Ospedale unico, Elio Core:
«Senza autonomia gestionale
sarà una cattedrale nel deserto»

SAN BENEDETTO - Il presidente di “Punto Aiuto Cittadino” mette in fila le criticità del servizio sanitario piceno: liste di attesa, scomodi e costosi pellegrinaggi, carenza di specialistiche, personale e posti letto
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L’ospedale di San Benedetto

di Maria Nerina Galiè

L’ospedale unico in vallata, sulla costa o nel capoluogo di provincia, dappertutto o da nessuna parte, infiamma da giorni il dibattito politico tra Ascoli e San Benedetto. Sono troppe le campane all’orecchio attento e interessato, perché c’è di mezzo uno dei servizi primari dell’utente. Che sarà il primo a rimetterci se le scelte saranno guidate da motivi sbagliati. Una voce fuori dal coro è quella dell’associazione “Punto Aiuto Cittadino”, proprio perché nasce da una “semplice” esigenza del cittadino stesso, come quella di avere una diagnosi e curarsi senza dover fare centinaia di chilometri o spendere una fortuna. «E’ inutile pensare ad un grande ospedale unico se non si ha la certezza di poterlo riempire con servizi adeguati e senza poter gestire le risorse necessarie».

Elio Core

A dirlo, e scriverlo in una lettera indirizzata al sindaco di San Benedetto Pasqualino Piunti, è Elio Core, presidente del centro nato a San Benedetto nel 2017. Core dal 1971 fino alla pensione ha lavorato al Pronto Soccorso dell’ospedale sambenedettese “Madonna del Soccorso”, diventando nel 1996, con l’istituzione del 118, coordinatore del servizio di Emergenza e Urgenza, della gestione delle chiamate e del trasporto sanitario. Non proprio digiuno della materia quindi. «Senza autonomia gestionale – continua il presidente – senza quindi un’Azienda sanitaria nel Sud delle Marche, con specialistiche come Neurochirurgia e Cardiochirurgia, aumento di medici e infermieri, potenziamento del dipartimento di emergenza, aumento di posti letto, prenotazioni in tempi brevissimi, andremmo a costruire una cattedrale nel deserto». E parla di pellegrinaggi, verso Macerata, Ancona o Pesaro per una semplice tac o ecografia,  di “attese bibliche”. «Proprio in questi giorni, un amico ha prenotato un esame diagnostico. Gli hanno dato l’appuntamento per ottobre 2020. Un altro per un elettrocardiogramma, ha avuto un posto a Macerata. E allora che si fa? Si rinuncia o si va privatamente. Questi sono i problemi, non dove si fa il centro di primo livello, di cui peraltro si parla da anni ma ancora nessuno ne conosce l’ubicazione».

L’ospedale di Ascoli

Core non risparmia nemmeno “Icaro”, che protocolli recenti vogliono nei cieli delle Marche per quasi tutti i traumi. «Tutti vogliono il meglio per il paziente. Ciò che non torna è il fatto che il meglio sia solo ad Ancona, dove ho l’impressione si cerchi di accentrare tutta la Sanità regionale» E’ dura da parte del presidente la posizione nei confronti dei politici locali, «che si agitano essendo loro stessi gli autori di questa morte annunciata, essendo peraltro totalmente digiuni di questioni sanitarie e nemmeno hanno mai varcato la soglia di una corsia ospedaliera per rendersi conto del disagio dei pazienti e le pessime condizioni in cui operano medici e infermieri, sottoposti a turni massacranti».

«Assistiamo da molto tempo – conclude l’ex sanitario – ad una immensa confusione su ospedale unico, di rete, di base, di primo livello, di secondo livello, hospice, a Spinetoli, Grottammare, Monteprandone-Centobuchi, Ascoli Piceno, San Benedetto, magari alla Sentina, tutte sterili discussioni che servono solo per prepararsi alle prossime elezioni regionali. Noi vogliamo una sanità pubblica in cui il cittadino a fronte di tasse pagate, abbia la certezza di curarsi, non percorrere 300 chilometri per un esame strumentale, una sanità vicina ai cittadini, attraverso la quale possiamo fare prevenzione e curarci. Non abbiamo bisogno di ulteriori carrozzoni inefficienti e costosi».

 


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