relax e il viaggio» spiega il professor Carlo Vannicola, che di Design Week Experience (leggi il programma) è anima insieme alla collega Lucia Pietroni.
Atmosfera, confronto e intuizione dal sapore internazionale, con tanti giovani che hanno ascoltato lo “start” direttamente in cuffia; traduttrice in azione in tempo reale per riportare in inglese i saluti del “padrone di casa” Gino Sabatini (presidente della Camera di Commercio), del sindaco Guido Castelli e del vice Donatella Ferretti, del direttore della “Vittoria” Giuseppe Losco, di Michele Gasperini, presidente dell’Associazione per il Disegno Industriale Marche Abruzzo Molise, e di Massimiliano Bachetti di Confindustria Giovani. Con loro, il rettore Claudio Pettinari, emozionato, che sottolinea come si tratti di «Un grande e ulteriore passo verso l’internazionalizzazione in grado di mettere in risalto il ruolo del nostro ateneo, radicato su un territorio che deve continuare ad essere unito per guardare con fiducia al domani». Losco, invece, annuncia che in vista dell’imminente ricorrenza per i 25 anni della Facoltà di Architettura (poi divenuta la scuola che conosciamo oggi) ci sarà un ricco programma di eventi. A introdurre con sagacia e acutezza Lenci ci ha pensato proprio uno che in quella facoltà ci ha insegnato, esattamente ai tempi della fondazione, vale a dire Vanni Pasca, che dopo aver ricordato, tra le altre cose, che il design «non è un di più ma un complemento fondamentale per affrontare la globalizzazione», chiosa da fuoriclasse: «Fabio è un grande perché abbina alla conoscenza anche il saper vivere, altrimenti sai che noia».
Lenci e Pasca
«A Roma non esisteva il design, quando mi chiedevano come facessi a vivere e rispondevo “grazie alla royalties” mi sentivo dire: “Cos’ è, il pizzo?”» racconta Lenci prima di tuffarsi in un suggestivo excursus della carriera, dagli anni ’60 in poi, tra scrivanie con cassetti rotanti, poltrone in cristallo, letti a baldacchino da 300 milioni di lire e pezzi che a vederli oggi sembrano ancora più futuristici. «La Frau mi chiese di realizzare un letto appositamente “per fare l’amore”, mandarono anche il sociologo Alberoni a darmi indicazioni sulle abitudini degli italiani, forse mi credevano poco esperto. -sorride- Alla fine il letto a baldacchino che venne fuori aveva, tra le altre cose, schienali reclinabili, uno schermo che scendeva giù, un frigorifero e un filtro che trasformava il fumo della sigarette in aria di montagna. Ne produssero tre; uno lo tennero loro, e gli altri due furono venduti a Calisto Tanzi (ex patron della Parmalat) e a un dittatore africano». Sicuramente tra i risultati che verranno presentati venerdì 28 settembre nell’ambito della “Notte europea dei ricercatori” (dalle 20 in poi nella Sala Cola d’Amatrice) non ci sarà una lavoro del genere, ma la curiosità su ciò che verrà fuori, viste le premesse, è già tanta.
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