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Il primo scontro

SECONDA puntata della rubrica di Cronache Picene "Ascoli e Sambenedettese, un secolo di rivalità". Storie di sport, ma non solo
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Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto. Oltre alla rivalità sportiva, talvolta becera, c’è di più. Ci sono realtà figlie di passati gloriosi, che ai due centri hanno conferito prestigio. Ci sono state persone, popoli, storie e culture diverse, di pari dignità, separate solo da una manciata di chilometri, da conoscere, raccontare e tramandare. Accomunate, tutte, da un “eroismo” straordinario, che nessun astio, fazioso e municipalistico, può e deve cancellare. Di cui andare, tutti insieme, indistintamente, orgogliosi. L’amore cieco e sordo per il proprio campanile, il fanatismo che, in ogni campo, tutto avvelena, rischiano di farci ignorare, sia sotto il Torrione che in Piazza del Popolo, il meglio che, su entrambe le sponde, nei più diversi campi, con valore, sacrificio e abnegazione, durante lo scorrere degli ultimi secoli le nostre genti sono riuscite a costruire. A puntate, su Cronache Picene, racconteremo senza presunzione la Storia dei due centri. Sportiva e non. Scritta dai grandi personaggi del passato, soprattutto quelli meno celebri, da tramandare ai più giovani, e ai posteri, spesso ignari. Attraverso le glorie e le infamie, i fasti e le tragedie. Le pagine più esaltanti e i giorni più neri. Senza partigianerie e autoincensamenti di sorta. Senza sconti, che la Storia non può concedere a nessuno. Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto. Non più cugine invidiose e malevoli. Ma sorelle unite. E regine, entrambe, del Piceno e delle Marche. Non solo sui campi di calcio.

 

PUNTATA n. 2

Dopo la caduta dell’Impero Romano, nel 476 d.C., anche Asculum, centro di primaria importanza, subisce le invasioni barbariche. Dei Goti prima, cacciati da una insurrezione popolare nel 554, e dei Longobardi poi. Nel 578 la città cade per la seconda volta nella sua storia, espugnata stavolta dalle truppe del duca Longobardo Faroaldo, che si accaniscono con ferocia sulla popolazione vinta.

Cecco d’Ascoli

Duecento anni dopo Carlo Magno, che potrebbe aver sostato da queste parti sulla via di Roma nell’800, dà il via all’epoca dei Vescovi-Conti al cui potere, religioso e laico, Esculo sarà sottoposta fino al 1183. Al 998 risalgono invece, come detto, le prime tracce storiche riferite alla esistenza di Plebs Sancti Benedicti in Albula, ma fin dai primi decenni dell’anno 1000, sono molto più citati, negli antichi scritti, ed importanti per la loro posizione strategica, due altri siti. Sono gli agglomerati di Monte Cretaccio, fortificazione a ridosso della foce del Tronto, e di Sculcula, che sorgeva su un altura all’altezza della futura dogana pontificia. Fonti fermane parlano comunque dell’approdo di San Benedetto in Albula già nel 1065, mentre l’importanza di Castrum Sancti Benedicti, come punto di attracco per le navi, è ampliamente documentata nel 1291. Sarà uno dei castelli del Piceno, insieme a quelli di Grottammare e Acquaviva, anch’essi ricadenti sotto il dominio fermano, oggetto, per tre secoli, delle contese e guerre continue fra Ascoli e Fermo.

Nel 1183 Esculo si proclama libero comune, ed inizia a riempirsi di palazzi monumentali, torri gentilizie e campanarie, chiese e piazze. Ricchezze artistiche che rimarranno per sempre a testimoniare del suo passato glorioso, e le consentiranno in epoche moderne di diventare una delle città più ammirate e visitate d’Italia. La storia, senz’altro più gloriosa fin dalla notte dei tempi, e le sue tante bellezze architettoniche, sono state le ricchezze, anche se troppo a lungo semi sconosciute e non adeguatamente valorizzate, di questo futuro capoluogo di provincia che più provincia non si può. Tagliato fuori, infatti, dalle grandi vie di comunicazione, sia stradali che ferroviarie, chiuso in se stesso, ha finito per riflettere anche sulla mentalità della sua popolazione queste caratteristiche di scarsa apertura.

