Il teatro Ventidio Basso addobbato (Foto Vagnoni)
di Franco De Marco
C’è “Cinesophia”, festival dedicato alla pop filosofia del cinema, e la facciata del Teatro Ventidio Basso è fortemente invasa da due enormi striscioni verticali oltre a quattro totem pubblicitari (due giganti) sulla strada davanti all’edificio. Ma allora perché non si può mettere una ben più piccola bacheca artistica per annunciare i principali spettacoli lirici, sinfonici o di prosa? Misteri di vita ascolana quotidiana. Soprintendenza e Comune qual è il vostro pensiero? Cosa si può o non si può issare sulla facciata neoclassica di travertino di questo edificio monumentale finito di realizzare nel 1846 su progetto dell’architetto Ireneo Aleandri?
“Cronache Picene”, raccogliendo anche il pensiero di tanti “addetti ai lavori” e soprattutto di tanti cittadini, ha da tempo sollevato il problema della mancanza, sulla facciata del Teatro Ventidio Basso (stesso discorso per il Filarmonici), di una bacheca permanente di ferro battuto o altro materiale, naturalmente in stile, opera di artigianato artistico, in maniera da pubblicizzare adeguatamente gli spettacoli più importanti in programmazione.
Fino ad oggi il Comune ha sempre fatto sapere che la Soprintendenza non consente un intervento del genere perché evidentemente la storica facciata dell’edificio non può essere violata. E allora, ripetiamo, gli striscioni altamente invasivi con scritto Popsophia (associazione organizzatrice di Cinesophia)? Direte che si tratta solo di due giorni. Due giorni o una intera stagione lirica o sinfonica, se di deturpazione di un bene artistico tutelato si tratta, poco conta. E lasciamo stare l’estetica. Perché, al di là di ogni altra considerazione, i grandi striscioni rossi di Popsophia sono un pugno in un occhio rispetto al teatro ottocentesco. E allora? Cosa pensa davvero l’Amministrazione comunale a cominciare dal sindaco Guido Castelli e dall’assessore alla cultura Piersandra Dragoni (sempre molto attenta alla tutela del patrimonio artistico della città)? Il primo a sentirsi rispondere dal Comune “la Soprintendenza lo vieta” fu, per la cronaca, il baritono Vittorio Vitelli in occasione dell’Otello in piazza del Popolo.
Il sindaco Castelli
Sia chiaro, per evitare interpretazioni capziose, che Cinesophia o Popsophia che sia non c’entrano nulla. In discussione è lo strumento della pubblicità – che ci sta tutta – della manifestazione. Gli organizzatori di Cinesophia, che sono certamente esperti e che portano da molti anni le loro produzioni in tutte le Marche, sanno bene che per coinvolgere gli spettatori ad un evento culturale bisogna pubblicizzarlo bene e metterlo sotto gli occhi di tutti. Verissimo. E lo fanno giustamente anche ad Ascoli. Allora però, ripetiamo, perché non si può fare altrettanto ad esempio per uno spettacolo lirico? E’ in arrivo il “Falstaff” della Fondazione Rete Lirica delle Marche dopo la deludente presenza di spettatori al “Trovatore” e “Così fan tutte”. Sarà possibile cambiare rotta e, oltre ai soliti manifesti (pochi) e post nei social, si potrà dare adeguata visibilità all’appuntamento anche sulla facciata del Massimo? I cavalletti di legno quelli sì che sono una bruttura permanente. Il prosieguo della lirica in città, purtroppo, può dipendere anche da questo.
Ultima notazione: non solo la Scala di Milano, il San Carlo di Napoli o la Staatsoper di Vienna e tutti i più grandi teatri d’opera del mondo hanno bacheche, striscioni e via dicendo, ma anche il nostro più vicino Teatro dell’Aquila di Fermo, con la stessa Soprintendenza competente, utilizza facciata e finestre per promuovere i suoi appuntamenti.
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