C’era una volta Amatrice
Un canto per Amatrice e le sue ferite mai rimarginate. E’ quello composto da Camillo Berardi (musica) e Concetta Persico (versi), intitolato “Matrix Pulcherrima – Post Fata Resurgo”. Un componimento in vernacolo locale (“Canzune mie/scritta solu pe’ ti’/pe’ ‘na bbella città/che oramai/‘nci sta cchiù” sono le commoventi parole con cui si apre) che scuote e fa riflettere, scritto da due figli della cittadina divorata dal sisma del 2016.
«Il borgo fantasma di Amatrice, nel terzo inverno dopo sisma, è ancora una distesa agghiacciante di macerie e miseri frammenti, dominati da un silenzio spettrale e dal vuoto profondo: non è facile prevedere o immaginare quale potrà essere il suo futuro -racconta Berardi-. Più volte è stata pronunciata la frase “Non vi lasceremo soli”, ma che cosa è stato fatto sino ad oggi? Lo scenario del borgo scomparso è raccapricciante, ancora oggi sottoposto a sorveglianza armata, sia di giorno che di notte, e la ricostruzione è un miraggio. Agghiaccianti i cartelli con le scritte “Pericolo di morte”, “Area sottoposta a sorveglianza armata”».
Il canto dolce e struggente è dunque un grido di dolore e di amore, ma anche un messaggio di speranza, con l’augurio che il borgo appenninico possa rinascere dalle sue macerie e tornare a volare come un’Araba Fenice.
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