Lettera aperta di Aloisa Merciai, iscritta al Partito Democratico di Ascoli: «Ricordo ancora la mia prima tessera. Era motivo di orgoglio. Mi sentivo parte integrante di un partito e delle sue battaglie sociali che condividevo con lo slancio e la passione degli anni giovanili.
Ricordo ancora i dibattiti e i confronti, a volte anche duri, con i compagni della sezione. Ma ricordo anche l’unità di intenti, la difesa di quella classe operaia e del lavoro che era poi la ragione d’essere dello stesso partito.
Aloisa Merciai
E fu eurocomunismo. Piazza San Giovanni, migliaia di bandiere rosse. Il partito cambiava, ma cambiava sempre a sostegno delle classi più indifese.
Poi la caduta del muro e la Bolognina. Ricordo ancora gli occhi gonfi di lacrime per quel passaggio storico.
Il cambio del nome e poi ancora un altro nome e poi ancora. E con i cambi di nome anche i cambi di pelle. Di quel partito di sinistra nel quale avevo militato ora restava poco.
La fusione a freddo con gli amici della “Margherita” aveva aperto ampi spazi di dibattito e nuove dimensioni sociali. Alla classe operaia si aggiunsero i ceti medi, la borghesia. Una nuova dimensione sociale. E poteva starci. C’era. Il mondo era cambiato. Cambiava sempre di più.
La politica cambiava. Era cambiata. Ed era cambiato anche il partito. La tessera cominciava a perdere di significato. Avevamo importato anche il mal vezzo dei signori delle tessere, i potentati e poi le “gazebate”.
Ai dibattiti politici, alle analisi dei perché e percome abbiamo cominciato a ragionare in termini di potere interno, a gestire il presente, dimenticando il passato di ognuno e di tutti e, “chi dimentica il passato non ha futuro” (cit. Papa Francesco). Il dibattito è questione di numeri.
Un malessere sempre più diffuso ha cominciato a serpeggiare nelle nostre file e forse dovremmo anche chiederci perché due segretari nazionali ci abbiano lasciato per formare nuovi raggruppamenti e da ultimo un segretario si sia dimesso con parole durissime. E chiederci infine chi siamo diventati.
Chiederci se la parola Pace sia solo una bandiera o un modo di essere. E’ proprio su questa parola che si sta determinando uno strappo lacerante tra gli iscritti. Non credo che le armi siano la soluzione per la pace, perché: “Non esistono problemi che non possano essere risolti intorno ad un tavolo, purché ci sia buona volontà e fiducia reciproca: o anche paura reciproca” (Primo Levi).
L’opzione nucleare è sul tavolo. E la paura di una catastrofe mondiale ci obbliga a percorrere un’unica strada, quella del negoziato e della diplomazia. E, nel richiamare le parole del segretario Letta, ridiamo centralità al sentire di tanti iscritti e militanti che dicono no all’invio di armi in Ucraina e si riconoscono nelle parole di Papa Francesco.
E allora, sono certa che ci sarà ancora quello slancio ideale che mosse i tanti giovani della mia generazione ad impegnarsi nel sociale. Il Partito Democratico sarà la forza politica capace di essere baricentro di un campo largo, inclusivo di tutte le forze anti-fasciste e progressiste nel Paese».
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