di Franco De Marco
Trionfo della bellezza e dell’identità marchigiana che ha, nell’arte, la sua prima cifra. Subito un consiglio a tutti i lettori di Cronache Picene: andate assolutamente a vedere la mostra intitolata “Rinascimento marchigiano. Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma” che domenica 24 novembre, alle 11, viene aperta al pubblico ad Ascolli, nel Forte Malatesta, e resterà aperta fino al 2 febbraio 2020. Rimarrete a bocca aperta per bellezza, maestosità (non è stato fcile far entrare nel Forte tavole tanto grandi), colori e allestimento delle opere e per il fascino della location (le celle dell’ex carcere diventano scrigni d’artee).
I motivi per non mancare sono tanti e tutti molto significativi. Primo: è esposta una selezione di 37 capolavori assoluti della pittura e della scultura italiana dal Quattrocento al primo Novecento. Secondo: sono tutte opere “nostre”, marchigiane, che erano in chiese, musei o palazzi che il terremoto hanno completamente distrutto o comunque fortemente compromesso. Per la precisione la proprietà è di 17 differenti enti pubblici ed ecclesiastici delle province di Ascoli, Fermo e Macerata. Molte di queste opere non potranno più tornare dove erano perchè l’edificio non c’è più e non può più essere ricostruito. Terzo: tele e sculture sono state restaurate e valorizzate, facendo emergere particolari artistici nascosti, da restauratori marchigiani che sono loro stessi artisti. Quarto: per l’occasione Forte Malatesta, fortificazione di epoca romana ricostruita nel 1540 da Antonio da Sangallo il Giovane Quarto, ha subito un ulteriore restyling diventando contenitore ideale per mostre d’arte.
Tra le 37 opere, di enorme valore artistico, ci sono quelle di maestri assoluti della pitture, da Jacobello del Fiore a Vittore Crivelli, da Cola dell’Amatrice a Giovanni Baglione e Giovanni Serodine, e ci sono quelle di anonimi locali che, pur di non eccelsa estetica, sono legate indissolubilmente al territorio e alla storia locale.
Pierluigi Moriconi della Soprintendenza aercheologica, belle arti e paesaggio delle Marche, curatore dell’esposizione insieme a Stefano Papetti, l’uomo sempre in trincea per salvare dopo il terremoto le opere d’arte, durante la conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, ha raccontato un episodio emblematica. «Nei giorni del terribile terremoto – dice – mi trovavo ad Arquata del Tronto. Ad un certo punto ci viene incontro un uomo che aveva perso tutto. Sapete cosa ci dice? Pensate prima di tutto a salvare il Crocefisso della chiesa dell’Annunziata». La chiesa in questione non c’era e non c’è più perchè distrurtta. Questo a dimostrazione di quanto sia forte l’attaccamento della popolazione locale con quell’immagine, temporaneamente conservata nella Cattedrale di Ascoli.
La conferenza stampa è stata aperta dall’assessore comunale alla cultura Donatella Ferretti a tutti coloro che hanno reso possibile l’operazione che ha già avuto un enorme richiamo negli organi di informazione nazionali. «Oggi possiamo apprezzare ancora di più queste opere. Non tutte potranno tornare al loro posto». L’onorevole Giorgia Latini: «Questi capolavori sono il simbolo della rinascita del territorio dopo il terremoti. La mostra è unesempio». Anna Casini vice presidente della Regione Marche: «C’è stato un gran lavoro di squadra. Queste opere hanno una grande valore devozionale. La mostra può essere un veicolo promozionale per il nostro territorio».
Marcello Bedeschi in rappresentanza di Anci e Pio Sodalizio dei Piceni: «Tutti i restauratori sono marchigiani Grazie ai curatori Pierluigi Moriconi e Stefano Papetti che ci hanno messo il loro cuore marchigiano». E lancia un appello al Parlamento per venire incontro alle istanze delle aree terremotate. Pierluigi Moriconi sottolinea: «Abbiamo collocato le opere terremotate in 8 depositi. Dovremo attivarci per renderli stabili e fruibili non potendo tutto il patrimonio tornare nel luogo di origine. Io ho girato varie regioni e posso dire che nelle Marche ci sono i restauratori più preparati». Stefano Papetti, direttore dei Musei Civici ascolani, gran padrone di casa, ricorda i lavori che l’Amministrazione comunale ha realizzato per utilizzare Forte Malatesta: adeguamento del tetto, eliminazione delle infiltrazioni d’acqua e guerra ai piccioni. Il demanio non ha mai fatto manutenzione. «Il restauro – afferma – è stato preceduto da un accurato esame diagnostico che ha portato alla scoperta di particolari che non si potevano notare. In questa mostra ci sono capolavori assoluti e altre opere che, pur di non eccelso valore estetico, hanno un fortissimo carattere devozionale e identitario e non storico-artistico, come nel caso dell’olio su tela raffigurante i Santi Pietro e Paolo che stava nell’omonima chiesa di Capodacqua. Anche per questo non è stato previsto un comitato scientifico come si fa di solito».
