di Gianluca Ginella
Spunta una relazione con un’altra paziente dell’ospedale di Macerata nel processo in cui un infermiere è accusato di violenza sessuale.
Prova sarebbe una lettera che, secondo quanto riferito da un agente della Squadra mobile di Macerata, che prese parte all’indagine sulla violenza sessuale denunciata da una paziente nel 2018, ha riferito che nel corso di una perquisizione venne trovata una lettera.
La lettera è di una donna che era stata paziente all’ospedale, nel reparto di Psichiatria, e che scrive all’infermiere, un 49enne che era impiegato proprio dove la donna era ricoverata. Nel testo, tra l’altro, si legge che la ragazza dice di amare l’infermiere, e di avere avuto dei rapporti sessuali consenzienti. Una lettera che l’accusa ritiene meritevole di un approfondimento per capire innanzitutto il motivo per cui è stata scritta.
Il pm Enrico Barbieri ha chiesto che venga sentita la donna che l’ha redatta (testimonierà la prossima udienza).
In tribunale è imputato un infermiere di 49 anni (che è stato licenziato dall’Asur) e che all’epoca dei fatti lavorava all’ospedale di Macerata, nel reparto di Psichiatria. Secondo l’accusa l’uomo avrebbe approfittato delle condizioni di salute di una paziente per riuscire ad avere con lei un rapporto sessuale completo. La ragazza, sentita nel corso del processo, non ha parlato di violenze per essere costretta a subire un rapporto sessuale, ma ha riferito che l’uomo avrebbe approfittato del suo stato mentale in quel momento. Secondo l’accusa, nella notte tra il 6 e 7 luglio del 2018, l’infermiere avrebbe costretto la paziente a compiere atti sessuali, dopo averla indotta a seguirlo in una stanza vuota del reparto.
Il 10 luglio invece l’avrebbe costretta a subire rapporti sessuali completi dopo averla portata nello spogliatoio degli infermieri. L’accusa contesta anche il peculato (perché l’infermiere si sarebbe appropriato di alcune confezioni di farmaci del reparto che erano state trovate nel suo armadietto) e quella di falso per aver scritto sulla cartella clinica della paziente di averle somministrato i medicinali che le erano prescritti alle 21 del 10 luglio mentre invece i farmaci sarebbero stati somministrati alcune ore dopo: alla mezzanotte del 10 luglio. Al processo si è costituita parte civile, assista dall’avvocato Francesco Copponi. L’infermiere è difeso dagli avvocati Tiziano Luzi e Giovanni Galeota. L’Asur, chiamata in causa come responsabile civile, è anche parte civile contro l’imputato ed è tutelata dal legale Gianfranco Borgani.
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Il nome dell’imputato non viene indicato per evitare di rendere la vittima riconoscibile
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