Gian Vincenzo Clerici: «Siamo marchigiani, siamo seri e lavoratori, sappiamo soffrire e migliorare»

ASCOLI - L'imprenditore: «Mi piacerebbe un Piceno con più iniziative che sviluppino le relazioni interpersonali, dal vivo soprattutto. Io in questo Piceno mi ci trovo benissimo anche così come è, abbiamo tutto e potremmo decidere di apprezzare di più ciò che abbiamo invece di lamentarci, troppo spesso, di ciò che manca»
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di Piersandra Dragoni

 

Gian Vincenzo Clerici dopo piccole e varie esperienze lavorative «che più o meno tutti i giovani fanno», ha iniziato il suo percorso professionale nel 1991 aprendo, insieme al papà Antonio e alla sorella Albarosa, la sede ascolana dell’allora Corriere Espresso Executive alla quale si aggiunse, nel 1999, la sede di Fermo: «da dove tutt’oggi spediamo le calzature più belle del mondo in tutto il mondo», precisa sorridendo. Poi, nel 2001, il Gruppo Executive confluì nel Gruppo europeo GLS. Il settore di cui Clerici si occupa – corriere espresso e logistica – offre un punto di osservazione speciale per descrivere i cambiamenti sociali ed economici degli ultimi anni. Ed è da qui che iniziamo la nostra conversazione.

Gian Vincenzo Clerici

Trent’anni nel settore delle spedizioni: ha visto cambiare gusti, desideri, abitudini? «Abbiamo avuto il privilegio di partecipare e assistere in prima persona alla profonda trasformazione che, oltre a noi, ha interessato tutto il mondo, sia lavorativo che civile: abbiamo vissuto anni molto importanti per l’evoluzione del modo di vivere dell’essere umano. Pensi che quando abbiamo iniziato non c’erano i telefonini, non c’era internet e tantomeno i social. Le nuove tecnologie hanno impresso una accelerazione inarrestabile al cambiamento della società. Ci sono autorevoli studi scientifici che però ci spiegano che geneticamente siamo ancora quelli di 200.000 anni fa e che il nostro sistema nervoso è impostato su meccanismi primordiali del tipo attacco-fuga, meccanismi del tutto inadeguati a condurre il bombardamento di informazioni a cui siamo sottoposti quotidianamente: abbiamo strumenti tecnologici ma non abbiamo ancora la cultura per gestirli… dobbiamo crescere, abbiamo molto da imparare, soprattutto i giovani».

Poi è addirittura arrivata la pandemia: le misure di contenimento hanno certamente influenzato il suo settore di attività.

«Assolutamente sì. Per esempio è diminuito il volume fisico delle spedizioni che ora sono sempre più piccole con i lotti spezzettati. Un’altra novità che vedremo presto riguarda la firma sulla ricevuta di consegna, si va verso l’accettazione di ricevute di consegna non più tra umano e umano ma contactless nelle quali l’informazione sulla consegna è acquisita tramite i devices del corriere e del destinatario».

L’e-commerce durante il lockdown?

«Il settore delle vendite on-line ha vissuto un autentico boom: i volumi dei ricavi sono aumentati del 55% e il numero delle spedizioni addirittura del 103%, numero sceso al 68% nel periodo immediatamente successivo. Premesso che ci riteniamo molto fortunati, soprattutto rispetto a settori che invece hanno vissuto l’esatto contrario, ci siamo trovati da un mese all’altro a fronteggiare una situazione imprevista, con il lavoro quasi raddoppiato, la minaccia del contagio ovunque e l’incertezza a farla da padrone. E’ stata durissima, un periodo molto impegnativo soprattutto a livello umano: il nostro personale è stato encomiabile e più volte ci siamo commossi ripensando a come ci siamo saputi comportare, tutti… un reale esempio di adattabilità!».

Come si affrontano cambiamenti anche così radicali?

«Il Gruppo Gls è sempre stato all’avanguardia nell’utilizzo della tecnologia in materia di informazioni sulle spedizioni e poi occorre sapersi adattare e rinnovare. Io credo molto nel confronto con gli altri: nella mia esperienza le idee, il miglioramento continuo sono sempre stati ottenuti confrontandosi. Con i miei colleghi di tutta Italia ci riunivamo periodicamente e ci confrontavamo, a volte anche duramente, ma poi eravamo bravi a cogliere ogni idea, ogni spunto che arrivava per migliorare continuamente le procedure e di conseguenza il servizio ai nostri clienti; le assicuro che le idee migliori sono sempre venute dall’interno».

Secondo lei quali potrebbero essere delle possibili strategie di sviluppo per il territorio piceno?

«Di iniziative di sviluppo ce ne sono molte, ne ho vista di recente una che mi è sembrata molto intelligente: Il grande anello dei borghi ascolani. A me piacciono molto i settori Moda e Agroalimentare, settori nei quali credo si possano realizzare importanti sinergie che aiutino a sviluppare il miglior tipo di turismo per le nostre dimensioni: quello degli eventi combinati a brevi periodi di soggiorno; è un turismo che porta ricchezza, scambio culturale e alternanza tra periodi di intenso lavoro e riposo dunque perfetto per noi marchigiani. Si potrebbe predisporre un progetto con le migliori realtà del territorio, stabilire quale sarebbe l’investimento necessario e poi cercare sul mercato chi volesse partecipare con una piccola percentuale sul fatturato o sugli utili».

La domanda uguale per tutti: com’è il Piceno che vorrebbe?

«Mi piacerebbe un Piceno con più iniziative che sviluppino le relazioni interpersonali, dal vivo soprattutto. So, da una ricerca dell’Università di Harvard sulla felicita e longevità che ha monitorato per 80 anni 700 uomini di diverse estrazioni sociali, che le persone più longeve e soddisfatte sono quelle che curano maggiormente le relazioni interpersonali: ecco, favorirei tutto ciò che è relazione. E ricollegandomi a quanto detto prima vorrei aggiungere che la tecnologia va benissimo, ma imparare a gestirla prediligendo sempre e comunque le relazioni è la chiave del vivere bene. Non siamo fatti per vivere connessi 24 ore su 24. E poi glielo devo dire: io in questo Piceno mi trovo benissimo anche così come è, abbiamo tutto e potremmo decidere di apprezzare di più ciò che abbiamo invece di lamentarci, troppo spesso, di ciò che manca. Per esempio, anche in questa crisi penso che abbiamo saputo dimostrare il nostro valore, è venuto fuori il nostro lato migliore, ho visto tanti che hanno saputo resistere bene, adattarsi e reinventarsi: siamo marchigiani, siamo seri, siamo lavoratori, sappiamo soffrire e sappiamo migliorare!».

 


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