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Antonella canta ancora ad Astorara

MONTEGALLO - “CantAntonella” è il nome di un posto, ma anche di un sogno. Lei non c’è più, ma Mario Alessandri è rimasto fra queste montagne martoriate dal terremoto, nell’Agrimusicismo voluto fortemente proprio dalla sua ex compagna
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di Walter Luzi

CantAntonella. A Montegallo. Il nome di un posto e di un sogno. Che non muoiono. Anche se Antonella non c’è più. Mario Alessandri, romano sessantacinquenne di Monterotondo, il compagno di una vita di Antonella Zarletti, è rimasto fra queste montagne martoriate dal terremoto per questo. Perchè qui è bellissimo. E perché è stata proprio lei, Antonella, a volerlo fortemente questo Agrimusicismo. Mario spenderà fino all’ultimo dei suoi giorni per farlo vivere come Antonella lo aveva pensato. Sì, perché questo non é un ristorante qualsiasi. Lo dice anche il nome, che qui è la buona musica, con la buona cucina, ad essere è di casa.

La loro storia, già mirabilmente trasposta in un commuovente spettacolo teatrale da Francesco Eleuteri, Il terremoto di Mario, merita di essere raccontata. Mario, nativo di Monterotondo, classe 1955, non finisce neanche le scuole superiori perché lo studio, confessa, non faceva per lui. Fa tanti mestieri nella sua vita, ma quelli che gli riescono meglio sono cantare e la ristorazione.

Il padre Giuliano, uno stornellatore in romanesco di grande talento e tradizione, lo mise sul un palcoscenico di una festa dell’Unità a Monterotondo che aveva solo sette anni. Mario lo ricorda ancora quel motivo, Ho chiuso le finestre di Gianni Morandi, con cui mosse precocemente il suo primo passo di una lunga carriera in palcoscenico. A quindici anni fa già parte della banda musicale del paese che arriva ad esibirsi anche all’estero. Lui suona il sax tenore. Ma la passione è tanta, e così con il maestro decidono di mettere su anche un complessino “Gli amici del liscio”.

Mario Alessandri

 

Sono gli anni in cui furoreggia l’orchestra romagnola di Casadei, e loro sfruttano la scia. A ventidue anni si sposa per la prima volta. Smette di cantare e fa impresa nell’edilizia, ma il matrimonio con Vilma, che gli darà due figli, Giuliano e Matteo, dura solo sette anni. A metà degli anni Ottanta l’incontro fatale con Antonella. Una donna con le palle, la ricorda così Mario, che gli darà un terzo figlio, Valerio. Come Valerio Lysander oggi compone e canta anche lui in Inghilterra, quasi sempre in inglese, ma perpetua brillantemente la tradizione canora di famiglia.

«Antonella, quando l’ho conosciuta era una perfetta figlia dei fiori – ricorda Mario – quattordici orecchini e una canna ogni tanto, sempre in bicicletta con i suoi vestiti stravaganti, ma con un gran bel carattere. Forte. Me ne innamorai subito perché era una che mi dava filo da torcere. Mi ci confrontavo e, spesso, scontravo anche, come piace a me».

Mario e Antonella

Nel 1988 insieme a lei torna a cantare in un complessino che fa musica anni Sessanta “L’orchestra di mezza età”. Entra anche Antonella, prima come flauto, poi come voce e  chitarra. E’ una seconda attività, ma nel 1990 arriva la svolta nella sua vita. A Monterotondo viene a stabilirsi Silvano Spadaccino, un grandissimo cultore della musica popolare italiana. Sta mettendo su una band, ma gli manca un cantante solista. Mario, tramite un amico, riesce ad ottenere un provino. A Spadaccino basta ascoltare solo l’interpretazione di “Malafemmena” per ingaggiare Mario come voce solista. E cambiargli la vita.

