di Claudio Felicetti
Riprenderà presto la produzione metallurgica nei capannoni dell’ex Ocma, l’azienda fallita nel 2014 e acquistata per 11,5 milioni nell’ottobre 2017 dalla Osi srl, società italiana che vede come unico socio la croata Odgaliste Sirovina. Entro metà anno, l’Osi dovrebbe rendere noto il piano industriale che a quanto pare prevede circa 20 milioni di investimenti e probabilmente diversi posti di lavoro. Secondo i piani della società, una parte dei 125.000 metri quadrati dell’area verrà recuperata a fonderia moderna (ci sono già contatti con partner anche europei), mentre circa 40.000 metri quadrati coperti verranno utilizzati per avviare un non meglio definito “centro di economia circolare a freddo”.
Ma prima del piano industriale la nuova proprietà dovrà farsi carico dello smaltimento delle 38.000 tonnellate di scarti di lavorazione accumulate all’interno dello stabilimento di Campolungo, che secondo alcune stime dovrebbe comportare un onere di oltre 7 milioni. Il 30 gennaio scorso, l’Osi ha presentato in Provincia una richiesta di autorizzazione allo smaltimento, confidando nel recupero e riutilizzo di parte delle scorie, con conseguente dimezzamento dei costi. Per l’autorizzazione si prevede un iter lungo e complicato, visto che occorreranno i pareri di Arpam, Regione, Arengo, Consind, Autorità di Bacino del Tronto e Vigili del fuoco. Per lo scopo, la società si avvale di quotati consulenti ambientali della Mitambiente di Milano e della Byom di Roma.
Come si ricorderà, oltre a quello di Campolungo, rientrarono nel fallimento Ocma anche gli stabilimenti di Nogarole Rocca (Verona) e Catania con perdita di decine di posti di lavoro. Come riportato nell’inventario dei beni, stilato dai curatori fallimentari e dal Tribunale di Ascoli, il complesso immobiliare di Campolungo “consiste in un insieme di cinque capannoni industriali completati da altre unità destinate a portineria, servizi, deposito attrezzi e show room, aree verdi, abitazione del custode, tettoie e piazzali, per un totale di 125.000 metri quadrati”.
Fin qui il rilancio dell’azienda. Restano, però, i problemi ambientali legati agli insediamenti produttivi della zona di Campolungo che preoccupano da sempre i residenti di Villa Sant’Antonio e dintorni, costretti a subire inquinamento e disagi. Da oltre due anni, la montagna di rifiuti industriali pericolosi è rimasta intatta all’interno dell’ex Ocma (senza dimenticare le decine di discariche abusive fuori, il vicino stoccaggio di gomme e i problemi causati fino a qualche mese fa dal depuratore consortile), con seri rischi per la salute della popolazione. Meno di un mese fa, era scattato l’allarme a causa di un fumo nero e denso proveniente dall’ex Ocma, precisamente dall’area di proprietà della Cedi srl (socio unico Emidio Ciotti), dove qualcuno aveva bruciato materiali di scarto. Su segnalazione del comitato “Aria pulita” (che controlla la zona giorno e notte), erano intervenuti i carabinieri di Castel di Lama per le indagini del caso. Le due proprietà, distinte da un dislivello del terreno, dovrebbero essere separate da una recinzione ma, nonostante i solleciti di Piceno Consind e quelli della nuova Ocma (che non vuole più confusioni deleterie), non è stata ancora realizzata, a quanto pare per divergenze sulla ripartizione dei costi.
Si attende dunque l’autorizzazione allo smaltimento delle 38.000 tonnellate di rifiuti che, come da contratto, dovrà essere effettuato dall’azienda croata, specializzata in questo settore. Vale la pena evidenziare che nell’oggetto sociale dell’Osi srl, oltre alle fusioni di alluminio e metalli ferrosi e alla produzione di laminati, figurano anche “raccolta, trasporto e riciclaggio di rifiuti urbani, urbani pericolosi e assimilabili”, “la raccolta e il trasporto, per conto terzi, di rifiuti speciali, tossici, nocivi e pericolosi”, nonché “la gestione di impianti di stoccaggio provvisorio, di cernita e trattamento chimico-fisico-biologico di rifiuti destinati al recupero e al riutilizzo, di rifiuti urbani, di quelli metallici, speciali, tossici, nocivi e pericolosi”. Ma anche “la costruzione e gestione di discariche e impianti di smaltimento/trattamento/recupero di rifiuti urbani, pericolosi e non, e inerti”. Tra le attività della ragione sociale, anche “la termodistruzione di rifiuti urbani, assimilabili, speciali e pericolosi”.
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