Tuona il Circolo dei Sambenedettesi: «Giù le mani dal vecchio Palazzo Comunale»

SAN BENEDETTO - Dopo aver appreso dell'accordo tra Amministrazione e Agenzia delle Dogante, che quest'ultima utilizzerebbe ad uso uffici, ecco l'appello al sindaco Spazzafumo perché riveda il progetto e lo restituisca alla vita culturale e sociale della città
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Il Circolo dei Sambenedettesi, dopo aver appreso che il palazzo del Vecchio Comune è stato oggetto di un accordo tra Amministrazione comunale e Agenzia delle Dogane, per una sua assegnazione all’Agenzia ad uso uffici, in cambio di lavori di ristrutturazione con la sola eccezione degli esigui spazi del piano terra (la cui destinazione non è stata chiarita), esprime sconcerto e incredulità.

«E’ una decisione che ha privato la città di un qualunque livello di partecipazione ad una scelta di rilievo pubblico di assoluta importanza – scrive in una nota il Circolo dei Sambenedettesi – non basta dire che questa destinazione impropria di uno dei pochi palazzi storici della nostra città era stata avviata dalla precedente amministrazione, poiché la nuova giunta, prima di prendere una decisione così impegnativa, avrebbe dovuto aprire una fase diversa di discussione pubblica sulle grandi scelte, come spesso aveva prefigurato nella sua campagna elettorale e programmaticamente annunciato alla città.

Il Palazzo del marchese Raffaele Guidi costruito a partire dal 1812 e subito considerato, nella contrada Sant’Antonio, proprio di fronte alla antica chiesa della Marina del 1615, uno dei più significativi segni urbani del borgo nuovo con la sua imponenza in quella che poi divenne la Piazza del Mercato lungo il Corso principale, oggi Statale 16, costituisce un condensato di storia cittadina che con leggerezza viene consegnato ad una funzione del tutta avulsa dalla sua emblematica centralità, assunta già nel gennaio del 1862, all’indomani della Unità d’Italia, quando il Palazzo fu affittato come nuova sede comunale.

Già nel 1886 Gino Moretti pose la questione di trasformare un affitto troppo oneroso nell’acquisto della sede (il contrario di quello che l’evoluta città moderna fa oggi) e dopo un dibattito sulla convenienza dell’acquisto, il palazzo diventò di proprietà pubblica per una spesa allora molto significativa di 40.000 lire. La città con grande sacrificio si dava una sede comunale definitiva di sua proprietà con un forte indebitamento che comunque eliminava spese gravose di affitto.

Non vogliamo qui ricostruire come la storia di un secolo sia passata dentro a questo palazzo, la vita politica e quella sociale, lo sviluppo e la trasformazione del Novecento, la guerra che distrusse in parte il Palazzo, le vicende più diverse fino al trasferimento in Viale De Gasperi.

Oggi si nega tutto questo con la scelta fatta che non restituisce al Palazzo e alle sue lapidi il significato storico che hanno per la città, la sua funzione pubblica e una destinazione culturale più adeguata per rammentare alla comunità sambenedettese la sua importanza storica. Nel caso che questa decisione nasca da una ricerca di finanziamenti ci si chiede se non ci fossero altre fonti in un momento di forte iniziativa nazionale per il Pnrr di cui centri vicini, a cominciare dal capoluogo, hanno approfittato per recuperi e interventi sul patrimonio pubblico.

Facciamo un sentito appello al Sindaco perché si riveda il progetto e si restituisca alla città, alla sua vita culturale e sociale, il Vecchio Comune che ha accompagnato la storia cittadina dall’età napoleonica, ignaro di dover diventare una sede doganale che nulla ha a che fare con la sua lunga vicenda di cuore pulsante della comunità sambenedettese».


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