Il neonato gruppo di musica popolare I Cantastorie sbarca su tutte le televisioni: da Domenica In sulla Rai a Retequattro, da Canale 5 a Telemontecarlo. Dieci anni di successi su palcoscenici prestigiosi, anche al fianco di grossi personaggi come Gigi ProiettieVittorio Gassman.E poi tournèe di concerti e spettacoli di ottanta minuti filati sempre molto applauditi. Anche Renzo Arbore figura fra gli estimatori dichiarati più prestigiosi della gran voce di Mario. Una voce, dice Arbore, uno che di queste cose se ne intende, che sa emozionare. Fra le tante feste per vip che anima nascono le grandi amicizie con Paolo Villaggio, che gli lascia guidare una sera anche la mitica Bianchina di Fantozzi, e con il “poeta” Franco Califano.

Dopo il Duemila si butta nella ristorazione e si allontana momentaneamente da Antonella e dalla musica. Nel 2006 si sposa una seconda volta, con Sabrina, ma dura solo tre anni. Torna con Antonella, che non ha mai smesso di amare, riprende a cantare con lei e continua ad operare nella ristorazione e nel catering di alto livello destinato ad una clientela molto facoltosa. Bei guadagni ma anche grosse responsabilità ed un inevitabile stress correlato. Mario e Antonella dicono basta a questa vita caotica e scelgono la pace di Montegallo. Una vita in due, finalmente, a misura d’uomo. E’ il paese natale dei genitori di lei, Varo e Giuseppina, da cui hanno appreso di un bar in vendita. Lo rilevano a marzo del 2016 insieme ad alcuni appartamentini da destinare a B&B. E’ qui che vogliono vivere. Lontano dai ritmi e dalle convulsioni metropolitane.

Continuano a pensarlo anche dopo il terremoto del ventiquattro agosto di quello stesso anno. E anche dopo le scosse di ottobre, e di gennaio dell’anno successivo. Il bar chiude per inagibilità. Ma la coppia non molla. Anzi, passando un giorno dalle parti di Astorara Colleluce notano una delle poche strutture non lesionate dal sisma. E’ a servizio di un piccolo campeggio, ma non è stata mai utilizzata dal Comune.

Aprire un ristorante in un territorio spopolato e circondati dalle macerie, potrebbe suonare come una follia. Invece è una scommessa sulla rinascita e sul futuro di queste montagne dove sono forti le radici di Antonella. Che non ha dubbi. Quello diventerà il suo agrimusicismo. Sì, vita all’aperto, un buon pasto e poi, non può mancare di certo con due artisti come loro, musica per tutti. Per finanziare le spese lei riprende a fare anche serate nel Lazio. I sacrifici non appaiono mai troppo grandi quando si insegue un sogno.

Canta ancora Antonella immaginando il suo locale fra i monti marchigiani, dove buona cucina e buona musica dovranno andare sempre a braccetto. Sicuramente pensava a questo guidando nella notte, quando avrà chiuso gli occhi, magari per un solo, fatale attimo, quel sedici luglio 2017. Quando la sua auto, insieme ai suoi sogni, si sono schiantati contro un albero. Mario sente il mondo crollargli addosso.

Sente di non potercela fare senza di lei. Ma a Monterotondo, per l’addio ad Antonella, arrivano quasi tutti gli amici dell’ascolano. Il sindaco di Montegallo prende anche la parola per un breve saluto. E poi quello non è il solito mesto funerale. E’ un vero happening musicale. Non poteva non esserlo per una come lei. Un tributo festoso e struggente ad Antonella. Molto conosciuta e molto amata. Chiede di cantare per lei Mariella Nava, tre cori di tre diverse parrocchie devono alternarsi perché a questo addio musicale ad Antonella ci tengono in tanti. Un amico la saluta con il suo clarinetto, Mario stesso con il figlio Valerio Lysander intonano Le stelle de lu cielu, un canto popolare del Lazio. “…dormi bellezza mia, e buona fortuna…” recita l’ultima strofa. Un pezzo cantato a due voci, insieme ad Antonella, in tantissime serenate.

