di Federico Ameli
Una gradita novità in ambito letterario concepita da un autore nato e cresciuto all’ombra delle Cento Torri: musica per le orecchie della rubrica dedicata agli autori locali. Restando in tema, infatti, è proprio la musica la grande protagonista di Family Biz, il nuovo romanzo di Paolo Fazzini pubblicato da Capponi Editore che qualche giorno fa ha ufficialmente fatto il suo debutto in libreria e negli store online.
Per l’occasione, lo scrittore ascolano, che da anni lavora come autore televisivo per le principali emittenti italiane oltre a cimentarsi in prima persona con la regia e l’amato microfono, ha deciso di proporre un’interessante variazione sul tema narrativo dedicando il suo ultimo libro alla sua grande passione, che al di là di qualche sporadico precursore fa storicamente molta fatica nel ritagliarsi un meritato spazio nell’ambito della letteratura.
La vicenda tratteggiata da Fazzini, infatti, non è certo di quelle che si sfogliano tutti i giorni: il giovane Davide, in arte Snapper, è un aspirante trapper di successo che riesce a convincere un’importante etichetta discografica a pubblicare il suo primo album. Dopo tanti sacrifici e una vita di provincia che non gli ha mai riservato grandi soddisfazioni sembra essere finalmente arrivato il tanto atteso momento della svolta, ma c’è una condizione particolare da soddisfare. La casa discografica esige un featuring di un certo spessore: se vuole coronare il suo sogno, Snapper deve realizzare un brano in collaborazione con suo padre, Marte, leggenda del rap svanita nel nulla quindici anni prima, all’apice del successo.
La cultura hip-hop entra dunque a gamba tesa nel tradizionalissimo filone della narrativa: alzi la mano chi ha già assistito a qualcosa del genere. «Paradossalmente, in Italia non abbiamo mai assistito ad una larga diffusione di queste tematiche in altri ambiti artistici e creativi – conferma l’autore -. A differenza degli altri Paesi, da noi questa cultura non si è mai diffusa nel cinema, per esempio, nella tv o nella letteratura. I pochi casi che abbiamo avuto sono generalmente sommari e didascalici.
Da tempo cercavo il modo di raccontare una storia che ruotasse attorno a questi generi musicali senza però cadere in stereotipi più volte usati. Mi piaceva pensare a una storia che potesse essere goduta sia da un adolescente che da un over 40… e così è nato Family Biz, con Snapper e il suo mondo».
Un mondo che, in fin dei conti, Paolo Fazzini, in arte Faz, conosce molto bene, essendo lo stesso di cui da oltre trent’anni è parte integrante: Dall’ormai lontano 1991, il nostro autore fa parte dello storico gruppo Menti Criminali, che di fatto – e non senza fatica – ha spianato la strada al rap ascolano e ai suoi diversi esponenti apprezzati in tutto lo Stivale.
«Generi musicali come il rap e ora la trap hanno visto un’esponenziale diffusione negli ultimi anni, sia all’estero che in Italia. Seguo il genere dal 1987 circa, prima come ascoltatore e poi come frequentatore attivo della scena italiana. Ho visto svilupparsi il fenomeno da cultura di nicchia, poi crescendo conquistare spazi più ampi fino a diventare un genere da classifica con le più recenti declinazioni in stili paralleli come la trap, appannaggio di generazioni più giovani».
Pagina dopo pagina, le travagliate vicende di Snapper e di suo padre danno vita a una profonda riflessione sul lungo e articolato percorso del rap, che nel corso degli anni da genere di nicchia ha saputo reinventarsi in autentico fenomeno di massa. Un tema evidentemente molto caro all’autore, che già in passato, pur facendo ricorso altri mezzi espressivi, ha avuto modo di confrontarsi con l’evoluzione di un fenomeno che oggi, più che con la diffidenza del mercato discografico e dell’opinione pubblica, deve fare i conti con le tante insidie del marketing e i quasi inevitabili rischi dell’omologazione. D’altra parte, dopo oltre trent’anni sulla scena, in un certo senso il rap è ormai un affare di famiglia.
«Ho tentato di raccontare nel mio documentario “All’Assalto. Le radici del rap in italiano”, distribuito in dvd e disponibile sul catalogo di Amazon Prime Video, quello che è successo nel mondo della musica rap in Italia all’inizio degli anni ’90, e che ha travolse me e i miei amici: la comparsa della lingua italiana in questo genere musicale, i luoghi alternativi che abbracciavano questa cultura, l’industria discografica incapace di comprendere, i messaggi politici che si intrecciavano nelle canzoni…tutto ha avuto il sapore di una forte e pacifica rivoluzione. Stava nascendo una nuova generazione, culturalmente e anagraficamente.
