di Bruno Ferretti
Per 4 anni, dal 1987 al 1991 è stato centravanti dell’Ascoli con un bilancio assai positivo: 96 presenze, 38 gol. Nella stagione 1988-1989, bloccato da un infortunio, disputò solo 8 partite realizzando comunque 4 reti, non poche. Parliamo di Walter Junior Casagrande, brasiliano di San Paolo, talentuoso come pochi. Forte nel gioco aereo, abile nel dribbling, capace di segnare su punizione. Insomma non gli mancava niente e poteva permettersi anche qualche… stravaganza. “Casao”, come lo chiamavano simpaticamente i tifosi dell’Ascoli, vive in Brasile dove oggi compie 57 anni. È rimasto nel mondo del calcio come opinionista televisivo di “Globo Tv”, commenta la Nazionale, ed è fra i più apprezzati. Giunse ad Ascoli dal portoghese Porto dove aveva avuto come compagno di squadra, un altro brasiliano ex Ascoli: Juary.
Casagrande in campo era un trascinatore. Dopo quattro anni andò al Torino dove con il compianto mister Mondonico arrivò a disputare una memorabile finale di Coppa Uefa con l’Ajax persa per differenza reti (2-2 a Torino con doppietta di Casagrande, 0-0 ad Amsterdam) . Successivamente se ne tornò in Brasile dove a 36 anni chiuse la carriera. Al suo attivo anche 19 presenze nella Selecao verdeoro con 8 reti. Casagrande ad Ascoli ha lasciato un segno tangibile. Qualche anno fa è tornato e ha incontrato i vecchi compagni salutando calorosamente i tifosi della curva sud. Secondo molti osservatori Casagrande è stato il più forte attaccante dell’Ascoli che pure ha avuto bomber come il mitico Campanini, il tedesco Bierhoff, Giordano e altri ancora di notevole livello.
«Ad Ascoli sono stato bene e conservo un bellissimo ricordo della squadra, della città, dei tifosi dell’ambiente – ha detto Casagrande in un recente ritorno ad Ascoli – per me sono stati quattro anni indimenticabili e per questo Ascoli resta nel mio cuore. Ricordo che abitavo a circa venti chilometri dal mare e altrettanti dalla montagna. Si, sono stato davvero bene. È poi c’era Costantino Rozzi, un grande presidente che aveva personalità e sapeva sempre motivare la squadra».
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