di Luca Capponi
Le visite saltate, le attese al pronto soccorso, da sola, un primo celere ricovero, il ritorno a casa, i problemi che continuano, le sollecitazioni del medico di base affinchè fosse ospedalizzata di nuovo, l’impossibilità di avere un’ambulanza per essere trasportata e ancora il ricovero in ospedale su insistenza del medico di base, prima di essere accompagnata in clinica. Poi la morte, per un’anziana di 85 anni.
Odissee moderne. Qualcuno le chiama così. Altri, i parenti della donna, ascolana, ribadiscono: «Non si può morire in questo modo. E’ assurdo che i malati vengano rimpallati così. Sono stati 13 giorni assurdi. Come è assurdo che nelle sale di attesa di pronto soccorso ed ospedali i malati debbano restare da soli, soprattutto se non autosufficienti e non in grado di spiegarsi coi sanitari. A lei è stata diagnosticata la demenza quando in realtà aveva il diabete ben oltre la soglia, a 460».
Il caso dell’anziana, deceduta qualche giorno fa, non è l’unico. In molti hanno già denunciato il problema di lasciare da sole persone in difficoltà ad aspettare il proprio turno, con l’impossibilità persino di comunicarci o passargli una bottiglietta d’acqua (leggi qui). Nessuno contesta le regole imposte dall’emergenza sanitaria, però…
«Nostra nonna aveva gonfiori e difficoltà respiratorie, dovute a malattie come vasculite e diabete, il cuore era sempre stato ok -proseguono nel racconto i parenti della donna, che ci tengono a restare anonimi-. Ad inizio luglio abbiamo chiamato l’ambulanza; le è stato effettuato solo un elettrocardiogramma al cuore che stava bene, ma gli altri problemi restavano. Abbiamo prenotato una visita in uno studio privato per una quindicina di giorni dopo, a cui non è mai arrivata».
«A metà luglio abbiamo dovuto richiamare l’ambulanza per le difficoltà a dormire e il diabete alto fino a 460 -proseguono-. Trasportata all’ospedale “Mazzoni”, nonna è rimasta lì smarrita ed impaurita per 8 ore. La dottoressa si è limitata a somministrarle insulina e rimandarla a casa. Lo stesso giorno, prima di andare all’ospedale, mia nonna si era recata con mia madre presso l’ex sanatorio per una visita da un neuropsichiatra, proprio per i disturbi del sonno, prenotata mediante ospedale, ma il medico dell’Asur, non privato, non si è presentato».
Ma la vicenda non finisce qui.
«Il giorno dopo mia nonna ha ancora il diabete alto, difficoltà respiratorie, gonfiore e difficoltà a dormire -vanno avanti i parenti-. A quel punto abbiamo chiamato il medico di base per una carta di ricovero con cui invitava i suoi colleghi del pronto soccorso al necessario ricovero. Abbiamo poi richiamato l’ambulanza, che però non poteva venire. Mia nonna non era più capace di muoversi ed era impossibile trasportarla in auto, per cui abbiamo chiamato la Croce Verde che a pagamento ha portato la nonna all’ospedale».
«Dopo una lunga attesa, senza neanche leggere la cartella clinica e quindi le sue malattie croniche, il pronto soccorso afferma che mia nonna è demente, patologia che assolutamente non la riguarda -è la constatazione-. Il diabete alto può dare confusione e scarsa lucidità, ma lei era lì da sola e non poteva e sapeva spiegarlo. E’ stata ricoverata in ospedale nel reparto pre Covid e dopo il tampone, l’indomani, trasportata alla clinica San Marco dove dopo due giorni è morta in solitudine e abbandono».
«Forse in quei 13 giorni qualcosa si poteva fare, un’ecografia al cuore, una lastra ai polmoni, un ricovero per ripristinare e contenere la glicemia -concludono i parenti dell’anziana-. Invece no, è stata trattata con sufficienza solo perchè aveva 85 anni. Ragionava meglio di noi, non ha mai avuto demenza senile ma soltanto diabete e vasculite. Negli ultimi 4 anni, quando aveva le riacutizzazioni della malattia, abbiamo spesso dovuto batterci per ricoverarla perchè il pronto soccorso la voleva sempre rimandare a casa, poi i suoi ricoveri duravano anche 2-3 mesi. Questa volta non ci è stato concesso di combattere per non veder violato il diritto di essere curati».
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