di Marzia Vecchioni
Una delle immagini più conosciute della città di Ascoli è la bottiglia trasparente dell’anisetta (con la caratteristica etichetta Liberty verde o azzurra anche se, negli ultimi tempi, sono stati utilizzati pure altri colori), un liquore dal forte aroma, ancora prodotto e apprezzato, a distanza di circa duecento anni dalla sua creazione. L’anisetta è un prodotto di eccellenza ascolano conosciuto in Europa e nel mondo, consumato come digestivo o come bevanda rinfrescante on the rocks. Nell’articolo ripercorreremo brevemente la sua interessante storia, da sempre legata al territorio piceno.
Una storia antica. Non si conosce l’origine dell’anisetta; Secondo Balena, giornalista e scrittore di storia locale, la fa derivare dalla tradizione contadina di aromatizzare l’alcol ricavato dai residui della spremitura dell’uva con l’essenza dell’anice. Il liquore, così come lo conosciamo oggi, è noto in tutto il mondo per l’idea di Silvio Meletti, che verso la fine del 1800 creò questa delizia grazie a un distillato di semi di anice verde di Castignano. In realtà, la Ditta Francesco Olivieri di Porto San Giorgio, già nel 1830, produceva un liquore simile, commercializzato come “Anisina Olivieri Specialità premiata”. L’Anisetta Meletti venne prodotta fin dal 1870 da Silvio Meletti, l’imprenditore che, all’inizio del Novecento, creò lo storico caffè omonimo di Ascoli, situato, ancor oggi, nell’iconica Piazza del Popolo. Qualche anno dopo (1877), Umberto Rosati, nel laboratorio farmaceutico annesso alla Farmacia Centrale di Ascoli Piceno produsse l’Anisetta Rosati, premiata alla Terza Esposizione Campionaria Mondiale di Roma con la medaglia d’oro. A fine Ottocento (1898) a Porto Sant’Elpidio, nel comprensorio fermano, nacque l’Anisetta Evangelisti, prodotta per circa un secolo (fino al 1985) e molto apprezzata localmente.
La materia prima. Prima di occuparci dell’anisetta, qualche parola sull’anice verde di Castignano (Pimpinella anisum, della famiglia botanica delle Ombellifere, la stessa del finocchio e delle carota) che recentemente è stato protagonista di un approfondimento all’interno del Tg regionale. L’anice verde è un prodotto d’eccellenza del nostro territorio, ha straordinarie caratteristiche ed è uno dei 586 presidi Slow Food italiani, che sostengono le piccole produzioni tradizionali. Già alla fine del ‘600, era una spezia di largo consumo nelle Marche e nei due secoli successivi era commercializzata come ingrediente principe per la realizzazione di due liquori molto amati in zona, l’anisetta e il mistrà, che sfrutta una base alcolica di maggiore gradazione. È opportuno ricordare, a questo punto, il Varnelli, un liquore molto diffuso, prodotto di punta della storica distilleria (la più antica casa liquoristica della regione, attiva dal 1868) di Muccia, ai piedi dei Monti Sibillini.
Le piante usate per la produzione del liquore appartengono a una varietà di anice autoctona che cresce nei terreni argillosi delle colline picene, soleggiate e aperte alle brezze dell’Adriatico e ai venti provenienti dai Sibillini. Da questo particolare microclima, derivato dalla sinergia tra gli agenti atmosferici e il tipo di terreno, proviene la quantità di sostanze contenuta nell’anice, le cui proprietà sono note dall’antichità: è la Schola salernitana di medicina (secoli XI-XIII) che tramanda «Emendat visum, stomachum confortat anisum (l’anice migliora la vista, dà sollievo allo stomaco)». I semi contengono, infatti, diversi minerali, oltre a vitamine dei gruppi A, B e C e a un olio essenziale contenente dall’80% al 94% di anetolo. È quest’ultimo composto aromatico, dalle elevate proprietà digestive, che rende speciale l’anice verde di Castignano.
Il liquore. L’anisetta ha un sapore e un profumo inconfondibili, dovuti alla lavorazione che prevede la macerazione dei semi di anice nell’alcol proveniente dalla distillazione degli scarti della lavorazione dell’uva e dei vinaccioli. Proprio il rilascio degli oli essenziali nel corso della lavorazione dell’aniciato dà il caratteristico aroma. Alla fine del processo, il liquore ha un aspetto cristallino, messo ancor più in evidenza dalla bottiglia di vetro trasparente, e un odore intenso e pungente.
Fin dalla sua nascita, l’anisetta ebbe un buon successo tra gli avventori della tabaccheria di Maria Meletti, sorella di quel Silvio che aveva miscelato alla bevanda erbe officinali e zucchero, dolcificandola ma mantenendo sempre la base alcolica bassa (sui 20-30°), per favorirne la bevibilità; l’operazione finale era l’invecchiamento in botti di acciaio per sei mesi. L’Anisetta Meletti era prodotta all’epoca in uno stabilimento situato nei pressi della stazione ferroviaria della città picena. Era tradizione, ad Ascoli, consumarla “con la mosca”, aggiungendo qualche chicco di caffè tostato nel bicchiere; l’anisetta era apprezzata anche fuori città: in campagna, era usanza diffusa iniziare la giornata con un bicchierino del liquore.
Un’altra anisetta ascolana è l’Anisetta Rosati, prodotta secondo un’antica ricetta dovuta al cavalier Umberto Rosati, titolare della Premiata Farmacia Centrale, nel cuore della città. Anche questo elisir utilizzava l’anice verde di Castignano, insieme ad altre spezie locali (secondo una ricetta segreta). Rosati produce anche la “Riserva Leone XIII” (il papa era un grande estimatore del liquore), invecchiata per 24 mesi in barriques di rovere francese che le accordano colore e aroma speciali. L’Anisetta Rosati si è ritagliata uno spazio nella ristorazione d’alta scuola: diversi chef stellati la propongono per le loro creazioni.
Per concludere il discorso relativo al liquore ascolano, occorre spendere qualche parola sul Caffè Meletti (uno dei 150 caffè storici italiani), situato nella splendida cornice di Piazza del Popolo, cuore sociale della città. Recentemente, nel corso di una manifestazione a Milano, lo storico locale ha ricevuto due prestigiosi premi al Best Location Awards 2019: un secondo premio come dimora storica e un terzo premio come Unexpected location.
Il sito del Caffè Meletti ricorda che i suoi locali sono stati frequentati, nel corso dei decenni, da diverse personalità: «Guttuso, alla fine della Seconda Guerra, vi progettò la rivista “L’Orsa Maggiore”. Sono passati Stuparich, Zandonai, Badoglio, Sartre, Hemingway e Trilussa che, goloso dell’Anisetta Meletti, scrisse “Quante favole e sonetti m’ha ispirato la Meletti”».
Il bellissimo locale, dall’inconfondibile facciata color rosa antico, con la scritta pubblicitaria “secolare”, è luogo di ritrovo per gli ascolani e meta di turisti sia italiani sia stranieri, attirati dall’intrigante stile Liberty dell’interno che già si intravede dai tavolini all’aperto e dalle vetrine del locale e un po’ curiosi per la fama che questo liquore ha nel mondo.
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