Le volanti di San Benedetto chiedono udienza presso il Ministero dell’Agricoltura, Sovranità Alimentare e Foreste
di Giuseppe Di Marco
Agli armatori sambenedettesi non è ancora chiaro, a cinque giorni dal possibile inizio, quale sia il periodo di fermo pesca per le acciughe. La categoria, che mesi fa ha scritto al governo proponendo modifiche alla programmazione degli stop annuali, non ha ancora ottenuto alcuna replica da Roma.
«Abbiamo scritto mesi fa al Ministero delle Politiche Agricole – afferma Enzo Raffaele, tra gli armatori che più hanno animato l’attuale protesta – e successivamente abbiamo rivolto il nostro appello anche al ministero di più recente costituzione, ma niente: non abbiamo ricevuto alcuna risposta alle nostre richieste e proposte relative al fermo biologico». Nella missiva, sottoscritta da 22 imprenditori ittici, veniva proposto di spostare il fermo pesca del piccolo pelagico – acciughe e sardine – nel periodo compreso fra il 1° agosto e il 29 settembre. In tal modo, secondo la categoria, si consentirebbe il ripopolamento di specie senza influenzare negativamente il mercato.
In questo momento, però, il problema è che, in assenza di istruzioni precise, gli imprenditori potrebbero sbagliare periodo per il fermo. «Fino a due anni fa – prosegue Raffaele – il fermo acciughe era dal 1° al 31 maggio, ma l’anno scorso, data la situazione di crisi dovuta alla guerra e al caro carburante, ci fu detto di fermarci dal 20 giugno al 20 luglio. Quali tempistiche dobbiamo rispettare nel 2023? A pochi giorni dall’ipotetico inizio del fermo non ci sono state date precise indicazioni in merito. Non è possibile continuare così: per noi è fondamentale organizzare il nostro lavoro per tempo».
A inizio maggio, in assenza di risposta, cosa faranno gli armatori? «So che molti di noi torneranno in mare – conclude Raffaele – ne va del futuro delle nostre famiglie e dei nostri equipaggi».
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