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Sisma e pandemia, il Piceno esempio di “buone pratiche”, applicabili a eventi emergenziali futuri

L'ARGOMENTO è stato al centro della giornata di studio tenutasi a Piediripa di Macerata, che l’Asur ha dedicato alla presentazione del lavoro di ricerca elaborato in collaborazione con l’Università “Carlo Bo” di Urbino 
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Un lavoro, nato con l’obiettivo di osservare la capacità di coordinamento dei servizi sanitari essenziali nella fase di emergenza ed il livello di integrazione nella loro gestione: il Piceno da esempio nelle Marche.

 

“Mutamenti nell’erogazione dei servizi socio-sanitari in alcuni territori colpiti dal sisma del 2016” è stato questo il titolo della giornata di studio tenutasi a Piediripa di Macerata, che l’Asur ha dedicato alla presentazione del lavoro di ricerca elaborato in collaborazione con l’Università “Carlo Bo” di Urbino, a cura della professoressa Sabrina Moretti, con la partecipazione del direttore generale Asur Nadia Storti, dei direttori di Area Vasta 3 e 5 Daniela Corsi e Massimo Esposito.

 

L’attenzione è stata rivolta all’erogazione dei servizi socio-sanitari nel territorio ascolano, colpito dal sisma del 2016, analizzando le reti sociali che si sono sviluppate nella fase emergenziale e la loro permanenza nel tempo.

 

L’obiettivo generale del progetto è stato quello di osservare l’offerta coordinata dei servizi sanitari e  assistenziali, che hanno coinvolto diversi soggetti distribuiti sul territorio in modo da individuare il livello di integrazione intra e inter-organizzativo.

L’ipotesi di partenza è stata che, nelle situazioni di emergenza come quella immediatamente successiva ad un sisma, si sviluppi un coordinamento tra i vari erogatori dei servizi socio-sanitari che riesca a rispondere al meglio alle esigenze dell’utenza, ma che poi, terminata l’emergenza, si ritorni alla configurazione originaria che non è più in grado di rispondere alle nuove esigenze in una realtà mutata.

 

Per procedere alla verifica dell’ipotesi si è deciso di considerare l’erogazione di servizi psichiatrici poiché tale ambito richiede spesso l’integrazione di servizi multipli erogabili da diversi soggetti ed a più livelli.

«Il progetto – ha detto Nadia Storti – è servito ad individuare delle “best practice” dalle esperienze maturate, buone pratiche che saranno utili nel mantenere un buon livello di integrazione, applicabile anche ad altri ambiti, in caso di eventi emergenziali futuri».

 

Ai lavori ha partecipato anche l’assessore alla Sanità Filippo Saltamartini, che ha sottolineato come «il sisma non sia stata la sola emergenza con la quale ci si è confrontati.

Quattro anni dopo c’è stato il Covid e tutto questo dimostra come il sistema sanitario è stato pronto a rispondere alle emergenze. Ma per fare questo viene richiesta massima flessibilità.

Le patologie psichiatriche – ha proseguito Saltamartini – sono aumentate esponenzialmente a causa della pandemia e meritano una particolare attenzione. In campo, dunque, non deve scendere solo la sanità, ma serve una sinergia con il sociale ed il volontariato per la presa in carico del paziente e spesso anche della sua famiglia.

Io ero sindaco durante il sisma – ha concluso – e nel pieno dell’emergenza Covid ho avuto la responsabilità politica da assessore alla sanità e devo ringraziare tutti gli operatori sanitari che hanno dato il loro contributo fattivo perché senza di loro la gestione sarebbe stata ben più lesiva».


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