Oggi giovedì 20 giugno, per la seconda giornata del festival “I Teatri del Sacro”, tre gli spettacoli in cartellone tutti molto interessanti. Alle ore 18, nel teatro Ventidio Basso, va in scena “82 Pietre” della Compagnia “Nutrimenti Terrestri”. Una ragazza nuda si aggira sotto la neve che cade fitta per le strade di un piccolo paese montano. Non ha niente con sé, se non un sacchetto pieno di pietre, 82 pietre. Il maresciallo Fugazzotto e il bridadiere Sciacca proveranno a capire di chi si tratti e cosa l’ha portata da Altarupe. La regia è di Simone Corso e Adriana Mangano. Con Antonio Alveario, Simone Corso e Adriana Mangano.
La compagnia Nutrimenti Terrestri in azione
Alle 20,30, invece, a San Pietro in Castello, va in scena “Solitudo” delle compagnie Le Sillabe e Monastero di Bose. Non è uno spettacolo. E’ un tempo dedicato all’ascolto, allo stare, in un susseguirsi d’immagini dedicate al tema della spiritualità. Il cammino di “Solitudo” è nato dal desiderio di approfondire lo studio di alcuni aspetti della natura umana nei confronti della spiritualità intesa come pulsione dall’interiorità verso l’assoluto. Il lavoro parte dal testo “Ogni cosa alla sua stagione” di Enzo Bianchi fondatore della Comunità monastica di Bose e si concentra sulla figura del monaco come esempio di vita spirituale.. “Solitudo” è un’idea di Fabio Castello di e con lo stesso Fabio Castello, Doriana Crema e Raffaella Tomellini. Scene Lucia Giorgio, luci Sandro Carnino e musiche di Roberto Regis, Aldo Mella e Johann Sebastian Bach.
Fabrizio Pugliese di Ura Teatro
La giornata si chiude alle 22, ancora nel teatro Ventidio Basso, con “Acquasantissima” (Ura Teatro), testo di Francesco Aiello e Fabrizio Pugliese, diretto e interpretato da Fabrizio Pugliese, musiche di Remo Da Vico. E’ forse il pezzo forte di questo festival. Il tema: che cosa determina la non contraddizione tra la cultura mafiosa e quella cattolica? Com’è possibile all’interno della stessa chiesa la presenza di un Dio dei carnefici e un Dio delle vittime? La mafia può contare su miti potenti, riti, norme e simboli di forte presa, senza i quali sarebbe come un popolo senza religione. Grazie a questo i mafiosi hanno costruito un’immagine di sé da “uomini d’onore”, paladini dell’ordine che fanno giustizia, ma nella loro lunga storia non hanno mai difeso i deboli contro i forti o i poteri contro i ricchi. La mafia è un fenomeno di classi dirigenti, di potere. In scena è un mafioso stesso a parlare. Le storie e i fatti sono filtrati attraverso il suo sguardo con l’intento di non condannare ma porre domande, spunti di riflessione. Il testo dello spettacolo nasce da una lunghissima ricerca sulla ‘ndrangheta per sondare la natura arcaica, la capacità silenziosa di ramificare le proprie azioni criminali, di creare quei legami che ne fanno una delle mafie più rispettate e “sicure”. La ‘ndrangheta, quasi una società parallela a quella ufficiale, ha infatti un numero assolutamente esiguo di pentiti.
Tutti gli spettacoli sono ad ingresso libero. Info 389.5852300.
F.D.M.
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