di Luca Capponi
«Viviamo in tempi cupi, ed io ho un’attitudine all’ansia; per questo ho sentito il desiderio di afferrare e diffondere speranza, attraverso le note di “Hope“. Come la musica mi insegna, il futuro è una nostra proiezione, ed è il risultato dei nostri desideri. Per questo mi rifiuto di cedere al disincanto e al nichilismo, mentre preferisco immergermi in dimensioni mistiche e luminose».
Giovanni Allevi è tornato in pista con il suo undicesimo album, che arriva a due anni di distanza dall’ultimo “Equilibrium”. Si intitola appunto “Hope”, è uscito lo scorso 15 novembre e, tra le tante cose, per la prima volta si affida anche alla magia del canto. Le voci del Coro dell’Opera di Parma e dei Pueri Cantores della Cappella Musicale del Duomo di Milano sono presenti infatti in diverse tracce del disco. Il motivo è lo stesso compositore ascolano, classe 1969 ed un successo planetario raccolto negli ultimi 15 anni, a spiegarlo. «Nei miei lavori precedenti, ho scandagliato l’animo umano in tutte le sue sfaccettature, dall’amore terreno al conflitto, dall’ansia all’ebbrezza -racconta-. Ora ho voluto rivolgere lo sguardo verso l’alto alla ricerca del Sacro, e nulla come le polifonie avvolgenti del coro o le angeliche voci bianche, mi hanno potuto aiutare in questa impresa».
In “Hope” si trovano riletture di alcuni classici (“Oh happy day” o la melodia popolare partenopea “Santa Lucia”, per esempio) ed altri pezzi da novanta riproposti invece in maniera fedele all’originale. «I tre capolavori di Bach, Mozart ed Haendel non si toccano, perché rappresentano quanto di più bello la mente umana abbia concepito per coro e orchestra -continua Allevi-. Per questo li propongo nel disco in una versione rigorosamente filologica. Altri classici, anche natalizi, li ho sentiti più familiari, e li ho mescolati al contemporaneo. Eppure il fulcro del lavoro restano gli inediti per voci e orchestra, dove esprimo il mio sguardo verso il futuro, la mia ricerca di scenari nuovi ed incontaminati per la musica colta».
Tra questi, oltre al noto inno della Serie A di calcio “O generosa!“, c’è anche “You were a child”, in cui torna il riferimento all’infanzia ed al bambino, particolarmente ricorrente soprattutto e non solo nell’ultima parte della discografia alleviana. Effetti della doppia paternità? «Mettendo da parte il senso di colpa di non essere un padre perfetto, ho comunque imparato che i bambini sono migliori di noi, vedono il mondo con occhi incantati, non hanno pregiudizi, vivono immersi in una dimensione magica -ribadisce-. Ho voluto raccontare tutto questo nell’arioso “You were a child”, che si sta rivelando uno dei brani più emozionanti di “Hope”. Meravigliosa è l’interpretazione angelica che ne danno i Pueri Cantores della Cappella musicale del Duomo di Milano».
Un disco che Allevi definisce «portavoce di un pensiero femminile», in tempi in cui l’essere donna, spesso, diviene paradossalmente debolezza che soccombe dinanzi alla trivialità.
«Il femminile sarà un elemento centrale in un mondo futuro più bello. Il femminile è il principio dell’accoglienza del diverso, della comprensione, della creazione del nuovo» è il pensiero del musicista ma soprattutto dell’uomo, che oggi così si definisce: «Un folle, uno scombinato, un vero ribelle, spesso avvolto nel buio, animato però da una profonda fiducia per il mondo. Si sta affacciando una spiritualità nuova che solo le anime più inquiete e tormentate riescono ad intuire».
Un uomo che tra un successo e l’altro è finito anche dove mai avrebbe pensato: oltre ai campi di calcio anche lo spazio, visto che la Nasa gli ha intitolato niente meno che un asteroide. «Sono due sorprese che la vita mi ha fatto e che non avrei mai osato immaginare -rivela-. Nella mia avventura artistica ho vissuto difficoltà e forti incomprensioni, ma al tempo stesso grandi ed inaspettate aperture. Proprio all’inizio di “Hope”, ho voluto porre “O generosa!”, l’inno del calcio italiano, finalmente nella sua versione integrale».
Allevi inizierà proprio oggi 1 dicembre dal Teatro Dal Verme di Milano il suo tour nazionale. Tra le tredici date finora ufficializzate, nessuna nella sua regione di nascita. «Prima o poi tornerò a suonare nelle Marche e sono frastornato al solo pensiero, si tratta di un’esperienza talmente coinvolgente da un punto di vista interiore, che difficilmente riuscirò a controllare l’emozione -conclude-. Approfitto per mandare un abbraccio e un Buon Natale alla mia terra, che non ho mai smesso di amare un secondo».
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati