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Tra le Marche e l’Abruzzo,
i cinque “campanili fratelli”

CASTIGNANO - Storia di una parentela architettonica: l’alto campanile di Ripaberarda può essere considerato il quinto fratello nato (più o meno direttamente) dal genio e dall’abilità tecnica del magister lombardo Antonio da Lodi
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La Torre di Ripaberarda svetta sui calanchi avvolta dalla nebbia (ph A. Mozzoni)

di Gabriele Vecchioni

Qualche settimana fa, la professoressa (e amica) Stefania Pompeo, in un lungo e interessante post su Facebook, aveva analizzato una particolare «composizione architettonica» abruzzese, quella dei cosiddetti “campanili fratelli”. L’autrice fu un’apprezzata relatrice, nell’agosto 2018, al convegno per i cinquecento anni della Torre di Ripaberarda (1518), strettamente “imparentata” con i suddetti campanili abruzzesi.

l campanile “isolato” di Santa Maria Inter Vineas, ad Ascoli Piceno. Il collegamento con la chiesa è assicurato da un passaggio sopraelevato (ph G. Vecchioni)

Questo articolo vuole fare il punto proprio su questa parentela architettonica: l’alto campanile della frazione di Castignano può essere considerato il quinto fratello poiché tutti nascono (più o meno direttamente) dal genio e dall’abilità tecnica del magister lombardo Antonio da Lodi (secc. XV-XVI). Ma andiamo con ordine.

Le torri campanarie sono un’ “invenzione” di San Paolino (sec. V, il patrono dei campanari, al quale si attribuisce l’uso liturgico delle campane), il vescovo di Nola che ha dato il nome alle cosiddette “torri nolari”, dove erano alloggiate le campane. Con l’avvento dell’architettura gotica, il termine passò a designare le torri che si ergevano dalla crociera del transetto, al centro della navata principale. A volte, i campanili erano separati dell’edificio sacro vero e proprio, come nella chiesa ascolana di Santa Maria Inter vineas. Quelli più antichi erano costruiti seguendo l’esempio ravennate, con la base circolare e l’alzato cilindrico, come a San Claudio al Chienti, nel Maceratese. Con il romanico, vennero erette torri campanarie a base quadrata, che diventeranno poligonali con la diffusione del gotico.

Nelle chiese di dimensioni modeste, il campanile, di solito, era “a vela”, con la campana sostenuta dall’arco del fornice; l’assenza della cassa di risonanza non permetteva, però, l’alloggiamento di campane di grosse dimensioni. Nelle aree interne, la scelta del campanile a vela, fin dai secc. XII e XIII, era legata anche ai frequenti terremoti (era ricostruibile più facilmente).

Fin qui la brevissima storia dell’evoluzione di campanili e torri campanarie; ma torniamo all’argomento di questo articolo.

I campanili abruzzesi della Scuola atriana (Fonte: Regione Abruzzo. Campanili abruzzesi)

Premessa, La definizione “fratelli” riferita ai campanili dei quali ci occuperemo si deve a Norberto Rozzi che, nel 1913, scrisse, a proposito dei manufatti abruzzesi attribuiti ad Antonio da Lodi e ai maestri lombardi: «[…] nella speranza di poter essere utile anch’io ai miei corregionali, mi accinsi ad illustrare quattro campanili dell’Abruzzo teramano, non solo per il loro valore artistico, ma anche per la grande somiglianza che hanno fra loro, tanto che mi è sembrato giusto chiamarli fratelli».

Qualche tempo fa, in un articolo dedicato alla Torre di Ripaberarda, campanile della scomparsa chiesa di S. Egidio (leggilo qui), il tema era stato trattato brevemente, aggiungendo ai campanili abruzzesi noti come i “quattro fratelli”, un quinto affiliato, a conferma che la nostra area, territorio di confine per secoli, è stata anche una zona di fruttuoso scambio sociale e culturale con le aree viciniori: «Molto simili, per caratteri architettonici e stilistici, sono le torri delle cattedrali di Teramo (San Berardo) e di Atri (Santa Maria Assunta) e delle più “vicine” chiese di Campli (Santa Maria in Platea) e Corropoli (Sant’Agnese). Le torri delle chiese abruzzesi citate vengono appunto definite “i quattro campanili fratelli”; quello di Ripaberarda può essere considerato il “quinto fratello”, per la somiglianza con i precedenti».

La facciata della Cattedrale di Atri e lo splendido campanile (ph G. Vecchioni)

I Maestri lombardi. Alla fine del Quattrocento, in Abruzzo erano attivi i Maestri lombardi o comacini, conosciuti come Magistri cummacini, per il fatto che lavoravano utilizzando macchine (cum machinis o macinis) per realizzare opere stilisticamente innovative in un periodo di transizione (si stava “entrando” nel Rinascimento).

Il nome più noto tra i magistri è quello di Antonio da Lodi, arrivato in Abruzzo con la famiglia e i collaboratori dopo il terribile terremoto del 1456. Questo progettista e costruttore modificò il modo di erigere i campanili, realizzando strutture snelle ed eleganti, con l’aggiunta alle torri campanarie di una caratteristica torretta cuspidata poligonale in lateri­zio. Ignazio Carlo Gavini scrisse (1927) che «al posto del tetto una terrazza e, sopra, un ultimo ordine a se­zione ottagonale e copertura piramidale, dovevano aggiungere al torrione l’aspetto slan­ciato ed elegante dei campanili nordici».

La torre campanaria del duomo di Teramo (i santi dedicatari sono S. Maria Assunta e S. Berardo, ph G. Vecchioni)

Più recentemente, Enrico Santangelo (Il Duomo di Atri, 2011) ha scritto che: «… all’immagine di purezza si aggiungerà la terminazione ottagona del campanile che costituisce un elemento del tutto estraneo alle coordinate fine-duecentesche dell’organismo chiesastico […], essendo da datare a quasi due secoli dopo: si tratta di un’invenzione che l’architetto lombardo Antonio da Lodi andava diffondendo con successo in Abruzzo – e specie nel Teramano – sulla fine del Quattrocento».

Altro merito del Maestro fu quello di inserire elementi colorati nell’architettura, mediante l’uso di decorativi bacini ceramici (taz­ze di maiolica invetriata).

La forma dei campanili e il modus operandi dei maestri lombardi furono imitati dalle mae­stranze locali; nacque così la “Scuola atriana” (attributo che deriva dallo splendido campanile della cattedrale di Atri, il più imponente di tutti) che fruttò diverse opere, tra le quali i campanili di Santa Maria in Piano, a Loreto Aprutino (dov’è il magnifico Giudizio Universale, legato alle visioni del monaco cassinate Alberico da Settefrati), e di San Giustino, la chiesa cattedrale di Chieti.

Il campanile di Atri della chiesa dedicata a Santa Maria Assunta (secc. XII-inizio XIV) può essere considerato il prototipo di queste costruzioni. Alla fine del sec. XX l’intero edificio della cattedrale, il campanile e il chiostro hanno subìto lavori di consolidamento.

La torretta del campanile della chiesa di Sant’Agnese a Corropoli (ph G. Vecchioni)

Il campanile – il più alto della regione – è alto ben 57 metri, con magnifiche decorazioni sul prisma sommitale ottagonale (sec. XV) e un concerto di sette campane. Il fusto della costruzione, in pietra locale, ha base quadrata ed è diviso in quattro ordini, l’ultimo dei quali contiene la cella campanaria. I quattro pinnacoli, sopra la cornice che corona il fusto, sono il prolungamento delle sottostanti lesène angolari. La decorazione è costituita dalle già menzionate “scodelline invetriate”, che si ritrovano anche negli altri monumenti.

Il campanile di Teramo è inserito nel corpo della cattedrale di Santa Maria Assunta, nel punto in cui la parte romanica (voluta dal vescovo Guido II, sec. XII) si unisce con quella gotica (vescovo Niccolò degli Arcioni, sec. XIV). Il completamento del campanile risale alla seconda metà del sec. XV, probabilmente su progetto di Antonio da Lodi (1493).

Il campanile di Loreto Aprutino, simile a quelli descritti. A destra, particolare della cuspide sommitale (ph C. Perugini)

La torre, alta 48 metri (50 metri con gli annessi – sfera, banderuola e croce), composta da sei blocchi sovrapposti di epoche diverse, separati da cornici marcapiano; per aumentare la stabilità statica, la base della costruzione non ha aperture. Le celle campanarie sono ospitate negli ultimi due elementi e contengono un concerto di sette campane. Sopra la cella campanaria, la terrazza di copertura ha torrette decorate ai quattro angoli e, al centro, un prisma ottagonale cuspidato, con bifore e oculi decorati con tazze policrome di maiolica.

La torre campanaria di Campli della chiesa di Santa Maria in Platea risale al 1395, coeva all’e­dificio religioso, nato come Collegiata (chiesa con un collegio, o capitolo di canonici).
L’altezza del campanile è di circa 42 metri e l’ultimo corpo di fabbrica, ottagonale, fu aggiunto alla fine del Quattrocento, su disegno del Maestro Antonio da Lodi. La piramide sommitale, colpita e abbattuta da un fulmine nel 1780, fu ripristinata solo nel 1893. La torre quadrangolare, laterale e allineata al prospetto, è divisa in tre ordini, sopra i quali si eleva il prisma ottagonale in mattoni con otto bifore sormontate da occhialoni bordati da cornici e decorati da scodelle in terracotta smaltata di vari colori.

Il campanile di Ripaberarda. A sinistra, prima del terremoto; a destra, dopo (ph sinistra G. Vecchioni; ph destra A. Mozzoni)

Il campanile di Sant’Agnese, a Corropoli. La torre campanaria della chiesa è posteriore rispetto alle altre (è della fine del sec. XV), ma è riconducibile anch’essa alla scuola del Maestro Antonio da Lodi. Il campanile è più basso degli altri (circa 40 metri di altezza) e ha decorazioni diverse. Larghe lesene segnano verticalmente i tre ordini della torre, fino alla cella campanaria; sul secondo ordine è sistemato l’orologio. La costruzione termina con il “solito” prisma a base ottagonale, delimitato da torrini laterali.

Il campanile di Ripaberarda. Al centro dell’incasato storico del paese, si innalza il bellissimo campa­nile della chiesa di Sant’Egidio, franata insieme all’edificio conventuale nel sec. XVI, per l’erosione del fosso sotto­stante. Il disegno del magnifico manufatto è, probabilmente, di Antonio da Lodi che intervenne su una torre di massimo avvistamento (una delle turris speculatrix “riciclate” come torri campanarie) alta circa 50 metri, misura oggetti­vamente eccessiva per il campanile di una chiesa. La costruzione aveva, in o­rigine, finalità di controllo del territorio e la struttura “chiusa” (senza aperture), tipica delle torri difensive.

La svettante sagoma del campanile di Ripaberarda (ph G. Vecchioni)

La costruzione del campanile iniziò nel 1518 e continuò fino al 1541; fu interrotta e riprese in via definitiva dopo circa vent’anni (nel 1549 era in costru­zione il tamburo cuspidato). La punta culminava con una sfera di bronzo sormontata da una croce, simbolo dell’universalità della religione cristiana.

La Torre è stata gravemente danneggiata dal terremoto del 2016 e dalle scosse successive. Dopo la “messa in sicurezza”, è in progetto il suo ripristino; la struttura stessa del manu­fatto e l’insta­bilità del terreno su cui poggia hanno già costretto a continui, de­licati interventi di consolidamento e restauro.

Conclusioni. Lo scopo dell’articolo era quello di mettere in evidenza le somiglianze di questi tesori artistici del nostro territorio e di quello vicino; sono facilmente raggiungibili e meritevoli di un breve tour, dopo essersi informati sull’agibilità delle strutture che li ospitano. Conoscere e apprezzare queste architetture può aiutare il rafforzamento di una coscienza civile sensibile alla tutela e alla conservazione della bellezza.

Nelle foto (scattate prima del terremoto del 2016-17) è possibile apprezzare l’eleganza della struttura; a destra, particolare della splendida parte apicale della torre, decorata con scodelle smaltate di maiolica di colore azzurro (ph G. Vecchioni)

Il manifesto del Convegno ricordato all’inizio dell’articolo

 


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