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Iscrizioni, statue e la speranza di tornare
Ascoli e il culto della dea dei reduci

FU IL VESCOVO Prospero Caffarelli, nel 1496, a volere l'iscrizione con dedica alla Fortuna Redux, posta sulla destra della facciata del Duomo, su un muro edificato tra lo stesso e l'Episcopio. Una venerazione che affonda le radici nell'antica Roma, quando lo stato di guerra era considerato normale
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L’iscrizione collocata sul muro di fianco al Duomo

di Mario Troiani 

I Romani furono, come noto, grandi conquistatori: la guerra era accettata secondo una concezione sacrale del potere e lo stato di guerra era considerato normale con i popoli con cui non si era legati da un trattato. Quindi, in un mondo dominato da conflitti era logica conseguenza invocare una divinità per assicurarsi il ritorno in patria.

Il duomo di piazza Arringo (foto Vagnoni)

La divinità in questione era la Fortuna Redux. Fortuna era una figura della religione romana: era la dea del Caso e del Destino. Essa richiamava in parte alla Tiche della mitologia greca e alla Ananche, dea greca che rappresentava la potenza del destino, della necessità inalterabile e del fato. Nella Roma pre imperiale il culto della Fortuna Reduce fu introdotta nel 19 a.C. in occasione del ritorno di Ottaviano Augusto dall’oriente. Fu proprio il senato a fare erigere, a consacrare l’altare della Fortuna Redux e ad istituire una festività che in seguito, venne chiamata”Augustalia” o “Ludi Divi Augusti”, che si svolgeva dal 3 al 12 ottobre, a memoria imperitura del trionfale ritorno a Roma del grande condottiero, considerato ormai come debellatore di guerre e come restauratore di pace. Gli “Augustalia” ponevano Augusto a rango degli dei, anche perché, fino ad allora non si era mai attribuito un giorno dell’anno ad un uomo ancora in vita.
In Ascoli la cattedrale costruita da Costantino Magno nel luogo dove fu tempio di Ercole, fu riedificata nel 1482 da Sisto IV. Era allora vescovo Prospero Caffarelli che pose nel 1496 una dedica alla Fortuna Redux, di cui non è noto il luogo del ritrovamento, come ricorda una lapide sotto detta dedica.
La dedica alla Fortuna Redux è collocata a destra della Cattedrale, su un muro edificato tra la stessa e il palazzo dell’Episcopio, a circa 8 metri dal piano di calpestio.Il testo, leggibile, è inciso su lastra di marmo, racchiusa in una cornice e cosi enuncia:

Fortunae Reduci
Rufus col(oniae servus) disp(ensator) arce(sic) summar(um)
omni cultu exornat(am) dé suo poso
It idemque decret(o) ordin(is) templum
a solo sumptu suo maximo conlato
perficiendum curavit.Cuius dedicati
one singulis in collegio (sesterios) XX n(ummos) ded(it).
Dedicatum (ante diem) XII kal(endas) Aug(ustas). Orfito et Maximo co(n)s(ulibus).
Si qui clipeum ponere volet,dabit arce (sesterium) II (milia) n(ummum).

L’iscrizione sul muro a destra della facciata

Dedica alla Fortuna Redux da parte del cassiere pubblico (dispensator) Rufus. Si menziona la donazione di una statua completamente a spese del “dispensator”, inoltre Rufus in occasione della costruzione del tempio, di cui la massima contribuzione era sua, provvide anche alla distribuzione di 20 sesterzi a ciascuno dei membri di un collegio non bene identificato, si pensa che si tratti di una associazione connessa al tempio della Fortuna Redux, più precisamente un sodalizio di carattere religioso. Rufo prescrisse inoltre che chiunque avesse voluto porre un “clipeus”(scudo con ritratto) nel tempio avrebbe dovuto versare la somma di 2000 sesterzi.
La datazione della dedica dice, al dodicesimo giorno prima delle calende di agosto, dell’anno del consolato di (Servio) Calpurnio, Scipione Orfito e Quintilio Massimo, quindi il 21 luglio del 172 d.C. Tale data ci fa supporre nata per gli auspici di un felice ritorno dell’imperatore Marco Aurelio dalla campagna contro i Marcomanni intrapresa nell’autunno del 169 d.C.

Bibliografia: 

Solin-O.Solin-Solin Salomies

Cristofori “Non Arma Virumque

Mommsen CIL IX 5177

 

 

 

 

 


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