Ciccio Graziani su Costantino Rozzi: «Di lui non ho un buon ricordo»

ASCOLI - L’ex bomber campione del mondo 1982 nel corso della trasmissione “Top Club” su Vera Tv ha parlato della sua fugace parentesi alla guida dell’Ascoli. Il Presidentissimo lo ingaggiò nell’estate 1990 per poi esonerarlo ancor prima che cominciasse il campionato. Vediamo cosa accadde quell’estate di trentadue anni fa
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Costantino Rozzi

 

di Andrea Ferretti

 

«Ho un bel ricordo in senso generale di Ascoli e provincia. Gente seria, perbene, educatissima. Del presidente Rozzi non ho un buon ricordo, non andavo d’accordo con lui né nel suo modo di gestire le mie situazioni e soprattutto l’invadenza che lui aveva nella gestione che spetta a un tecnico. Mi aveva fatto qualche promessa che francamente non ha mantenuto perché una volta mi disse “ho parlato con Moggi prenderemo Zola e Taglialatela dal Napoli”; io gli dissi “ma sarà vero presidente? Io non so se questi ragazzi vengono”; mi disse “ho parlato con Moggi, ho fatto tutto”. E poi questi ragazzi non sono mai arrivati. Ma al di là di questo, come rapporto fra tecnico e presidente francamente non mi sono trovato bene con lui, ma molto probabilmente anche per colpa mia, per il carattere che ho io. Ma della città ho un bellissimo ricordo, una città seria con gente perbene, è stata un’esperienza molto limitata nel tempo. Pazienza, succede anche questo nella vita di un professionista, di un allenatore».

 

Ciccio Graziani

Sono parole di Francesco Graziani, per tutti Ciccio, ex bomber quando faceva il calciatore, poi allenatore, oggi opinionista e noto volto televisivo. In collegamento nel corso della trasmissione “Top Club”– condotta su “Vera Tv” da Riccardo Este, che va in onda oltre che nelle Marche e Abruzzo anche in altre regioni del nord Italia – ha parlato della sua fugace esperienza ad Ascoli e con l’Ascoli del Presidentissimo Costantino Rozzi. Ammirevole la sua franchezza, ma è anche vero che a distanza di trentadue anni e mezzo da quella sua esperienza in bianconero, e a ridosso del 28esimo anniversario della morte dell’ascolano più famoso e amato (non solo per le sue gesta calcistiche) del secolo scorso, avrebbe potuto evitarlo.

 

Graziani venne ingaggiato da Rozzi nell’estate 1990. Era reduce da una esperienza niente male con la Fiorentina. La stagione precedente fu quella la sua prima panchina dopo aver appeso le scarpette al chiodo nel 1988. Della Fiorentina era stato il centravanti dal 1981 al 1983 e indossava la maglia viola quando nel 1982 diventò campione del mondo in Spagna. A Firenze il suo ricordo da parte dei tifosi non è certo paragonabile a quello di icone come Antognoni, Baggio e Batistuta, ma Ciccio venne comunque chiamato durante il campionato 1989-1990 per subentrare all’esonerato Bruno Giorgi. Non solo conquistò la salvezza ma il 2 maggio 1990 perse la finalissima di Coppa Uefa contro la Juventus.

 

Rozzi si convinse che poteva fare al caso dell’Ascoli, fresco retrocesso dalla A (Fiorentina salva per un punto). Graziani avrebbe dovuto rimettere in sella un Picchio che in quel decennio era già volato tre volte in A: con Mazzone nel 1975, con Renna nel 1978, con Boskov nel 1986. L’avventura di Graziani sulla panchina dell’Ascoli durò il tempo di un’amichevole e una gara di Coppa Italia.

 

A tal proposito, riproponiamo parte di un articolo scritto dal nostro indimenticato Bruno Ferretti, il giornalista ascolano che ha seguito le vicende bianconere per oltre quarant’anni, compresa ovviamente tutta l’epopea di Rozzi, dal suo insediamento come presidente nel 1968 fino alla sua prematura scomparsa avvenuta nel 1994.

 

“L’’Ascoli era in preparazione con il nuovo allenatore Francesco “Ciccio” Graziani – scrive Bruno Ferretti – strappato alla Fiorentina che nella stagione precedente aveva guidato i viola in Coppa Uefa. Rozzi si recò a Firenze per convincere il conte Pontello a liberare Graziani e ci riuscì. L’ex campione del mondo del 1982 in Spagna ad Ascoli fu accolto come un divo. I tifosi bianconeri sognavano nuovi giorni di gloria. Trovandosi a passare in autostrada da quelle parti, e avendo un paio di ore di tempo, il presidente Rozzi disse all’autista: “Usciamo a Pesaro e facciamo un salto a Piobbico a vedere l’allenamento della squadra”. E così fecero. Andarono direttamente al campo dove Rozzi, con sua grande sorpresa, vide che a guidare la squadra non c’era Ciccio ma due uomini del suo staff. “Dove sta Graziani?” chiese Rozzi. Gli risposero che era rimasto in albergo. Oltremodo sorpreso, il presidente passò in hotel e trovò Graziani nella hall a giocare a carte con altri tre. La cosa non piacque per niente a Costantino. Dopo qualche giorno l’amichevole Vis Pesaro-Ascoli si concluse 5-1, e sarebbe stato 5-0 se all’ultimo minuto il terzino Colantuono non avesse realizzato il gol della bandiera, in mischia, su azione d’angolo. Rozzi, infuriato per quella figuraccia (la Vis era una formazione di serie D) senza esitare troppo decise di esonerare subito Graziani”.