Lo stesso salto che stiamo osservando ora con gli adolescenti di oggi. Tra loro e noi sono successe tantissime cose: l’avvento di Internet, la diffusione della tecnologia, un mercato discografico completamente mutato, i nuovi mezzi di diffusione audio e video. Oggi tutti hanno la possibilità di esprimersi, tutti possono far arrivare potenzialmente le proprie creazioni dall’altra parte del globo ma, paradossalmente, stiamo assistendo a un’omologazione del consumo e dell’offerta come non si era mai vista prima. Quando noi, un po’ maldestramente, afferravamo un microfono era perché si aveva un’urgenza di comunicare, al di là di tutto.
La più grande battaglia che devono combattere oggi i ragazzi, secondo me, è contro l’insidiosa omologazione che serpeggia tra i social. Oggi un esordiente, quando registra i primi brani, sembra aver già chiare le mosse di marketing da fare per conquistare un pubblico. Così facendo mi chiedo se si è davvero produttori di qualcosa o si nasca già come dei prodotti».
Se dai tempi del liceo Orsini e dal “Rap Attack” – dal titolo del loro programma radiofonico – dei primi anni ’90 a oggi Paolo e le Menti Criminali di strada ne hanno fatta parecchia, come d’altra parte la storia di Marte e Snapper insegna, un discorso simile vale anche per il rap, che ora può tranquillamente presentarsi sul palco dell’Ariston senza alcun timore reverenziale nei confronti della musica leggera e degli altri generi “canonici”. Un’evoluzione che, anche alla luce dell’omologazione di cui sopra, qualche rapper della prima ora fatica a vedere di buon occhio e che, invece, non sembrano spaventare Fazzini nella progressiva conquista del grande pubblico da parte dell’universo hip-hop, tra rap e trap.
«In realtà – spiega l’autore – la presenza di rapper a Sanremo non è una novità: nel 2001 ci andarono i Sottotono, nel 2004 ci andò Piotta, quindi con il diffondersi di questo genere nel pubblico più giovane si sono infittite anche le presenze nei grandi show musicali. È una regola del mercato.
Però ho sempre pensato che una larga diffusione non necessariamente significhi una compromissione artistica. Indubbiamente i poteri forti che reggono le redini di industrie e media spingono a modellare gli artisti secondo i propri algoritmi, ma sta all’artista rifiutare compromessi indecenti o comunque farsi furbo e insinuarsi tra le trame del sistema senza necessariamente rinunciare a ampliare il proprio pubblico».
A proposito di rapper dei giorni nostri, la prefazione del libro porta la firma di Claver Gold, ascolano doc che negli anni ha saputo guadagnarsi un ruolo di spicco nel panorama musicale italiano grazie a una scrittura ragionata e profonda, quanto più lontana dagli stereotipi del settore. In occasione dell’uscita di Family Biz, in collaborazione con il producer Gian Flores, lo stesso rapper ascolano ha contribuito alla realizzazione di Bolle di sapone, il nuovo singolo delle Menti Criminali in cui Faz, A.N.D. e Larsen riflettono sugli sviluppi del rap in un confronto generazionale tra le difficoltà e le emozioni degli esordi e la consapevolezza, talvolta anche amara, del presente.
«Mentre scrivevo Family Biz – rivela l’autore – mi sono sempre detto che Claver Gold sarebbe stato l’unico che avrebbe potuto scrivere una prefazione adatta a quella storia. Veniamo dalla stessa città, anzi dallo stesso quartiere, e ci accomuna la passione per questa cultura. Inoltre ha un modo di scrivere i suoi testi che è molto letterario. Anagraficamente ci dividono più di dieci anni, ma sono sempre stata una persona che non ha mai badato molto all’età. Ho conosciuto sessantenni che sono molto più giovanili di me, e ragazzi che hanno un’inaspettata maturità.
Dalle chiacchierate con Claver sulla storia del libro è nata la prefazione che ha scritto, e in modo altrettanto naturale è nata l’idea di realizzare un brano insieme con il gruppo di cui faccio parte dl 1991, Menti criminali. Anzi, alcune righe della prefazione si sono trasformate nel ritornello, e la storia di Snapper ha ispirato in qualche modo il testo del brano, quasi come fosse un’ideale colonna sonora del libro. E così il ciclo si è chiuso.
Per quanto riguarda le Menti, dopo il singolo realizzato con Claver, ne seguiranno altri fino all’uscita del nuovo album dal titolo “Assembra-menti”, dopo l’estate».
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