La chiesa di San Benedetto Martire

Nel 1200 sorge il nucleo originario del Palazzo dei Capitani del Popolo, ampliato sontuosamente poi nei secoli successivi, e della chiesa di San Francesco, nata sull’onda emozionale del passaggio del poverello di Assisi in città nel 1215, e poi completata, fra stile romanico e gotico, nei secoli successivi. Al paese alto di San Benedetto invece, intorno al 1000, si erige quella che risulterà essere la chiesa più antica della città, quella intitolata, appunto, a San Benedetto Martire. Nell’estate del 1242 Esculo cade ancora, dopo un lungo assedio, espugnata da Federico II°, che la sfregia facendo distruggere diverse decine delle sue superbe torri gentilizie, e ripristinandovi il potere ghibellino. Le nostre umili ed essenziali divagazioni storiche sulle origini di

Il ponte di Cecco

Ascoli e San Benedetto del Tronto, che introducono alla narrazione delle rispettive gesta sportive che verranno in epoche successive, ci hanno portato all’anno che registra il primo… “derby” fra le due città. E’ il 1280. Nel quadro
della secolare inimicizia fra Ascoli e Fermo, costellata, come detto, di guerre continue per la supremazia nel sud delle Marche, si registra, appunto, il primo storico… “attrito” fra Ascoli e San Benedetto. Dalla città delle cento torri, che
mira ad uno sbocco verso il mare, magari anche ad avere un proprio porto, si muove bellicosamente verso la costa. Cerca lo scontro vero e proprio portando l’assedio sotto le mura del castello di Castrum Sancti Benedicti.

In questa offensiva, che poi altro non è che un affronto al dominatore fermano, Ascoli può contare sull’alleanza di due validi alleati: sono Ripatransone e la ritrovata Acquaviva. La capitolazione del Torrione è evitata solo grazie ai rinforzi prontamente inviati da Fermo, che inducono ad una precipitosa ritirata gli assalitori. Nella lotta infinita di Ascoli (guelfa) contro Fermo (ghibellina), che poi era il contrasto fra Papato e Impero, di cui le due città approfittavano per ricavarne, sia sull’uno che sull’altro fronte, senza troppi scrupoli, privilegi e convenienze, arrivava, nel 1323, a dare manforte alla prima anche un Papa. Giovanni XXII autorizzava infatti la nascita del Porto di Ascoli fra il Tronto e il Ragnola, per premiare, stavolta, la fedeltà di Ascoli.

Il Palazzo dei Capitani e la chiesa di San Francesco

Progetto destinato a rimanere, per più motivi, solo sulla carta. Nonostante questo, quando, nel 1357, il cardinale De Albornoz cataloga le città della Marca sottomesse al potere temporale della Chiesa, nel lungo elenco, fra le tante altre, Ascoli, compare fra le majores, Ripatransone e Offida fra le mediocres, Cossignano fra le minores. San Benedetto, ancora piccola e povera, neanche figura in quella classifica, alla pari di Grottammare, pure tre volte più grande di lei all’epoca. Il XIV secolo vedrà anche bruciati sul rogo, con l’accusa di eresia, due ascolani famosi.

Francesco Stabili, meglio conosciuto come Cecco d’Ascoli, insegnò in tante università italiane attirandosi presto le attenzioni della Santa Inquisizione. Astrologo e alchimista, filosofo e astronomo, poeta ed insegnante, venne bruciato vivo a Firenze il 16 settembre 1327, urlando ancora, fra le fiamme del rogo, il suo celebre motto: “L’ho detto, l’ho insegnato, lo credo”. Stessa sorte toccò, diciotto anni dopo, a Domenico Savi più conosciuto come Meco del Sacco o Meco d’Ascoli. Mistico e predicatore, più volte processato e prosciolto per eresia venne infine giustiziato, per quest’accusa, anche lui, ad Avignone, nel 1345.

(continua)

Antica carta nautica con indicazione del porto di San Benedetto


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