di Federico Ameli
Quella del calciatore di talento che, per un motivo o per un altro, non riesce a sfondare ad alti livelli l’avrete sicuramente già sentita. Congiunzioni astrali, per chi crede nell’oroscopo, o più semplicemente una concatenazione di sfortunati eventi che porta il ragazzo in questione a girovagare per un po’ nelle serie minori, prima di appendere una volta per tutte le scarpette al chiodo.
Vuoi per problemi fisici – «se non mi fossi fatto male al crociato…» -, vuoi per qualche lato del carattere mai realmente smussato – «se mi fossi impegnato di più in allenamento…» -, la prassi vuole che a quel punto la non più giovane promessa dia il là a un eterno e variegato valzer di alibi, nel tentativo di indorare una pillola che fa molta più fatica del previsto a scendere.
Armando Marozzi
Eppure, a volte, il calcio non è fatto solo di rimpianti: c’è chi di pillole del genere ne ha dovute mandar giù diverse, ma con la dignità di chi sa di aver dato tutto e di essersi dovuto arrendere solo di fronte a una dose di sfortuna un po’ eccessiva per poter essere gestita da una sola persona.
O forse non sarà stata solo sfortuna, chissà. Quel che è certo è che, dopo essere stato rinnegato dal mondo che fino a qualche anno non faceva altro che coccolarlo, Armando Marozzi si è rimboccato le maniche e ha saputo trovare altrove le soddisfazioni che il “suo” calcio aveva deciso di negargli.
«Ho iniziato a giocare con l’Ascoli quando avevo circa 10-11 anni per poi fare tutta la trafila nel settore giovanile. Ho fatto il mio esordio in Primavera contro la Fiorentina, a 15 anni, giocando con i ragazzi dell’87 – Armando è nato nel 1991 e, soprattutto a quell’età, quattro anni di differenza si fanno sentire, ndr – e qualche tempo dopo è arrivata la convocazione nell’Under 16 della Nazionale».
Devono essere state annate meravigliose per un ragazzo che, insieme a un certo Mattia Destro, formava una delle coppie d’attacco più affiatate e promettenti del panorama italiano. Tuttavia, la premessa di qualche riga fa sembra suggerire che le cose prenderanno ben presto una piega inaspettata e decisamente poco piacevole.
«La dirigenza operò qualche cambio, Massimiliano Favo – uno dei principali estimatori di Marozzi, ndr – andò via e con la cordata di Antonelli subentrarono altre figure. Sta di fatto che, per motivi più o meno oscuri, nel giro di un anno da “gioiello di casa” – com’ero considerato all’epoca – sono finito fuori rosa».
Si sa, in questi casi il tempo è la migliore medicina e a distanza di anni, comprensibilmente, Armando non se la sente di puntare il dito contro qualcuno in particolare. Al di là delle ragioni, però, ad Ascoli sembra non esserci più posto per lui. «Sono stato costretto a cercare spazio altrove e sono finito al Real Montecchio, in Serie D» dichiara il nostro bomber incompreso, a cui la fortuna presenta subito un ingiustificato quanto salato conto da pagare.
Il giovane e promettente Marozzi in gol ai tempi dell’Ascoli
«Durante una seduta di allenamento mi sono strappato il quadricipite e successivamente mi sono rotto un piccolo osso della caviglia. A fine stagione sono tornato a casa, ma le cose non erano cambiate: ero ancora fuori rosa e dovevo trovarmi una sistemazione.
Dopo un periodo di prova a Palermo, ero pronto a trasferirmi in Sicilia, ma alla fine l’Ascoli ha deciso di non svincolarmi nonostante la promessa fatta a mio padre e l’avvenuto pagamento di una cifra pattuita».
Con la valigia pronta e la maglia rosanero a un passo, Armando deve a malincuore tornare sui suoi passi e provare di nuovo a farsi le ossa nelle Marche. Siamo nel gennaio 2010 e Monte San Giusto è la seconda tappa del suo tribolato pellegrinaggio, che fin qui non ha certo riservato soste particolarmente entusiasmanti.
«Con la Sangiustese ho esordito in Serie C2, con la promessa che l’anno successivo sarei partito titolare. Alla fine non è andata così, dato che la società fallì. La stagione successiva – la 2010-2011 – mi sono trasferito al Campobasso, sempre in C2, e ho avuto l’opportunità di giocare con più continuità. Purtroppo, però, dopo l’esonero del mister il nuovo allenatore mi ha messo fuori rosa dicendomi chiaramente di non voler puntare sui giovani attaccanti».
Armando nel corso della sfortunata parentesi a Campobasso
Una spiacevole abitudine, quella del finire periodicamente relegato ai margini della squadra, che all’ennesima esclusione nel giro di pochi anni deve aver fatto scattare qualcosa nella testa di Armando, in cui il ricordo di quel campioncino in erba sembra sbiadire ogni giorno di più.
