Stretta sull’autonoma sistemazione:
ecco la bozza al vaglio dei Comuni

L'ORDINANZA della Protezione civile circoscrive, taglia e rimodula il contributo concesso a chi ha perso la casa per il terremoto. Autocertificazioni da presentare, cosa cambia per chi viveva in affitto, contributo per chi acquista o costruisce un'altra abitazione. Le modifiche riguardano in parte anche l'assegnazione delle Sae
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Angelo Borrelli, capo della Protezione civile nazionale

di Federica Nardi

La stretta sul contributo di autonoma sistemazione è arrivata nero su bianco ai Comuni del cratere. L’ordinanza della Protezione civile circoscrive, taglia e rimodula infatti il contributo concesso fino a ora a chi ha perso la casa a causa del terremoto. Giovedì prossimo la Regione ha convocato una riunione per discutere il testo insieme ai sindaci interessati. Le modifiche riguardano anche in parte l’assegnazione delle soluzioni abitative d’emergenza (Sae). 

AUTOCERTIFICAZIONE DA PRESENTARE – L’ordinanza, nel primo articolo, spiega quali documenti vanno presentati entro il 31 gennaio di ogni anno per poter continuare a ricevere il contributo di autonoma sistemazione (i casi specifici sono rimandati poi agli altri articoli della bozza, in particolare quello di chi si trovava in affitto in una casa poi dichiarata inagibile). Di seguito i sei requisiti per continuare a ricevere il cas che varranno anche per le nuove assegnazioni di sae. Il primo: chi è proprietario di case che avevano bisogno di interventi di immediata riparazione e ha avviato i lavori deve dichiarare di aver inviato la documentazione necessaria all’Ufficio ricostruzione. In questo caso il Comune, a partire dalla revoca dell’inagibilità, erogherà il cas per 30 giorni. Il cas dura invece non oltre 12 mesi dal provvedimento che assegna ai proprietari il contributo per sistemare l’immobile. Il secondo: se si è proprietari di case lesionate, bisogna dichiarare di trovarsi nei termini previsti dalla legge per fare domanda per il contributo per il ripristino dell’immobile. Il terzo: bisogna anche dimostrare di non aver avuto a disposizione altre case, di proprietà prima del sisma, adatte per ospitare il nucleo familiare e che si trovano nel Comune di residenza o in un Comune confinante. Questo non vale però se le case sono state nel frattempo affittate o concesse in comodato d’uso. Il quarto e quinto: chi prende il cas non può essersi trasferito in pianta stabile all’estero né essere rientrato nella casa danneggiata dal sisma. Il sesto requisito riguarda le situazioni di chi era in affitto prima del sisma in una casa poi dichiarata inagibile. Questa ipotesi è regolata da tutta una nuova serie di norme contenute nell’ordinanza. Non si può ricevere il cas anche nel caso in cui l’amministrazione abbia messo a disposizione della famiglia un alloggio di servizio. La mancanza di questi requisiti toglie il diritto al contributo.

“ABITAZIONE PRINCIPALE” – Per vedersi riconosciuti il cas e per le nuove assegnazioni di soluzioni abitative d’emergenza, la Protezione civile ha definito meglio il concetto di “abitazione principale, abituale e continuativa”, intendendolo come la casa dove il nucleo familiare «dimorava per un lasso temporale non inferiore a 12 mesi, senza computare nel calcolo eventuali assenze per ferie nonché comprovate e temporanee esigenze di natura socio sanitarie o lavorative, non ricorrenti».

COSA CAMBIA PER CHI VIVEVA IN AFFITTO – La stretta principale riguarda chi viveva in affitto in case poi dichiarate inagibili e si è spostato in altre case, sempre con un contratto di affitto. Nel loro caso il contributo verrebbe ridotto togliendo dalla somma ricevuta mensilmente il valore dell’affitto pagato in precedenza. Un valore che si desume dai contratti registrati. Il cas in ogni caso non supererà i 600 euro mensili. Per chi invece al momento vive in comodato gratuito in altre abitazioni, «i comuni riconoscono un contributo pari alla metà dell’importo del contributo per l’autonoma sistemazione riconosciuto alla data di pubblicazione del presente provvedimento». Perde il cas in ogni caso chi si è trasferito in un altro Stato o è tornato a vivere nella sua dimora principale. C’è comunque una previsione per chi non ha più una fonte di reddito. «Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano ai nuclei familiari che dichiarano la documentabile perdita, per effetto del sisma, della propria fonte di reddito, verificata sulla base del confronto tra la dichiarazione Isee dell’anno corrente e quella dell’anno precedente all’evento sismico o, in mancanza sulla base del confronto delle dichiarazioni dei redditi. A tali nuclei si continua a erogare il Cas».

