di Gino Troli*
La cara Giulia Panichi Pignatelli ha scritto un vero e proprio grido di dolore sulle condizioni in cui versa la Valle del Tronto. Il suo non è certo un intervento estemporaneo legato alla fase attuale e alle contingenze politiche. Più di venti anni fa svolgeva la stessa battaglia contro il degrado del paesaggio piceno, ero assessore regionale e lo ricordo bene. La sua battaglia per valorizzare il patrimonio dei nostri teatri storici e per difendere la “bellezza” dovunque essa fosse minacciata, era già cominciata con la sua associazione “Le Marche segrete” che metteva a disposizione lo straordinario patrimonio delle ville private che così si aprivano al pubblico diventando una meta per il turismo culturale e un’opportunità per il turismo d’arte nella regione. Per tutti i meriti acquisiti e per il suo viscerale amore per i beni culturali del Piceno, la sua non è una voce qualunque, ma il punto di vista di chi un rapporto con i turisti veri lo ha avuto e il giudizio di osservatori di qualità lo ha raccolto.
La questione posta è un nodo centrale per il futuro: vogliamo tenerci questo “ferro vecchio” di un sistema industriale vallivo, spesso dismesso e inattivo, che continua a occupare quel paesaggio che da Asculum arrivava a Castrum Truentinum con un meraviglioso insieme naturalistico e un contesto di centri collinari che, nella descrizione di viaggiatori e eruditi, venivano esaltati per la loro amenità e il perfetto connubio con campagne e boschi?
Non è quella di Giulia, e la mia, una nostalgica memoria dei tempi passati, un panegirico della società preindustriale, è invece un appello a tutti i livelli istituzionali perché sia fatto il possibile per restaurare, al miglior livello possibile, un paesaggio oggi inutilmente ferito da ragioni economiche che non hanno più le condizioni di priorità che hanno avuto in passato, perché il modello a cui rispondono è decotto e senza prospettiva.
Dovunque in Europa, la nuova economia mette in discussione lo spreco della bellezza e pone come centrale il tema della compatibilità ambientale (tutto si deve muovere secondo i Cam – Criteri Minimi Ambientali), si comincia a parlare nei paesi del nord Europa e nella stesse Germania e Francia di restauro delle valenze ambientali originarie per rilanciare turisticamente interi comparti territoriali, eliminando tutto ciò che ha deturpato zone prima del tutto intatte e di grande valore naturalistico poi industrializzate senza ritegno. Tutto ciò con grandi investimenti e con effetti straordinari sull’occupazione con nuovi lavori che restituiscono vivibilità al territorio e qualità della vita agli occupati. È questa la grande scommessa, non di tipo politico, ma addirittura di livello esistenziale, perché coinvolge i modelli di vita che ogni giorno subiamo fino a crederli persino nostri, il senso umano del lavoro, la percezione del mondo, la vita sociale, da cui abbiamo espunto inopinatamente come marginale l’esperienza della bellezza.
Ritengo sia ormai necessario riportare la cultura al centro della nostra vita, metterla tra le priorità assolute per la rinascita non solo di una valle fluviale, di una conurbazione di 50.000 abitanti che corre lungo il Tronto senza servizi culturali adeguati da Monticelli a Porto D’Ascoli, ma del nostro quotidiano che rinuncia sempre più facilmente ad un libro, ad uno spettacolo, alla storia di noi stessi. Quanti giovani di oggi e di domani non riusciranno più nemmeno a immaginare “com’era verde questa valle” e quale fosse la vita del fiume e dei centri storici che lo contornavano! Non mi pare una cosa da poco, un piccolo danno. Abbiamo il dovere di riparare, di restituire la storia a chi abbiamo tolto in un cinquantennio la terra modellata dai Piceni, dai Liburni, dai Romani, dai Farfensi, dai Comuni e dai Signori.
È tempo di tornare alla consapevolezza di chi siamo stati e al sogno di cosa potremmo essere.
*ex assessore regionale e presidente dell’Amat
«Valle del Tronto, terra massacrata I politici facciano anziché chiacchierare»
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