L’arrivo dell’eliambulanza alla piazzola di Borgo, nell’estremo tentativo di salvare la vita ad Adrian Petroiu
di Andrea Ferretti
La ditta per la quale lavorava Adrian Petroiu, il 32enne di Poggio Bustone (Rieti) morto a Colle di Arquata è una delle tante a cui sono stati appaltati i lavori della ricostruzione. Si occupano di smaltimento detriti, ricostruzioni vere e proprie, messe in sicurezza. Come in questo caso, anche la messa in sicurezza delle strade di una zona dove è elevato il rischio che detriti e massi si stacchino dai costoni rocciosi finendo sulla strada causando incidenti e tragedie e, nella migliore delle ipotesi, grossi disagi.
Un lavoro, quello dell’installazione delle grandi reti metalliche sostenute da tiranti e pali di ferro che, in particolare nella zona di Arquata del Tronto, va avanti da sempre. Interventi che venivano eseguiti molto prima del 24 agosto 2016. Lavori di messa in sicurezza, per evitare tragedie, che però le tragedie se le portano dietro.
Quello di Adrian non è stata la prima e purtroppo non sarà l’ultima. Al di là del crudele destino e della sfortuna che sono perennemente in agguato, urgono controlli meticolosi e costanti sulla sicurezza nei posti di lavoro. Quei controlli di cui in tanti, troppi, si riempiono la bocca.
Un argomento sul quale sono stati e saranno organizzati ancora tanti incontri, seminari, convegni e “tavoli”, come molti amano oggi definire un normale confronto. Aggiungiamoci che sull’argomento non mancano leggi, regole, norme e protocolli. Ma poi accade quello che è successo a Colle di Arquata, e tutto il resto finisce nel bidone dei rifiuti.
Adrian mercoledì mattina si è alzato all’alba per recarsi al lavoro, ha salutato la moglie e i due figli, che non rivedrà più. La triste realtà è questa: non ce ne sono altre. Fa davvero male pensare che lunedì mattina, solamente quarantott’ore prima della tragedia di Arquata, c’era stata l’ennesima manifestazione dei sindacati, che quando si parla di sicurezza sui posti di lavoro riescono a remare tutti dalla stessa parte. Il loro, però, resta purtroppo un intento, perché i controlli devono essere effettuati in maniera meticolosa e continua.
E questo, spesso, non accade. Cosa dire del giochetto della ditta tal dei tali che sa quando arriva il controllo e allora – prendiamo ad esempio un cantiere edile – impone ai suoi operai di indossare il caschetto e legarsi al cavo di protezione? Alzi la mano chi almeno una volta non ha visto un operaio, senza alcuna protezione, muoversi tranquillamente all’interno di un cantiere o magari sul tetto di una casa a 10-15 metri di altezza.
Il commissario Legnini
Il commissario straordinario per la Ricostruzione Giovanni Legnini è intervenuto dicendo che «l’incidente è un nuovo severo richiamo all’esigenza di garantire e mantenere i più elevati standard di sicurezza sul lavoro. Questa tragedia – ha aggiunto – sollecita un maggiore e rinnovato impegno su questa esigenza prioritaria da parte di tutti i soggetti, dalle imprese alle istituzioni, ed in particolare nei territori colpiti dal sisma del 2016, dove oggi si contano migliaia di cantieri. Esprimo le più sentite condoglianze alla famiglia del giovane operaio rumeno e la mia vicinanza alle maestranze dell’impresa per la quale lavorava».
Legnini è commissario e i gradi di “straordinario” saranno in tanti ad appuntarglieli sul petto, stavolta veramente, se riuscirà a far applicare la rigorosità dei controlli. Cominciando proprio dai cantieri del cratere, per poi essere estesi su tutto il suolo nazionale. Ma sappiamo bene che questo non dipende da lui, o almeno solo da lui.
E i sindacati? Con morti, feriti, invalidi permanenti, ecc. continuano a snocciolare numeri che crescono ogni giorno. “Fermiamo la strage” è il grido di allarme di Cgil, Cisl, Uil che per l’ennesima volta alzano la voce con i rispetti settori delle costruzioni Fillea, Filca, Feneal.
«Proprio nella settimana in cui abbiamo scioperato sul tema della sicurezza – dicono – piangiamo una vittima sul lavoro. Una morte ingiusta che deve far riflettere tutti noi. L’obiettivo è ridurre al minimo il rischio di infortuni, in particolar modo quelli gravi e mortali. “Zero morti sul lavoro” – aggiungono – non deve essere solo uno slogan ma un obiettivo da perseguire con la collaborazione di tutti i soggetti che hanno a cuore il tema della sicurezza dei lavoratori, a cominciare dalle Istituzioni».
I sindacati passano a sciorinare i soliti numeri che le Istituzioni nazionali e regionali conoscono molto bene. «Non si può prescindere da un confronto serio (ci sono anche quelli non seri? ndr) e costruttivo con le altre parti coinvolte come l’Ance (associazione costruttori edili, ndr), le associazioni artigiane di settore, i consulenti del lavoro e gli Ordini professionali che quotidianamente hanno rapporti con le imprese edili. Non vogliamo piangere i morti – concludono Cgil, Cisl e Uil – ma vedere un approccio serio e profondo al tema della sicurezza da parte di Governo e Regione per rimettere al centro la vita dei lavoratori e non solo il profitto».
Non ci resta allora che aspettare che accada qualcosa. L’impressione è che non si muoverà nulla, e alla prossima “morte bianca” tutti sono pronti a ripetere lo stesso ritornello.
Tragedia sul lavoro a Colle di Arquata, muore schiacciato un operaio di 32 anni
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati