Il telegramma di Papa Francesco letto in chiesa durante la messa
di Marco Braccetti
«Vorrei che fosse un segno importante di speranza non solo per noi, ma anche per tutti coloro che stanno ancora aspettando di poter rientrare nelle loro case e nelle amate chiese parrocchiali e riprendere così a vivere più pienamente». Nel culmine della messa solenne che, domenica, ha riaperto al culto la Cattedrale Santa Maria della Marina, arriva una parola di vicinanza per i tanti “sfollati” (termine brutto, ma necessario) che ancora subiscono sulla propria pelle le conseguenze dello sciame sismico iniziato ad agosto 2016. A pronunciarle ci ha pensato direttamente il vescovo di San Benedetto-Ripatransone-Montalto, Carlo Bresciani, ricordando implicitamente come il territorio Diocesano e quello più vasto del Piceno sia ancora ferito dal sisma. Una ferita ancora aperta, nonostante il trascorrere degli anni e degli interventi di ricostruzione, spesso zavorrati da burocrazie e altri problemi. Nonostante tutto, il vescovo invita a mantenere aperti i cuori alla speranza. Intanto, all’indomani della messa che ha riconsegnato la cattedrale ai fedeli, in città si continua a parlare del tanto inatteso, quando gradito, telegramma con le felicitazioni di Papa Francesco.
Il vescovo Carlo Bresciani durante la celebrazione della messa nella Cattedrale Santa Maria della Marina
Effettivamente, un messaggio del pontefice non capita tutti i giorni, infatti la sua lettura in chiesa è stata accolta con un fragoroso applauso. Così la Cattedrale della Marina è ritornata più bella che mai, anche grazie ad una serie di interventi “estetici”, realizzati a margine dei lavori di restauro, indispensabili dopo i danni causati dal sisma. A tal proposito, forse fiutando possibili polemiche, dal pulpito della cattedrale, Bresciani ha lanciato un messaggio volto a spegnere sul nascere ogni fuoco: «Le nostre chiese, e anche la nostra Cattedrale, hanno il senso di un servizio al popolo di Dio nel suo bisogno di ritrovarsi, di riconoscersi comunità del Signore, di avere un luogo adatto in cui incontralo nella pace dello spirito, poter ascoltare la sua parola e ricevere i sacramenti della fede. Il bello che in esse è custodito, frutto di liberi sacrifici dei fedeli, non è ostentazione, ma servizio allo spirito umano che ha bisogno anche del bello per elevarsi a Dio e per onorarlo come a lui conviene. Anche il bello con il quale abbiamo sempre ornato e continuiamo, in quanto possibile, ad ornare le nostre chiese, non ha a che fare con affermazioni di potenza, ma con gesti di amore a Colui che in queste chiese abita e con il desiderio di servire lo spirito umano».
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati