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Una rinnovata “Casa Gioiosa” restituisce
a Montemonaco speranza per il futuro

MONTEMONACO - Oggi l’inaugurazione della struttura che dal 1956 ospita gruppi di ragazzi e religiosi, recentemente al centro di opere di riqualificazione sostenute dalla Diocesi di San Benedetto, che ne è proprietaria, con il contributo della Fondazione Carisap e pari a 180.000 euro. Durante il sisma la casa ha accolto gli sfollati ed è stata centro di coordinamento dei soccorsi. Don Luca Rammella: «Il complesso ha lo scopo di incentivare le attività ricreative e attrarre visitatori nei territori provati dal terremoto, generando un flusso turistico a beneficio delle realtà economiche delle zone montane»
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di Maria Nerina Galiè

Una struttura in grado di ospitare fino a 1.600 persone in un anno può rivelarsi una risorsa per un territorio montano, danneggiato dal sisma e vittima di uno spopolamento che pare inarrestabile. Ecco quindi che la ristrutturazione di “Casa Gioiosa” di Montemonaco assume un’importanza che va oltre la restituzione alla comunità religiosa di un luogo  di socializzazione, inclusione e accoglienza per gruppi di ragazzi che si avvicendano dal 1956, quando l’ha edificata don Settimio Vallorani per essere una scuola.

L’imponente complesso, a due passi dal cuore del borgo montano, di proprietà della Diocesi di San Benedetto,  si prefigge di «incentivare le attività ricreative e, contestualmente, attrarre visitatori nei territori provati dal terremoto, generando un flusso turistico a beneficio delle realtà economiche delle zone montane». Così don Luca Rammella, gestore della casa da gennaio 2017 su incarico del vescovo Carlo Bresciani, ne ha riassunto il ruolo attuale.

«Casa gioiosa ha una storia lunga che non deve finire – ha detto monsignor Bresciani -. Le sue finalità sociali sono ispirate a principi cristiani ma anche sociali, con particolare attenzione ai più giovani. Una settimana in questo luogo può essere un’esperienza formativa sotto tutti gli aspetti». E proprio l’attenzione per gli ospiti ha indotto la diocesi ad intraprendere un intervento di riqualificazione dell’edificio e del parco circostante, 8 ettari dove troneggiano piante secolari che nell’auspicio dei gestori diventeranno oggetto di studio finalizzato al rispetto per l’ambiente e la natura.

Davanti a tutto però c’è la sicurezza, garantita da opere eseguite da maestranze locali per 227.000 euro, 180.000 dei quali pagati dalla Fondazione Carisap, nell’ambito del progetto Masterplan Terremoto. Oggi, 20 settembre, la cerimonia inaugurale di “Casa Gioiosa” ha sancito tutti questi concetti nelle parole dei presenti, il vescovo Bresciani, don Rammella e don Dino Straccia, parroco di Montemonaco e Comunanza pronto a lasciare il posto proprio a don Luca, il sindaco di Montemonaco Francesca Grilli e Angelo Davide Galeati, presidente della Fondazione Carisap. C’era anche Sergio Maria Remoli, vice presidente della Fondazione all’epoca della decisione di finanziare il progetto e sostenitore dello stesso come ha ricordato Galeati.

Tutti concordi nel ricordare il ruolo chiave di “Casa Gioiosa” durante il sisma. Per 4 mesi ha ospitato il Comune, gli sfollati, i volontari di Croce Rossa e Protezione Civile e i Vigili del fuoco. «Qui è stato possibile per l’intera comunità rimanere unita, avere un punto di riferimento – ha raccontato il sindaco Grilli – e lo è ancora perché nel container qui fuori (della Protezione Civile di Auronzo, ndr) c’è ora la scuola materna che entro fine ottobre si trasferirà nella foresteria della casa. E anche per questo dobbiamo ringraziare il vescovo che ancora una volta ha dimostrato attenzione verso le esigenze dei cittadini».

Galeati, non nuovo a tagli del nastro, in questo caso ha assicurato l’impegno ad essere presente per ulteriori interventi che si renderanno necessari sulla struttura che rispecchia pienamente le finalità del progetto «atto a sopperire alle mancanze generate dal terremoto, per fornire un concreto aiuto alle popolazioni colpite. “Casa Gioiosa” è funzionale per mantenere vivo il territorio e nello stesso tempo favorisce l’aggregazione e l’inclusione giovanile».

 


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