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Campli città d’arte: la Scala Santa

NELLA SPLENDIDA cittadina abruzzese (uno dei borghi più belli d’Italia) è possibile ammirare diversi monumenti, notevoli per la loro valenza storica e artistica. Uno di questi è la Scala Santa, rara riproduzione di uno dei simboli della religiosità cristiana, la scala che avrebbe salito Gesù Cristo per sottoporsi al giudizio di Pilato
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La rampa in salita. Ai lati le opere del Baldati e, al culmine, il Sancta Sanctorum

 

testo e foto di Gabriele Vecchioni

 

Campli è una cittadina a metà strada circa tra Ascoli e Teramo; si raggiunge con una deviazione dalla Piceno-Aprutina, la strada statale n. 81 che collega le due città. Per inciso, la SS n. 81, dopo una decina di km in territorio marchigiano (la strada inizia dal ponte di Porta Cartara), diventa “abruzzese” e collega diversi centri collinari della fascia pedemontana dell’Abruzzo, fino ad arrivare a Casoli, ai piedi della Majella, in provincia di Chieti.

 

Lo splendido portale gotico della chiesa di San Francesco, sul corso principale della città

Campli, città dei Farnese. Campli, tranquilla cittadina collinare, ha una storia importante, ed è un autentico scrigno di opere d’arte: numerose sono le testimonianze storiche ed architettoniche presenti nel nucleo antico e nelle sue frazioni. Campli, inoltre, è sede di importanti manifestazioni popolari: una è la Sagra estiva della porchetta italica, la più antica sagra gastronomica d’Abruzzo e una delle più importanti della Penisola; sempre d’estate si svolge una seconda manifestazione, la Farnesiana, che fa rivivere l’atmosfera rinascimentale della Campli all’epoca del governo di Margherita d’Austria (la “Regina delle Fiandre”) sul feudo Farnese.

 

Prima di dedicarci all’argomento-principe dell’articolo (il Santuario della Scala Santa), ricordiamo alcune delle monumentalità del centro, lasciando al visitatore il piacere della scoperta delle tante emergenze che si incontrano camminando per le vie della cittadina.

 

Palazzo Farnese e il suo bellissimo loggiato

La prima è il palazzo rinascimentale adiacente al convento di San Francesco, oggi sede dell’importante Museo Nazionale Archeologico che ospita i ritrovamenti della Necropoli picena di Campovalano e altri reperti del Neolitico, provenienti dalla Grotta di Sant’Angelo a Ripe. Procedendo per la via principale della città (Corso Umberto I) si arriva a Piazza Vittorio Emanuele, sulla quale prospetta Palazzo Farnese, con la spettacolare loggia a sette archi a sesto pieno. Antico Palazzo del Parlamento (sec. XIII), rimaneggiato nel Cinquecento con diversi interventi, è attualmente sede del Comune camplese. Il nome deriva da quello della potente famiglia dei Farnese, signori della città per due secoli (dal sec. XVI al sec. XVIII): con il matrimonio, Margherita d’Austria (figlia naturale di Carlo V d’Asburgo) aveva portato in dote la città al marito Ottavio Farnese.

 

Sulla piazza, storico centro politico, economico e religioso della città, il palazzo comunale è fronteggiato dalla chiesa di Santa Maria in Platea, già ricordata in un precedente articolo (leggilo qui). La chiesa, che prende il nome dalla statua in pietra del Gagliardelli (sec. XIV) raffigurante la Madonna col Bambino posta sul portale d’ingresso a “guardare” la piazza principale del borgo, è stata danneggiata dai terremoti recenti ma il ponteggio protettivo, disposto all’interno in maniera accorta, permette di ammirare lo splendido soffitto in tavole dipinte con le Storie di San Pancrazio di Teodoro Donati (sec. XVIII). Nella cripta, diversi affreschi trecenteschi.

 

La Casa del Farmacista, sul corso principale del borgo

Veniamo ora al monumento più significativo della città, almeno dal punto di vista religioso, ma importante anche per quello storico-artistico: il Santuario della Scala Santa, adiacente alla chiesa di San Paolo.

