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Il verde urbano: la difficile vita degli alberi di città

ASCOLI - Parlare dell'argomento tra le cento torri è sempre disagevole: difendere un’area pubblica o semplicemente criticare una potatura è a volte fonte di imbarazzo. Basta seguire le pagine social dove in molti associano (confuse) convinzioni politiche a improvvisate competenze botaniche. Spesso, consideriamo gli alberi solo d’estate, per la loro ombra, o per il ruolo estetico perché “colorano” il grigio del cemento cittadino; essi sono, però, un elemento fondamentale per l’am­biente urbano
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Nella foto aerea è riconoscibile l’area sopraelevata dove sorge la città, stretta tra i corsi incassati deli del Tronto e del Castellano (ph D. Galiè)

 

di Gabriele Vecchioni

(ove non specificato, le foto sono dell’autore)

 

Il 2020 era stato proclamato “Anno internazionale della salute delle piante”; per le vicende legate alla pandemia e le norme restrittive attuate non è stata data la giusta rilevanza all’argomento, un po’ specialistico ma importante per la comunità. Vediamo di “riparare” con qualche informazione sugli alberi cittadini, simbolo certo di resilienza, costretti come sono a vivere una vita difficile: devono sopportare, oltre all’inquinamento, mutilazioni delle radici e potature che sono vere e proprie torture (come le capitozzature, vietate da una legge nazionale ma ancora praticate con il beneplacito di molte amministrazioni cittadine, quasi che il taglio servisse a “far legna”).

L’ingresso monumentale delle Fortezza Pia, sul Colle Pelasgico. Gli alberi risalgono agli anni ’20 del Novecento

Il fenomeno della crescente urbanizzazione della popolazione appare difficilmente arrestabile perché legato a migliori opportunità di lavoro e facilità di vita: uno studio recente della FAO ha stimato che più della metà della popolazione mondiale vive in ambiente urbano e che entro il 2050 – tra meno di trent’anni! – il numero aumenterà fin quasi al 70% («In Italia, una persona su tre vive in una città molto urbanizzata, una persona su quattro in campagna e gli altri in Comuni che sono una via di mezzo», La Stampa, 2018). L’espansione dei centri urbani è avvenuta, però, quasi sempre senza una reale pianificazione del territorio: la pressio­ne an­tropica ha effetti deletèri sul paesaggio e sulle aree verdi; le ripercussioni sull’am­biente sono amplificate dai cambiamenti climatici che provocano un au­mento dell’inquinamento, una minore disponibilità di risorse e una maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi. Non è il caso di città medio-piccole come Ascoli Pi­ceno ma è importante conoscere i fatti, per avere un’i­dea chiara dell’assunto.

Prima di andare avanti, una piccola digressione per un sassolino nella scarpa. Parlare di verde pubblico ad Ascoli è sempre disagevole: difendere un’area pubblica o semplicemente criticare una potatura è a volte fonte di imbarazzo: basta seguire un po’ le pagine social dove molti, associando (confuse) convinzioni politiche a improvvisate competenze botaniche accusano il critico di essere “contro Ascoli”. Ma torniamo ai “nostri” alberi.

È opportuno ricordare la rilevanza di questi elementi dell’ecosistema che con­tribui­­scono in maniera primaria, soprattutto nelle città, all’ottimizzazione delle caratteristiche dell’aria, contrastando l’inquinamento e migliorando la qualità della vita.

Spesso, consideriamo gli alberi solo d’estate, per la loro ombra, o per il ruolo estetico perché “colorano” il grigio del cemento cittadino; essi sono, però, un elemento fondamentale per l’am­biente urbano, rendendo le città più vivibili. Vediamo come.

Il giardino cinquecentesco di Palazzo Roverella (giardini vescovili, ph. FAI)

Gli alberi migliorano la qualità dell’ambiente. Gli alberi assorbono grandi quantità di anidride carbonica (i più grandi possono arrivare a 150 kg all’anno; «20 alberi possono compensare le emis­sioni di un’auto, fornendo, inoltre, l’ossigeno necessario a 200 persone, Legambiente») e “bloccano” anche altri conta­minanti, come le pericolose polveri sottili, l’anidride solforosa e gli ossidi di azoto; la corteccia dei tronchi e le foglie catturano dall’aria polvere e particelle di fumo.