A tre anni dal terremoto del 2016 sono quindi tornati nei “luoghi del sisma” 51 (in totale) opere d’arte restaurate – costo 200.000 euro – a cura di Anci Marche e Pio Sodalizio dei Piceni con il supporto scientifico della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche e il contributo della Regione Marche destinato agli eventi espositivi e alla valorizzazione e promozione del territorio e del suo patrimonio culturale.
La prima delle tre tappe previste per la mostra itinerante, che intende raccontare e illustrare i risultati di questa campagna di restauri, è appunto Ascoli.
Sono esposti crocifissi lignei e vesperbild di ambito tedesco che ancora oggi si trovavano all’interno delle chiese come oggetti di culto da parte dei fedeli. Non mancano, come detto, nomi importanti come Jacobello del Fiore con la serie delle Scene della vita di Santa Lucia provenienti dal Palazzo dei Priori di Fermo, Vittore Crivelli con la Madonna orante, il Bambino e angeli musicanti di Sarnano, Cola dell’Amatrice di cui spicca la Natività con i santi Gerolamo, Francesco, Antonio da Padova e Giacomo della Marca dalla sacrestia della chiesa di San Francesco ad Ascoli. E ancora da Roma Giovanni Baglione e Giovanni Serodine che dalla Svizzera seguì nella capitale l’esempio di Caravaggio. Tutti autori di indubbia fama che nelle Marche sono nati o che vi hanno soggiornato e che hanno contribuito a modificare la geografia della storia dell’arte.
Gli interventi di restauro sono stati eseguiti da tecnici tutti marchigian, in collaborazione con l’Università di Camerino e l’Università di Urbino e la direzione scientifica della Soprintendenza che con innovative analisi diagnostiche hanno valutato lo stato di conservazione di ciascuna opera. Questi interventi non soltanto hanno consentito di porre rimedio ai danni subiti dalle opere, ma hanno permesso di effettuare nuove attribuzioni e di acquisire nuove conoscenze relative alla tecnica pittorica ed ai materiali usati dai pittori, accrescendo le conoscenze che si avevano su questo patrimoni e aprendo la strada a molti studi scientifici. Per dare conto di queste nuove acquisizioni, il catalogo è stato realizzato affiancando alla scheda storico artistica dell’opera la relazione dell’intervento di restauro ed i risultati delle indagini diagnostiche che lo hanno preceduto.
La mostra “Rinascimento marchigiano. Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma” rappresenta un viaggio nella religiosità popolare marchigiana attraverso un affascinante percorso stilistico e iconografico che, partendo dal centro della regione arriva fino alla costa, era stato già definito da Federico Zeri e Pietro Zampetti cultura adriatica.
Dal 18 febbraio al 5 luglio 2020 la mostra approderà a Roma, presso il complesso monumentale di San Salvatore in Lauro del Pio Sodalizio dei Piceni e infine si concluderà a Palazzo del Duca di Senigallia, dal 23 luglio al 3 novembre 2020, per favorire la conoscenza dell’operazione al grande pubblico, nazionale ed internazionale, che gravita nel periodo estivo lungo la costa adriatica.
L’obiettivo della mostra è anche quello di rendere fruibili le opere restaurate da qui in futuro. Sottolinea Pierluigi Moriconi: «Terminate le mostre, le opere che non potranno essere ricollocate nelle loro sedi originali perché crollate o non ancora restaurate, saranno collocate in 8 depositi e lì saranno sempre a disposizione del pubblico».
Orari di apertura al pubblico: lunedì chiuso; martedì e giovedì 10-13; mercoledì e venerdì 15-18; sabato, domenica, festivi e prefestivi 10-13 e 15-18; 25 dicembre chiuso.
Biglietti: intero 6 euro, ridotto 4 per gruppi e per soci Fai, Coop e Touring Club. Info: 0736.298213 – 333.3276129.
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