facebook rss

Una mamma e il suo piccolo
di appena 5 mesi
hanno sconfitto il Coronavirus

MONTEFIORE DELL'ASO - E' la storia di Alessandra, 36 anni, e di Gioele che aveva 4 mesi al momento del contagio. Positivo anche il suo compagno. Samuele, l'altro figlio di 11 anni, negativo a tre tamponi, tenuto a distanza. Ecco come hanno affrontato quei 40 giorni, dalla diagnosi alla conferma di essere guariti
...

Alessandra Benedetti con il piccolo Gioele

 

di Maria Nerina Galiè

Le generazioni più giovani, giovanissime, non ricorderanno di essere state protagoniste di un’emergenza sanitaria che ha fermato il mondo intero.

Lo sapranno dal racconto dei genitori, dei nonni e dei fratelli maggiori.

Allora capiranno in che modo è cambiata la vita di tutti, nei due mesi e mezzo in cui l’intera umanità brancolava nel buio senza la certezza di avere un futuro, di quelli successivi dove su tutto regnava sovrana la regola del distanziamento sociale.

Protagonista, fortunatamente inconsapevole ed al quale non sono mai mancati gli abbracci nè il latte della mamma, è stato il piccolo Gioele.

A soli 5 mesi detiene già un primato: la sua prima malattia è stato il Sars Cov2. Quattro al momento del contagio. Ed anche quello di essere il più giovane positivo del Piceno.

Il contagio gli è stato diagnosticato il 12 aprile, giorno di Pasqua. Ne è uscito vittorioso. Guarito dopo il secondo tampone di conferma, negativo, il 23 maggio. 

Supereroe dei nostri tempi, che potrà andrà fiero di come ha affrontato l’esperienza, Samuele, 11 anni, fratello maggiore di Gioele. Unico della famiglia a non essere stato contagiato, è stato tenuto a distanza da tutto e tutti, pur continuando a vivere sotto lo stesso tetto.

Non si è mai lamentato, non ha mai commesso un passo falso, con maturità e grande senso di responsabilità.

Al centro di questa storia, ai tempi del Coronavirus, la mamma Alessandra Benedetti, 36 anni di Montefiore dell’Aso.  Positiva al Coronavirus, ora guarita come il suo piccolo e il compagno Gionata Napoleoni, dilaniata nei primi momenti dalla preoccupazione per la salute di Gioele e l’angoscia di dover tenere a debita distanza, senza mai un abbraccio, Samuele.

Alessandra ha perso anche la nonna a causa del virus. Aveva 85 anni. Era il 25 marzo.

Ed è da lì che tutto ha avuto inizio, con 13 persone contagiate nel suol nucleo familiare.

Lo racconta Alessandra.

L’ospedale “Madonna del Soccorso” di San Benedetto

«Per problemi non collegati al Coronavirus, la nonne era stata ricoverata prima ad Ascoli, poi a Fermo e infine a San Benedetto. Dimessa senza un tampone, ha iniziato a peggiorare a casa. E’ stato necessario un altro ricovero al “Madonna del Soccorso”, dove le hanno fatto il tampone, risultato positivo.

E’ morta lì, da sola, dopo qualche giorno. Non ha potuto avere neanche il funerale».

Come di prassi sono stati fatti gli esami ai familiari che erano stati a contatto con la donna.

«Mia madre l’aveva assistita nei precedenti ricoveri. Era negativa al primo tampone fatto a seguito della diagnosi di mia nonna.

Dopo qualche giorno già aveva la polmonite, scoperta con la Tac, e la conferma del contagio con un nuovo tampone. E’ stata anche ricoverata ma si è ripresa presto».

Con voi invece, com’è andata?

«Dopo mia madre, hanno fatto il tampone anche a me e ai miei figli. Dopo qualche altro giorno a Gionata. Tutti positivi tranne Samuele. Negativo a tre test».

Qual’è stata la vostra reazione?

«Siamo scoppiati a piangere. All’inizio è stata durissima. Non sapevamo cosa sarebbe accaduto. In un primo momento ci avevano ventilato la possibilità di ricoverare Gioele al “Salesi” di Ancona, visto che era così piccolo. Nel caso io non potevo andare, perchè positiva. Per fortuna non è stato necessario.

Gioele non ha avuto sintomi particolari, come noi del resto.

L’unica cosa è che dovevo costantemente controllare la respirazione con il saturimetro. Le prime notti sono state completamente in bianco. Poi, piano piano, ho visto che le cose andavano sempre meglio. La tensione si è un po’ allentata».

Chi vi ha aiutato nella gestione della malattia?

«La pediatra, Diana Palestini, è stata fenomenale. Mi è stata accanto in ogni modo. Mi contattava più volte al giorno, con le videochiamate, chiedendomi di posizionare Gioele in modo che potesse vedere come respirava. Era in contatto con Ancona. Mi diceva: chiama a qualsiasi ora, lascio il telefono acceso anche di notte. E’ stata lei ad attivare le Usca che venivano a casa a visitarci tutti. E’ andata così per 40 giorni».

E Samuele?

«A distanza. La sua camera, il suo bagno. Per i pasti nel punto più lontano del tavolo. Lui è stato bravissimo. Ha 11 anni, si rendeva conto dell’importanza delle precauzioni. Ma a me si stringeva il cuore in ogni momento».

L’incubo adesso è finito. Come si sente di commentare?

«E’ andata bene, anche perchè non abbiamo avuto sintomi aggressivi. Tanti non se la sono cavata. Oppure hanno problemi anche più grandi, che non hanno nulla a vedere con il virus. Io non mi sento di annoverarmi tra le persone che hanno sconfitto chissà quale grande nemico.

Ciascuno di noi, nella vita, deve affrontate le sue battaglie. Penso, semplicemente, che a noi è toccata questa».

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page


Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati




X