Le piante hanno, poi, funzioni termoregolatrici: la posizione strategica degli alberi nelle città può facilitare il raffreddamento dell’aria (di 2-8° C), riducendo l’effetto UHI (urban heat island, isola di calore urbana), dovuto all’accumulo di calore per la massa di cemento e di altri materiali che assorbono calore. Una buona disposi­zione degli alberi intorno agli edifici riduce la necessità di condiziona­mento dell’aria: d’inverno hanno una funzione protettiva e contribuiscono alla riduzione delle spese per il riscaldamento.

Un altro aspetto positivo della presenza degli alberi è legato all’attenuazione dei rumori molesti, cioè alla diminuzione dell’in­quina­mento acustico, grazie alla loro capacità scher­mante e fonoassorbente.

A monte della città, gli alberi regolano il flusso dell’acqua, svolgendo un ruolo-chiave nella prevenzione delle inondazioni e nella riduzione dei disastri da erosione ad essa legati. Un albero maturo può arrivare a intercettare, con le foglie, più di 15.000 litri (circa 15 tonnellate!) di acqua all’anno, riducendo i tempi di corrivazione (scorrimento).

Viale De Gasperi (il Jolly per gli ascolani) si affaccia direttamente sul corso del Castellano

Ancora, gli alberi aumentano la biodiversità urbana: la loro presenza fornisce agli animali habitat, cibo e protezione, favorendo la loro stanzialità.

Ultima, importante funzione, è quella culturale, evidente in città storiche come Ascoli. Già negli anni ’70 del secolo scorso, l’ecologo Valerio Giacomini avvertiva che la scelta degli alberi “cittadini” e la loro cura hanno un significato culturale, cioè formativo. La presenza di alberi fa aumentare il valore attrattivo della città; la città trae vantaggio dalla presenza di aree verdi, soprattutto se ben curate: il paesaggio urbano diventa sicuramente più attraente di una massa anonima di palazzi condominiali e muri di cemento.

I giardini della città. Nel nostro caso, Ascoli – città notoriamente “calda” – è circondata da aree rela­tivamente poco urbanizzate e presenta, all’interno del ca­sco urbano, oltre alla flora arborea ripariale delle due strette valli del Tronto e del Castellano, diverse aree verdi, tra le quali il Parco del­l’Annunziata e, in pieno cen­tro, i co­siddetti Giardini.

Il Parco della Rimembranza, meglio conosciuto come L’Annunziata, progettato per onorare la memoria dei caduti della Grande Guerra (1915-18), fu inaugurato nel 1925 (quasi un secolo fa). I Giardini pubblici, aperti al pubblico nel 1873 (da circa 150 anni), furono arricchiti con la realizzazione di un elegante chalet, su progetto dell’ingegner Giulio Gabrielli, allora direttore della Biblioteca comunale. La costruzione fu abbattuta nel 1961, per far posto alla statua di Vittorio Emanuele II, rimossa da Piazza Arringo, dove era collocata davanti al Palazzo comunale.

Il parco giochi di Piazza Immacolata, ombreggiato delle folte chiome dei lecci

Una città con infrastrutture verdi pianificate e ben gestite diventa più resiliente (termine “di moda” ma, in questo caso, appropriato) e sostenibile: gli alberi possono dare vantaggi ben supe­riori alle spese necessarie per la piantagione e il loro mantenimento («I benefici forniti dagli alberi sono noti e scientificamente provati ed essi sono largamente superiori ai rischi connessi alla loro presenza, F. Ferrini, 2020»). A proposito di quest’ultimo aspetto, la manutenzione del verde urbano è un aspetto imprescindibile del ragionamento, tenendo conto che il patrimonio arboreo cittadino (di Ascoli ma anche di altre città) è costituito da piante messe a dimora per lo più nei primi decenni del Novecento, in epoca fascista o post-bellica (anni ’50-60); in alcuni casi, in epoche antecedenti.

Conclusioni. Oltre ai benefici già esposti, gli “alberi di città” hanno una funzione sociale perché aiutano dal punto di vista psicologico, preparando la mente alla vi­sione dei paesaggi naturali: «Le persone soggiornano più volentieri nei luoghi dove [gli alberi, NdA] sono presenti, con conseguenze positive sulle capacità cognitive e sullo stress (Stefano Mancuso)».

