Il Tribunale (foto Vagnoni)
Minacciato, accerchiato da sette, otto persone, spintonato e poi picchiato perché indossava una maglietta d’allenamento con lo stemma dell’Ascoli. I fatti, risalenti al 23 luglio del 2017, sul lungomare di Porto d’Ascoli sono finiti al centro di un processo che si è svolto stamane davanti al giudice Barbara Pomponi, La vittima è un giovane ascolano poco più che ventenne (S.A.) mentre l’imputato è un albanese, difeso dall’avvocato Pierluigi Vecchiotti, unico identificato del gruppo che accerchiò e poi passò alle vie di fatto nei confronti dell’ascolano e il fratello. In aula sono stati ascoltati il padre del ragazzo, il fratello e alcuni amici che hanno ricostruito i contorni della vicenda. Secondo le testimonianze, tutto iniziò davanti alla fontanella della chalet abitualmente frequentato dalla comitiva di ascolani.
Lì un signore di 40-50 anni, riconosciuto poi come il bagnino di uno stabilimento limitrofo, iniziò a minacciare il giovane che aveva indosso una maglietta d’allenamento con lo stemma del Picchio con frasi inequivocabili del tipo: «Questo è territorio nostro», «Fai schifo», «Fai una brutta fine, qui finisce male», «Adesso arrivano quelli della curva». La situazione poi degenerò ulteriormente con l’arrivo di altre persone, tra cui padri di famiglia. Il giovane ascolano fu quindi minacciato ed invitato a togliersi la maglietta dal gruppetto di sette/otto persone.
Nel frattempo grazie all’intervento del padre e del fratello, il giovane riuscì a divincolarsi per poter far ritorno a casa. Ma fu inseguito dall’aggressore e da altre due persone che lo colpirono al volto con un pugno nei pressi di un garage tra il lungomare e via dei Mille poco prima dell’arrivo della volante della Polizia che mise in fuga i facinorosi. Il giovane ascolano si recò poi al pronto soccorso per le cure del caso. L’udienza è stata poi aggiornata al 14 gennaio 2020 per ascoltare gli agenti di Polizia che intervennero sul posto.
rp
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