Partecipazione e pubblico per la tappa cittadina del progetto triennale “Porto Sicuro: per un lavoro di qualità nella pesca”. La sala dell’Associazione Marinai Sambenedettesi, durante l’evento di venerdì 4 ottobre, era infatti gremita. I vertici nazionali e regionali della Fai Cisl, sigla sindacale che ha varato questa iniziativa su scala nazionale (alla fine saranno 70 le marinerie interessate, delle quali 7 nelle Marche, regione che conta ben 178 chilometri costieri), hanno incontrato pescatori, armatori e rappresentanti di categoria, aprendo con loro un dibattito sui temi del lavoro riconducibili al comparto ittico.
L’intervento di Giangiacomi
Tra i nodi affrontati, la tutela (cassa integrazione strutturata), la sicurezza (infortuni, applicazione del testo unico), il reddito (maggiore distribuzione e valorizzazione del pescato) ed l’occupazione (sostenere la filiera, diversificazione), così come di lavori usuranti, concorrenza sleale e ricambio generazionale.
I lavori sono stati introdotti da Gabriele Monaldi (segretario regionale Fai Cisl), prima degli interventi di apertura, a cominciare dal saluto portato dal vice comandante della Capitaneria di Porto Marco Marinelli. Successivamente, parola a Giuseppe Giorgetti (segretario generale Fai Cisl Marche), Danilo Santini (coordinatore regionale pesca per la ai Cisl Marche), Alessandro Collevecchio (Fai Cisl Pesca Abruzzo) e le responsabili dei servizi Cisl, rispettivamente Martina Rossi (Caf), Alessandra Fioravanti (Adiconsum) ed Antonella Silvestri (Ina).
L’intervento di Silvano Giangiacomi (segretario nazionale Fai Cisl con delega alla pesca), ha rappresentato il clou di un evento che ha visto la marineria locale rispondere in massa ed interagire per trovare ed adottare – unitamente ad associazioni di categoria e sindacati – quelle soluzioni finalizzate a fronteggiare lo stato di difficoltà attraversato dall’intero settore.
«Il progetto “Porto Sicuro 2019” fa parte del programma triennale finanziato dal Ministero -spiega Giangiacomi-. Come sigla sindacale ci siamo posti la necessità di informare i lavoratori di quelle che sono le tutele ed i diritti che interessano il settore della pesca. In primo luogo, pur non tralasciando questioni di natura ambientale e delle risorse, ci siamo concentrati sulla persona, ritenendo fondamentale che unitamente alla salvaguardia delle prime, siano da migliorare le condizioni di lavoro, di reddito e di vita dei pescatori».
Imbarcazioni a San Benedetto (foto Cicchini)
Un progetto sul lavoro, per il lavoro e che si sta sviluppando attraverso una diretta campagna di ascolto delle tante problematiche di settore. «Qui a San Benedetto -continua Giangiacomi- proseguiremo il discorso, andando al di là di questo primo step, sviluppandolo ulteriormente. Per radicarci sul territorio e sui porti, insieme ai lavoratori per informarli e prepararli dando loro risposte certe, chiare. Vogliamo dare voce non solo alle loro idee, ma soprattutto a quelle che sono le loro esigenze. A terra, così come salendo a bordo, per vivere con i lavoratori iniziando dal loro luogo di lavoro ed avere contezza di questo, che è indubbiamente faticoso, usurante e rischioso, proprio al fine di rappresentarli meglio».
Sicurezza, reddito, occupazione, tutele: discusse diverse criticità di settore, soprattutto ponendo l’accento sulla necessità di una cassa di integrazione strutturata: «La pesca è l’unico settore che, sostanzialmente, è ancora sprovvisto di uno strumento di cassa integrazione al reddito, cui l’obbligo di fermare l’attività produttiva è imposto non tanto dalle direttive, ma anche dalla necessità di far rivivere il mare e quindi la risorsa. Il pescatore non ha la possibilità, in autonomia, di spingere sul processo di produzione. Perché questo non è consentito per questioni di continuità della crescita della risorsa. E’ necessario quindi avere uno strumento che, sia in caso di maltempo che di inattività non dipendente dall’armatore, possa essere integrato. Poi, per quel che concerne il Welfare, c’è da lavorare molto per il miglioramento di quelle che sono le condizioni, sia per quanto riguarda la grande pesca che la piccola, che è ferma a normative datate 1958».
«Ci aspetta un grande lavoro, a tutti i livelli -conclude Giangiacomi – A partire dai tavoli locali e quindi regionale, per arrivare a quello ministeriale, affinché si arrivi in Europa a rappresentare quelle che sono le caratteristiche specialistiche di un mare, il Mediterraneo, che non ha nulla a che fare con il nord del continente e quindi con il Baltico. Ci sono altre caratteristiche, altre imbarcazioni ed altre tipologie e dettagli dei pesci. Su questo, l’Italia deve svolgere un suo ruolo importante a livello comunitario, affinché le direttive ed i regolamenti non siano deleteri e penalizzanti per il nostro settore».
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