 

Graziani venne salutato all’indomani della sua prima e unica gara ufficiale (di Coppa Italia) sulla panchina del Picchio: Ascoli-Giarre 1-0 con gol al novantesimo del difensore Osvaldo Mancini. Era il 26 agosto 1990. Per la cronaca, dopo cinque giorni, si giocò il ritorno in Sicilia e la squadra venne momentaneamente affidata a Massimo Cacciatori: l’Ascoli perse 2-0 e venne eliminato al primo turno. In quelle ore si strinse per trovare un accordo con Nedo Sonetti che arrivò ad Ascoli e a fine stagione conquistò la promozione in A, la quarta.

 

Graziani, settant’anni tra meno di un mese, è stato uno dei più forti attaccanti che il calcio italiano abbia espresso nella seconda metà del Novecento. Arezzo, Torino, Fiorentina, Roma, Udinese e un breve strascico finale in Australia prima di chiudere col calcio giocato. Totale, tra campionato e Coppe varie: 531 partite e 182. In Nazionale non fu da meno: 64 gare e 23 gol, con la ciliegina del titolo iridato del 1982.

 

Da allenatore la sua carriera non può certo essere paragonata a quella di quando calzava le scarpe bullonate. Dopo l’esordio nella Fiorentina e il flash di Ascoli, nella stessa stagione 1990-1991, mentre l’Ascoli saliva in A lui scendeva dalla B in C con la Reggina dove aveva rilevato Cerantola. L’anno dopo (1991-1992) idem ad Avellino, sempre in B: subentrò a Bolchi e retrocesse in C. Per rivederlo alla guida di una squadra dobbiamo attendere dieci anni. Nel 2001-2002 si riscatta, in tandem con il collega Pellegrino, con la promozione dalla C alla B del Catania, che l’anno dopo (2002-2003) lo esonera dopo nove giornate. Nel 2003-2004 ci prova a Montevarchi in C2: subentra in corsa ma poi viene esonerato.

 

Poi arriva la Tv. Dal 2004 al 2006, mentre l’Ascoli, da tempo purtroppo orfano del Presidentissimo, conquistava la sua quinta promozione in Serie A, a Graziani venne affidato il Cervia, diventato famoso per essere la squadra protagonista del reality show “Campioni, il sogno”. Il campionato era quello dilettanti di Eccellenza dell’Emilia Romagna. Alla fine la promozione in D dove, l’anno dopo, conquistò i playoff. Graziani è comparso anche nei due film con Lino Banfi “L’allenatore nel pallone” e “L’allenatore nel pallone 2”: spettacolo, gioco, uno scherzo. Ma non scherzava quando vince lo scudetto con il Torino nel 1976 e, sempre in granata, il titolo di capocannoniere nel 1977.

 

I tifosi dell’Ascoli lo ricordano anche per quello che accadde nella finale di Coppa Italia 1979-1980. Un ricordo che fa cambiare umore ai supporter del Picchio perché fu Graziani, che giocava nel Toro, a sbagliare uno dei rigori che regalarono la Coppa alla Roma. Fu un penalty decisivo, il quarto della serie con il Toro avanti 2-1. Se Graziani segnava, il Torino si portava a casa la Coppa. Calciò sopra la traversa e si andò alla quinta serie: la Roma segnò e il portiere giallorosso Tancredi parò il tiro al granata Pecci. Sul 2-2 (anche i supplementari si erano conclusi sullo 0-0) si andò avanti ad oltranza: gol di Ancelotti per la Roma e terza parata (su sei) del portiere Tancredi che intercettò il rigore di Zaccarelli. Serata nera per il Torino con tre rigori parati, due gol (Mandorlini e Mariani) e uno solo spedito alle stelle (Graziani).

 

Accadde così che il Toro non andò a disputare l’allora Coppa delle Coppe (vi accedevano solo le vincitrici delle Coppe nazionali) ma la Coppa Uefa (l’attuale Europa League). Avendo chiuso il campionato al terzo posto con 35 punti (dietro all’Inter scudettata con 41 punti e la Juve seconda con 38) ecco che il Torino “scippò” all’Ascoli, che aveva chiuso al quarto posto con 34 punti, la possibilità di disputare la Coppa Uefa. In un’epoca senza telefoni cellulari e social, i tifosi dell’Ascoli, compreso ovviamente anche Rozzi, si scatenarono nei confronti del Toro, in particolare di Graziani che si era divorato quella opportunità ma non centrò lo specchio della porta. Dopo dieci anni di acqua sotto i ponti ne era passata tanta e Graziani, nel frattempo diventato allenatore, venne ingaggiato dall’Ascoli.

 

Graziani va sicuramente ammirato per la schiettezza che lo ha sempre contraddistinto, sia in campo che fuori. Resta il fatto che non si era mai sentito qualcuno esprimersi così nei confronti di Costantino Rozzi. Un personaggio che, nei ventisei anni in cui ha tenuto le redini dell’Ascoli, non le ha certo mandate a dire. Proprio come Graziani. Senza peli sulla lingua, Rozzi ha discusso, litigato e gridato nei confronti di giocatori e allenatori (suoi e avversari), presidenti e dirigenti di altri club, vertici della Federcalcio, non risparmiando arbitri; conduttori, opinionisti e moviolisti tv. Le questioni cominciavano e finivano lì. La stima e il rispetto – e oggi il ricordo – nei suoi confronti sono sempre rimasti immutati e altissimi.


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