Non dev’essere stato facile realizzare di non essere più tagliati per un ruolo, quello della punta dal gol facile, che sembrava potergli calzare a pennello, ma a quasi dieci anni di distanza è più che lecito scherzarci un po’ su. «Pur continuando a giocare ancora per qualche anno, è stato in quel momento che ho staccato la spina. Si dice spesso che nella carriera di un calciatore passino un paio di treni: beh, io li ho presi in faccia!».
«A Campobasso ho capito che semplicemente non era destino» prosegue Armando. «Per fortuna, dal punto di vista caratteriale sono sempre stato un ragazzo solido, anche se ti confesso che ho dovuto affrontare un periodo di grande delusione. Ho fatto molti sacrifici per quello che era l’amore della mia vita, ma prima o poi arriva il momento di mettere un punto e ricominciare: il mito di Sisifo è un insegnamento per tutti».
Forse non proprio tutti, dato che buona parte dei lettori dovrà andare a ripassarselo su Google. Ai più pigri, invece, basterà sapere che questo parallelismo di stampo umanistico, un po’ inusuale – almeno nei luoghi comuni – per uno abituato a gonfiare la rete, non è affatto casuale.
«Mentre ancora giocavo, ho iniziato a studiare Filosofia all’Università di Macerata, dove ho avuto la fortuna di incontrare professori molto disponibili nei confronti miei e dei miei impegni. Dando il massimo, come ho sempre fatto anche nel calcio, sono riuscito con successo a conciliare l’aspetto sportivo e quello universitario».
Dal calcio alla filosofia. Un passo sulla carta non esattamente brevissimo, ma evidentemente nel corso degli anni il nostro Armando deve aver coltivato una certa inclinazione per i cambiamenti radicali. D’altra parte, lui stesso si definisce un ragazzo «da bianco o nero, senza vie di mezzo».
«Proseguendo gli studi, mi sono focalizzato sul pensiero politico ed economico e ho deciso di fare un master a Londra per approfondire le mie conoscenze nel settore. Attualmente sono un dottorando della London School of Economics and Political Science e recentemente ho avuto modo di collaborare anche con Goldman Sachs».
È stato proprio lavorando nella nota banca d’affari che Armando è venuto a conoscenza di un’opportunità che non capita proprio tutti i giorni. E stavolta, finalmente, su quel treno è riuscito a salirci davvero, e per di più con un biglietto di prima classe.
«Ai tempi di Goldman Sachs ho saputo che la Banca Centrale Europea offriva la possibilità di fare traineeship – per i meno anglofoni si parla di tirocini, ndr -. Ho presentato la mia candidatura e alla fine sono riuscito a superare tutte le fasi della selezione. Lavorerò come economista in un team che realizza analisi macroeconomiche dell’eurozona per il consiglio direttivo».
Francoforte però può aspettare, almeno per il momento. «Causa emergenza sanitaria, fino a fine anno resterò ad Ascoli lavorando da remoto, dopodiché si vedrà il da farsi. Spero comunque, in futuro, di continuare sempre su questa strada: non so ancora se nel campo delle istituzioni o nel settore privato, ma senza dubbio l’intenzione è quella di proseguire nell’ambito dell’economia europea».
La foto di rito di Armando, in compagnia del presidente Francesco Castelli, con la maglia del Monticelli (Foto: ssdmonticelli.it)
Eppure, a giudicare dalla sua immagine su Whatsapp, che lo ritrae intento a caricare il destro mentre viene marcato stretto da quello che non sembra affatto un economista di Francoforte, qualche dubbio sorge spontaneo. Che il calcio, nonostante tutto, faccia ancora parte della vita di Armando Marozzi?
«In attesa di recarmi in Germania, sono tornato a giocare nel Monticelli in Promozione – confessa Armando, che ha già militato tra le fila della società ascolana nel 2013-2014, ndr -. Dal punto di vista fisico sento di stare discretamente bene e spero di dare il mio contributo alla causa, almeno fino a gennaio».
Detto, fatto: lo scorso sabato è già arrivato il primo gol nell’amichevole contro il Villa Mattoni. «Non ho rimpianti per la mia carriera da calciatore. So di aver dato tutto e negli anni ho maturato la consapevolezza che, purtroppo, ci sono cose che non si possono prevedere o cambiare. Avrei potuto commettere qualche errore in meno ed evitare alcune coincidenze sfavorevoli, ma sono comunque molto soddisfatto del mio percorso».
Difficile dargli torto. All’alba dei trent’anni, in un modo o nell’altro la sua carriera sta finalmente per decollare, proprio mentre gli ex colleghi calciatori sono soliti imboccare il viale del tramonto. Armando no, lui ha ancora molto da dare al mondo dell’economia. Chissà come la penserebbe quell’allenatore di Campobasso…
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