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Il FAI dietro le quinte del Teatro Ventidio Basso

ASCOLI - I giovani della locale delegazione non sbagliano un colpo. Tanta gente in fila anche per le eccezionali visite guidate all’interno del teatro massimo ascolano. Si è potuto vedere anche “dietro le quinte” che dà il titolo al progetto di Mariella De Santi con il patrocinio del Comune
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I giovani del FAI sul palco del Ventidio

 

di Walter Luzi

 

Il “Ventidio” che non puoi vedere te lo fanno vedere loro. I giovani del Fai di Ascoli. Con il progetto “Dietro le quinte, atto primo” infatti, ideato da Mariella De Santi, sabato 11 febbraio il Gruppo Giovani della delegazione del FAI di Ascoli Piceno ha aperto eccezionalmente al pubblico anche il teatro massimo ascolano. Anche quattro classi di Istituti scolastici superiori del Piceno fra le diverse centinaia di visitatori che si sono messi in fila davanti al teatro per la visita guidata dai giovani del Fai. Il Ventidio Basso.

 

Sei anni di lavori per tirarlo su, fra il 1840 e il 1846, con l’architetto Aleandri che litiga con i committtenti e se ne va sbattendo la porta a metà dell’opera. Quasi quindici ce ne vorranno invece per ristrutturarlo da cima a fondo, fra il 1979 e il 1994. Di Giuseppe Verdi entrambe le prime inaugurali, l’Ernani nel 1846, e la Traviata alla attesissima riapertura che riconsegna il gioiello alla città. Ottocentoquarantadue posti nella bellezza assoluta.

 

Ma i giovani del Fai, con il patrocinio e l’indispensabile collaborazione del Comune, non ci mostrano solo quello che tutti siamo abituati a vedere in occasione dei tanti eventi che il teatro ospita, ma anche, appunto, cosa si cela dietro le quinte. Gli ambienti con accesso riservato ai soli artisti, e agli addetti ai lavori. I camerini, le sale trucco, i laboratori di sartoria, l’attrezzeria, le stanze riservate alle prove. I locali dove si vivono le febbrili ore di lavoro prima dello spettacolo, e si cercano di stemperare tensioni ed emozioni degli ultimi minuti che precedono il debutto.

 

Il momento dell’apertura del sipario. Che, per la speciale occasione, non è quello che siamo abituati a vedere scorrere mentre si spengono tutte le luci in sala. Rosso, maestoso e solenne, ma quello, originale, essenziale, che raffigura una Piazza del Popolo di fine Ottocento. Una istantanea dipinta  a mano che emoziona nella sua semplicità. La vera bellezza non ha bisogno di effetti speciali. Si può calcare il legno di quel palcoscenico e solo immaginare l’adrenalina che può regalare il primo contatto con il pubblico che gremisce i palchi, il loggione e le poltroncine di velluto rosso della platea.

 

Si può entrare nelle grandi buche degli orchestrali sotto il palcoscenico e, alzando il naso in su, verso il soffitto, sorprendersi, grazie alle giovani guide del Fai ascolano che accompagnano la visita, nel notare per la prima volta particolari importanti sempre sfuggiti. Come le muse e i putti raffigurati, e i medaglioni dedicati ai maestri Goldoni, Alfieri, Verdi, Bellini, Rossini e Donizzetti. E in pochi sapevano anche che le quattro statue che ornano il foyer all’ingresso raffigurano la Danza, l’Armonia, la Commedia e la Tragedia. Queste ultime più tristemente note, e frequenti ad intrecciarsi, nella nostra epoca, scorrendo le cronache politiche nostrane e i notiziari internazionali.

 

Il gran finale ce lo riservano le giovani allieve del corso di danza del locale Istituto musicale “Gaspare Spontini” nel secondo e più ampio foyer attiguo al terzo ordine di palchi. La maestra Maria Luigia Neroni si coccola con gli occhi le sue allieve durante i brevi balletti sul parquet sotto il monumentale dipinto del Gallelli. Assiste alle performances anche il busto del generale Publio Ventidio Basso. Ascolano, seppe scalare le gerarchie militari romane nel primo secolo avanti Cristo. Combattè valorosamente i Parti sotto Giulio Cesare e Marco Antonio. Dal suo imperscrutabile e marziale sguardo sembra quasi di leggere che, anche lui, gradisca.

 

 

 


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