Perché tutto ciò avvenga, è necessario che gli alberi siano curati, secondo standard raramente soddisfatti: spesso ci si dimentica che sono esseri viventi che, crescendo, hanno bisogno di spazio: nel momento della proget­tazione di aree urbane si deve considerare questo “difetto” tipico, peraltro, dei viventi. Certo, se un ramo di un albero si spezza (e cade) in campagna o in un bosco, non ci sono conseguenze; se la caduta avviene in città, si possono avere danni a cose e persone (ai bordi delle strade di città è opportuno, pertanto, impiantare alberi dal portamento fastigiato – a chioma compatta – più facilmente gestibili). Senza nessuna progettazione e manutenzione del verde i risultati sono quelli che in città siamo abituati a vedere: sollevamento del manto stradale e rottura dei cordoli per opera delle radici superficiali, caduta indesiderata di rami e di foglie, schianto di tronchi per vento e neve, con danni a persone, edifici e automobili.

Nella foto d’epoca, le scale d’accesso ai Giardini pubblici (ph Comune Ascoli P.)

Riguardo a questi aspetti negativi, Sabrina Diamanti, presidente del Conaf (Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali) ha scritto (2018) che «Gli alberi in città cadono spesso in seguito ad eventi atmosferici estremi, ma l’elemento che determina la caduta è lo stato fitosanitario in cui versano le piante continuamente mutilate sia nell’ap­parato radicale, che viene ridotto o danneggiato a causa dei lavori effettuati per opere in­frastrutturali, sia nella chioma, sottoposta ad errate e talvolta inutili pratiche di conte­ni­mento spesso culminanti nella capitozzatura».

Il saggista Ippolito Pizzetti ha scritto (1977) che «Il mutilare un albero solo perché è provvisto di una vitalità straordinaria è altrettanto stupido e crudele quanto il divertirsi a strappare la coda ad una lucertola perché la natura le ha dato la facoltà di riformarla… scambiare lo scoppio rabbioso di vitalità di un albero, che viene ridotto quasi ogni anno ad un informe moncone, per un segno di salute, dimostra una madornale ignoranza dei processi di natura, una ottusità completa verso i suoi ritmi, e una cecità totale per le sue forme che può avere soltanto chi abbia accettato la degradante disciplina della produzione e del consumo a regola di vita… la forbice va usata come uno strumento chirurgico e non come una baionetta d’assalto!

La potatura degli alberi ornamentali (e quelli di città lo sono) consiste nel diradamento della chioma, cioè nell’eliminazione dei rami superflui, senza modificarne il volume e la forma. Invece, siamo abituati a vedere, oltre alle capitozzature, anche altri orrori come la cimatura (l’asportazione dell’apice vegetativo della pianta) delle conifere, inutili crudeltà verso questi esseri viventi.

La conoscenza della fisiologia degli alberi e la loro cura sono fondamentali se vogliamo beneficiare dell’aiuto che ci offrono per migliorare la qualità della nostra vita, perché proprio di questo si tratta. Il mantenimento del patrimonio arboreo non è solo un problema tecnico – di ingegneria botanica – ma è un argomento che deve coinvolgere la popolazione tutta, soprattutto per i centri più “sensibili” per il loro carattere storico-artistico, come la città di Ascoli.

Ben distinguibili i “corridoi verdi” costituiti dalla flora ripariale dei fiumi di Ascoli: in basso, il Castellano, al centro, il corso del Tronto e in alto a destra, lo stretto alveo del Chiaro (ph D. Galiè)

L’area dei Giardini pubblici (in primo piano un magnifico esemplare di Magnolia grandiflora) si affaccia su Corso Vittorio Emanuele

Il Re in giardino. La statua di Re Vittorio Emanuele II fu trasferita si Giardini pubblici nel 1960

Un Gingko biloba di recente impianto trattato con poca attenzione: notare le profonde ferite al troco causate da un errato uso di un decespugliatore meccanico (ph C. Di Lorenzo)

Lo splendido abito autunnale del Gingko biloba, ancora ai Giardini pubblici ascolani

Lo chalet di Giulio Gabrielli (spiegazione nel testo, ph Comune Ascoli P.)


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