 

La Scala Santa. La tradizione cristiana tramanda l’episodio di Gesù Cristo che salì i 28 gradini della scala del palazzo del prefetto romano della Giudea (Ponzio Pilato) per essere da lui giudicato, ridiscendendoli poi per essere condotto al patibolo. Prima di descrivere la Scala Santa di Campli, vediamo brevemente come nacque l’importante costruzione e il rito penitenziale ad essa collegato. Secondo la tradizione, la madre dell’imperatore Costantino (secc. III-IV), la futura Sant’Elena, durante un pellegrinaggio a Gerusalemme avrebbe ritrovato la scala originale (di 28 gradini di “marmo greco”) del Praetorium, il palazzo di Ponzio Pilato. Ad Elena si deve anche l’Invenzione della Vera Croce (il ritrovamento, nel 328, dello strumento del supplizio di Cristo). La madre dell’Imperatore avrebbe fatta smontare e ricomporre la Scala a Roma (nel 326) nel Patriarchium Costantiniano, demolito da Sisto V per costruire il Palazzo del Laterano.

 

L’interno di Santa Maria in Platea (spiegazione nel testo)

Mancano prove certe dell’originalità della costruzione e della veridicità della sua frequentazione da parte del Cristo; nacque, però, il rito penitenziale della salita in ginocchio e in preghiera da parte dei fedeli contriti, confessati e comunicati, per ottenere l’indulgenza. La tradizione fu ripresa, nel corso dei secoli, in altri luoghi (le altre Scale Sante sono, infatti, una riproduzione di quella originale), tra i quali Campli.

 

Delle 22 Scale Sante esistenti, 18 sono in Italia e una è quella della città abruzzese. Quella della quale stiamo trattando è una delle più belle, per via dei dipinti presenti e del numero “completo” di gradini (28). La prerogativa di ospitare a Campli la Scala Santa risale al 21 gennaio 1772, grazie all’attribuzione (per Privilegio Pontificio) da parte di Papa Clemente XIV, dietro perorazione dell’avvocato camplese Giampalma Palma, allora Priore dell’Arciconfraternita delle Sacre Stimmate di San Francesco; l’avvocato era il padre del canonico Niccolò Palma, noto storico del Teramano.  L’indulgenza è stata confermata e ampliata da Papa Giovanni Paolo II nel 2000, con una Bolla Papale.

 

La cripta e, a destra, uno degli affreschi trecenteschi la ricerca delle Vera Croce da parte di Sant’Elena spiegazione nel testo

I gradini di legno della Scala vanno saliti in ginocchio e danno, al fedele che lo fa, l’assoluzione dai peccati meritevoli del Purgatorio; in giorni particolari (solo quattro nel corso dell’anno e i venerdì di Quaresima) l’indulgenza è plenaria: la stessa che si ottiene salendo la Scala Santa di Roma (quella “originale”), a San Giovanni in Laterano.

 

Partecipando al rito, il fedele “rivive” in maniera simbolica la Passione di Cristo, raffigurata in sei tele lungo le pareti della Scala, un lavoro di Vincenzo Baldati, pittore teramano che le completò nel 1781. I temi delle opere pittoriche sono L’agonia nell’Orto degli Ulivi con l’Angelo Consolatore, L’arresto di Gesù dopo il bacio di Giuda, La Flagellazione (pubblica, secondo la legge romana), L’Ecce homo, Gesù incontra la Madre sulla via del Calvario, La Crocifissione.

 

Al culmine della salita, dietro una grata metallica, il Sancta Sanctorum, un altare con frammenti del legno della Croce e altre reliquie. Completano le decorazioni del ripiano che collega le due rampe di scale di passaggio una drammatica Deposizione e due grandi raffigurazioni, di Papa Clemente XIV (il pontefice che aveva permesso la costruzione della Scala Santa camplese) e di Sant’Elena, nella classica iconografia con la Croce della Passione.

 

In discesa, il fedele, purificato dalla penitenza e prima di uscire all’aperto, trova scene della Resurrezione e angeli festanti.

 

Il Santuario della Scala Santa e la chiesa di San Paolo

Fedeli durante il gesto penitenziale

La rampa in discesa: Cristo risorto appare alla Maddalena


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