SAE IN AFFITTO – Sono due i casi in cui si propone di far pagare un affitto per le soluzioni abitative d’emergenza. Il primo caso riguarda chi perde il diritto alla sae. In questo caso «i Comuni possono concedere, su richiesta degli interessati, la prosecuzione dell’utilizzo delle Sae per un tempo determinato a fronte della corresponsione, a favore dell’amministrazione proprietaria, di un contributo parametrato ai canoni stabiliti per l’assegnazione degli alloggi per l’edilizia residenziale pubblica decurtato del 30 percento». L’altro caso riguarda invece chi, al momento della scossa che gli ha reso inagibile la casa o l’appartamento, ci abitava in affitto. In questo caso la proposta economica è simile: far pagare un canone equivalente agli alloggi pubblici, sempre con uno “sconto” del 30 percento.

CONTRIBUTO PER CHI ACQUISTA O COSTRUISCE UN’ALTRA CASA – L’ordinanza prevede l’erogazione di un contributo pari a metà del cas, per un certo periodo di tempo, per chi ha casa inagibile e se ne compra o costruisce un’altra. Il provvedimento apre questa possibilità anche chi ha una casa inserita nelle perimetrazioni. Il requisito per accedere è che nel Comune di residenza o, in caso di impossibilità, in un Comune confinante «entro 12 mesi dalla data di pubblicazione della presente ordinanza, stipulino un contratto preliminare o definitivo di compravendita» di una casa, oppure ne facciano realizzare una «sulla base base di titolo abilitativo a costruire rilasciato entro il termine di vigenza dello stato di emergenza». In questo caso i Comuni «riconoscono un contributo forteffario mensile, per sei mesi, a conduttori e comodatari. O di tre anni per i proprietari nella misura pari alla metà dell’importo del cas riconosciuto alla data di pubblicazione dell’ordinanza». L’idea del contributo per chi compra o costruisce un’altra casa è «al fine di incentivare l’individuazione di autonome sistemazioni caratterizzate da stabilità».

STUDENTI, BADANTI E SEPARAZIONI – Per gli studenti in affitto che avevano diritto al cas, il contributo sarà sostituito da una somma fissa di 300 euro. Per averlo bisognerà dimostrare di avere un contratto registrato o comunque un titolo idoneo che dimostri che si vive in affitto. Nei casi di separazione legale o divorzio tra coniugi che, avendone diritto, hanno chiesto una sae, la casetta è assegnata a uno dei due mentre l’altro riceverà il cas o un’altra sae, se disponibile e se l’interessato ne fa richiesta. Questo anche se la separazione avviene dopo che la sae è stata assegnata. Sono i Comuni, in questo caso, a dover verificare l’effettiva mancanza di coabitazione. Infine, per quantificare il cas, nel nucleo familiare verranno conteggiati anche i badanti delle persone non autosufficienti che hanno avuto la casa inagibile, purché abbiano un contratto di lavoro regolare che preveda la convivenza e un impegno lavorativo non inferiore a 25 ore a settimana.

STRUTTURE RICETTIVE – I requisiti per avere il cas sono gli stessi indicati per gli sfollati che sono ospitati in albergo. Per rimodulare la presenza dei terremotati nelle strutture ricettive, sarà permesso di rimanere in albergo nei casi in cui le famiglie siano in attesa delle sae, delle case acquistate e poi assegnate dalla Regione o di altre strutture d’emergenza previste dalla Protezione civile. Chi gestisce strutture ricettive pubbliche potrà comunque stipulare convenzioni per ospitare gli sfollati, anche se non in attesa delle sae. A prorogare i termini della permanenza in albergo potranno essere i Comuni di provenienza, a patto che verifichino l’impossibilità «di reperire immobili in locazione anche in altri comuni, nell’ipotesi in cui non siano disponibili soluzioni alloggiative nel comune di provenienza o della struttura ricettiva». Sarà sempre possibile ospitare sfollati in albergo nel caso di nuove forti scosse che possano determinare un pericolo per l’incolumità della popolazione. A decidere, in questo caso, sarà la Protezione civile una volta sentita la Regione.

 


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