Mario, sconvolto dal dolore, solo, stenta a ritrovare la bussola in quell’anno. Ma rimane. Antonella avrebbe desiderato questo più di ogni altra cosa al mondo. E anche lui, qui, così, ha trovato la sua realizzazione. «Roma è una città meravigliosa ma invivibile -confessa- qui invece ogni mattina, appena alzato, guardo il Vettore e mi si riempiono gli occhi. Mi sento in armonia con le tante bellezze della Natura che mi circonda. Dalla mia finestra spesso vedo lepri e volpi, caprioli e cinghiali. Vedi e ami la semplicità della montagna. E impari anche a rispettarla».

Può esserci un futuro per questa terra? «Le potenzialità sono altissime – spiega Mario – i giovani del posto potrebbero vivere di turismo tutto l’anno con un minimo di formazione e di investimenti. Ma bisogna crederci, oltre ad essere capaci. Nel 2017 non c’ero con la testa, ma ti garantisco che negli ultimi due anni, nel mio piccolo, sono riuscito a portare in questo angolo sperduto e meraviglioso di mondo, ferito dal sisma, quasi trentamila persone. Nella mia piccola struttura, vecchia di un ventennio e mai sfruttata prima del mio arrivo, ho clienti settimanali fissi da tutte le regioni limitrofe e campeggiatori da tutta Italia in estate. I social e la Rete oggi aiutano molto, ma il passaparola funziona sempre. Penso che, i giovani soprattutto, si trovino bene per la libertà, la semplicità, la cordialità e l’essenzialità che trovano qui. E poi, a tavola si canta sempre insieme. Si crea così un clima di amicizia, di famigliarità, anche fra sconosciuti. Con questa pandemia non so come andrà, ma fino a ieri, le tavolate a un certo punto si mescolavano e non si capiva più quali erano i tavoli da due, da quattro o da otto posti».

Qual’è secondo te la giusta ricetta per la rinascita economica dei comuni montani del cratere? «Con me lavorano sette giovani: uno di Monterotondo, uno di Ascoli, uno di Montegallo e quattro di Roma. Stanno pensando di trasferirsi stabilmente quassù perché io posso garantire loro un lavoro. Nei comuni qua intorno le iniziative da intraprendere potrebbero essere tante, ma io non voglio fare il padrone, lo sfruttatore. Penso alla cooperativa come lo strumento più adatto per coinvolgere e responsabilizzare quanti più giovani possibile in questi progetti di rinascita. Perchè il territorio rinasce solo se c’è tanta gente che qui abita e lavora. Magari inventandoselo un lavoro. Anche extracomunitari, perché no. C’è bisogno di una iniezione di energia vitale, tipicamente giovanile, in un tessuto sociale composto in larga parte da anziani. Sarò un utopista ma sono convinto che il futuro è qui, e non nelle grandi città. Qui dove riscopri il gusto di vivere, e vivere sano. Il piacere di fare un lavoro che ti piace, e nel fare il quale la soddisfazione cancella sempre la fatica. Ho grandi progetti. Mi piacerebbe riaprire il bar e anche uno spaccio di generi alimentari a Montegallo, dove manca da tempo. Non per me, ma per questi giovani che potrebbero arrivare a rivitalizzare queste zone. I comuni potrebbero adottare incentivi in questo senso. Ma ci vuole lungimiranza».

Intanto dopo la chiusura per la nuova emergenza, planetaria e sanitaria stavolta, CantAntonella ha riaperto. Aromi caserecci e melodie tornano a diffondersi nell’aria. Gratificati uditi e palati, ma non solo. Nessun distanziamento imposto potrà vincere mai il calore di un abbraccio. Nessuna mascherina spegnere la luce di due occhi che sorridono.

Chi viene, qui è in famiglia. Vicinanza di cuori. Magia della musica, delle parole di vecchie canzoni cantate insieme. Voci e cori che non disturbano ma integrano, esaltano, l’armonia della Natura intorno. Là fuori il silenzio della campagna e l’imponenza del Vettore, lassù, infondono un senso di pace profonda. Antonella ha passato qui solo i suoi ultimi novantanove giorni, ma basta chiudere gli occhi ed ascoltare il vento, per avere la certezza che da qui, lei, non se ne è mai andata.

 

 

 

 


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