Crisi della pesca, le volanti scrivono al Mipaaf per modificare il fermo biologico e instaurare le quote
di Giuseppe Di Marco
Il dado è tratto. I titolari delle volanti di stanza a San Benedetto hanno deciso di inviare le proprie richieste al Governo: con questo documento, gli armatori esortano il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali a modificare il fermo biologico e ad instaurare quote massime di prodotto da portare a riva.
«Il mercato in questi giorni ha risposto bene – dice Enzo Raffaele, prima linea della protesta – ma questo andamento è dovuto al periodo, solitamente buono: in questi mesi il pesce viene venduto in gran quantità, vista la richiesta delle attività. Ma va detto che il prezzo è quello che è: visto che non vengono applicate le quote di pescato, sul mercato si riversa una quantità spropositata del prodotto, che finisce per farne crollare il prezzo».
Quali sono le richieste degli armatori? In primis, una diversa articolazione del fermo pesca relativo al piccolo pelagico. In particolare, per quanto riguarda le acciughe si chiede di spostarlo tra il 1° e il 30 agosto. Per quel che attiene alle sardine, invece, sarebbe auspicabile prevederlo tra il 31 agosto e il 29 settembre. In questo modo, secondo i titolari delle volanti, alle specie sarebbe dato tempo sufficiente per riprodursi, mentre le attività potrebbero operare nei periodi di maggiore presenza di pesce, vale a dire i mesi autunnali e invernali.
Oltre a ciò, comunque, le volanti chiedono anche di imporre delle quote massime di pescato, la cui assenza altererebbe in modo incontrollabile il mercato. In tal senso, gli armatori consigliano «di prendere in considerazione i dati di catture operate per lo meno nel quinquennio precedente l’annualità in corso, atteso che nell’ultimo periodo i dati delle catture sarebbero falsati o comunque condizionati dagli impatti devastanti dell’emergenza Covid prima e quindi dell’emergenza bellica in Ucraina, con l’aumento esponenziale del costo del gasolio, che hanno costretto diverse imprese a ridurre drasticamente l’attività di pesca».
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