di Benedetto Marinangeli
Il 15 ottobre del 1970, esattamente 50 anni fa, a San Benedetto l’Albula esondò inondando il centro e l’area di viale De Gasperi di fango e detriti. Un violento e prolungato acquazzone, iniziato intorno alle ore 15, portò infatti il torrente a superare gli argini del fossato e a inondare il centro di San Benedetto. Un uomo di 48 anni, Carlo Fares, perse la vita in seguito a quei drammatici eventi. Viveva in via Montagna dei Fiori e nel tentativo di salvare alcuni maiali di sua proprietà fu travolto dal mare di fango. Morì soltanto lui, tutti gli animali si salvarono. Alla morte del Fares si aggiunse anche una stima impietosa dei danni. Esondò infatti anche il fosso delle Fornaci e le famiglie senza tetto furono una cinquantina.
Fino a tarda notte i sottopassaggi della linea ferroviaria, trasformati in veri e propri pantani, impedirono il transito alle auto. Intanto dalle abitazioni, dalle botteghe invase dalle acque, fu salvato ben poco: quello che la fiumana non è riuscita a portar via giace nel fango: mobili, suppellettili, elettrodomestici, ecc. ecc. e i sacrifici di tante ore di lavoro scomparsi o immersi nella viscida poltiglia. Il bilancio fu drammatico: fogne distrutte o seriamente intasate, così come risultava parzialmente distrutto il civico acquedotto e 500 punti luce dell’impianto di illuminazione pubblica. Esercizi commerciali, depositi, magazzini, garage subirono danni economici rilevanti.
L’Amministrazione comunale dell’epoca con sindaco il professor Ugo Marinangeli, proprio una decina di giorni prima del tragico evento aveva inoltrato al Genio Civile una richiesta ufficiale per la pulizia del letto del torrente Albula per il rischio di inondazioni con pericolo per l’incolumità delle persone. Era infatti accaduto in passato che il torrente straripasse, allagando via Manara con gravi danni alle colture dei terreni circostanti. Il letto del fiume, però, nel 1970 non era classificato e quindi in base alle disposizioni di legge dell’epoca dovevano essere i proprietari e possessori frontisti a provvedere alla manutenzione del corso d’acqua.
Nel momento del disastro il sindaco Ugo Marinangeli, unitamente ai componenti della giunta, visitò i luoghi disastrati per poi presentare diversi solleciti a tutti gli enti e alle autorità preposte affinché quanto accaduto fosse esaminato con molta attenzione. Conseguentemente nel predisporre le basi della ricostruzione, si decideva anche di pensare alla completa formattazione dell’ alveo del torrente Albula che poi sarà canalizzato, assumendo l’aspetto odierno.
La Vedetta, storico settimanale della Diocesi di Montalto-Ripatransone, nel n. 32 di domenica 25 ottobre 1970 riporta in prima pagina il seguente articolo di Filippo Miritello. Questo il titolo: Gli artigli dell’Albula…lasciano i segni. È la cronaca della devastante alluvione del 15 ottobre 1970, che sarà ricordato per molti anni dai sambenedettesi come il giorno in cui una valanga di fango ricoprì una parte della città seminando danni, lutto e panico. Segue anche una cronistoria delle esondazioni dell’altrimenti pacifico torrente. Perché questa dell’Albula pur essendo una piena eccezionalissima, non è l’unica. Molte altre ne sono state registrate. La prima ad essere documentata risale al 1896. Anche in quell’occasione l’allora parte bassa del paese, dal palazzo comunale alla chiesa della Madonna della Marina fino al mare, tutto fu coperto da diversi centimetri d’acqua e di mota.
Dell’alluvione del ’70 si è occupato anche l’ex sindaco di allora professor Ugo Marinageli in un articolo apparso su Riviera delle Palme n. 1 del gennaio-febbraio 2011 nel quale l’autore riporta stralci della “Relazione sommaria dei danni causati dal nubifragio” redatta dagli Uffici Comunali il 17 ottobre recante anche le indicazioni delle misure da prendere in seguito alla constatazione dei danni.
Significativa fu anche la partecipazione della cittadinanza. Alla tragedia seguì una bella dimostrazione di solidarietà ed un opportuno e deciso intervento governativo per le opere poi compiute. Oltre ai Carabinieri, alla Polizia Stradale, ai Vigili urbani, agli spazzini comunali, ai Vigili del fuoco venuti da ogni parte delle Marche e del vicino Abruzzo un lavoro importante e meritorio lo svolsero i giovani studenti, poi ribattezzati gli “angeli del fango”.
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