di Maria Nerina Galiè
Sul fronte dell’emergenza idrica sono in molti ad attendere la fine delle chiusure notturne imposte dal Consorzio Idrico Intercomunale del Piceno dal 14 gennaio, in diversi Comuni della provincia, dalle 23 alle 6 del mattino. Da mezzanotte nei fine settimana, ma solo ultimamente. In tanti chiedono lumi a proposito dell’impianto di soccorso di Castel Trosino, che dovrebbe arginare l’emergenza soprattutto in vista della stagione estiva, quando il caldo richiederà un maggior consumo d’acqua e diversi territori coinvolti nelle razionalizzazione vedranno aumentare la popolazione.
C’è qualche risposta, in attesa di conferme. Ma anche una certezza. L’emergenza che ci porteremo dietro ancora per un bel po’ ha i suoi eroi. Tecnici e operai del Ciip che durante il sisma hanno lavorato in condizioni estreme per arginare i danni delle ondate sismiche agli acquedotti, come spesso evidenziato dal presidente Giacinto Alati. Lodi ma senza eccessi. «Prestare un servizio alla popolazione include anche questo», ha sempre detto.
I danni alle sorgenti di captazione sono stati ingenti ed hanno diminuito la portata fino al punto di superare la soglia di allerta. Ecco quindi la razionalizzazione. Ma forse non tutti sanno che parte delle chiusure e tutte le aperture vengono fatte manualmente dagli operai del Ciip su 30 serbatoi sparsi in un’area che va da Acquasanta Terme a Cupra Marittima. Un lavoro enorme che vede uomini in azione fin oltre la mezzanotte per riprendere alle 5 del mattino. Un “sacrificio” necessario che non può essere sostituito dal telecontrollo. «I serbatoi -spiega uno dei tecnici- devono essere riaperti gradualmente in modo da regolare la pressione ed evitare così i fenomeni acqua rossa che hanno tanto allarmato la popolazione».
Il presidente del Ciip Alati
Si andrà avanti ancora per molto? Forse no. Si parla di fine marzo, ma il presidente Alati vuole essere cauto. Dipende da quando e di quanto ricresceranno le sorgenti, che nel frattempo però si sono stabilizzate. «Tra una decina di giorni potremo essere più precisi», sostiene. Non azzarda più di tanto pure a proposito dell’impianto di soccorso. «E’ pronto -annuncia- ma per l’immissione in rete di quell’acqua bisogna attendere il via libera dell’Asl che dovrebbe arrivare per la prima metà di luglio. La legge infatti prevede che vengano effettuati controlli su prelievi stagionali e periodici per sei mesi. Le ultime analisi sono in programma per la fine di giugno. Fino ad ora i riscontri sono stati più che positivi. L’acqua c’è ed è di ottima qualità».
L’acquedotto del Pescara (foto da Ciip spa)
Buone notizie, da parte della società per azioni che gestisce gli acquedotti di 59 Comuni compresi tra il Piceno ed il Fermano. Che però non nasconde la preoccupazione per il futuro. I fattori ambientali, piogge e siccità, influenzeranno l’andamento delle sorgenti. I lavori per iniziare il nuovo acquedotto, il primo antisismico in Italia al posto di quello del Pescara che eroga acqua dal 1955, devono partire. I 27 milioni promessi dal Governo Gentiloni (il 21 febbraio 2018 nel piano per i dissesti idrogeologici), poi utilizzati per prorogare lo stato di emergenza per il sisma, a distanza di un anno sono stati nuovamente stanziati.
Anche ai cittadini si chiede un “contributo” in termini di oculatezza nei consumi, evitando gli sprechi. Dati alla mano, la situazione è chiarissima. Le sorgenti di Forca Canapine e Fosso Rio di Capodacqua non esistono più. Quella dei Sibillini eroga 206 litri al secondo contro i 526 di prima del sisma. Pescara è passato da 200 a 41 litri, Capodacqua da 429,8 a 369, Sasso Spaccato da 62,7 a 27. Tra una scossa e l’altra si sono persi 632 litri d’acqua al secondo.
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