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Dal Deserto Tatacoa al ricordo di Pablo Escobar: «Vi racconto il mio viaggio in Colombia»

ASCOLI - La giornalista ascolana ha girato un mini documentario in America meridionale, visitando luoghi spettacolari: Bogotà, Medellin, Armenia, Cartagena de Indias, fino al giardino delle farfalle e al plancton luminescente delle Isole del Rosario: «A colpire è l'aspetto naturalistico. Affascinata da Botero. Per la prima volta in vita mia ho mangiato formiche»
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Alessandra Addari nel Deserto Tatacoa

 

di Luca Capponi 

 

 

Dalle palme alte fino a 60 metri della Valle del Cocora fino al plancton luminescente delle Isole Rosario. Dal fascino post coloniale di Cartagena de Indias fino al giardino delle farfalle di Calarcà.

 

È lo spaccato di una terra affascinante come la Colombia, quello raccontato da Alessandra Addari nel suo ultimo mini documentario, girato lo scorso ottobre in America meridionale.

Nel giardino delle farfalle di Calarcà

 

Si tratta della seconda esperienza documentaristica per la giornalista ascolana, che ha filmato e montato il tutto utilizzando solo ed esclusivamente uno smartphone, a un anno di distanza da “El Camino de Santiago”, recentemente selezionato al Festival del Cinema di Cefalù dopo l’esperienza, tra le altre, al First-Time Filmmaker Sessions – Lift Off Global Network (UK).

 

Il lavoro sulla Colombia verrà presentato in anteprima giovedì 18 maggio alle 20 presso Chiostro di Seppia, ad Ascoli.

 

Tanti gli aneddoti sul piatto relativamente a un Paese che vanta un patrimonio storico, culturale e naturalistico unico al mondo. Insomma, chi ama viaggiare o è molto più semplicemente curioso, può trovare pane per i suoi denti.

 

«Quello che colpisce della Colombia è ovviamente l’aspetto naturalistico – spiega la Addari -. Mi riferisco alle palme da cera della Cocora Valley, che ho percorso a cavallo, al Parco Nazionale di Tayrona caratterizzato anch’esso da una vegetazione peculiare. Poi, ancora, le splendide isole del Rosario tra le cui attrazioni c’è anche il plancton luminescente, e appunto il “mariposario” di Calarcà, dove le farfalle offrono uno spettacolo unico e si avvicinano anche alle persone».

 

Le tappe del viaggio hanno toccato città come Bogotà, Medellin, Armenia ma anche lo scenario unico del Deserto Tatacoa, “foresta tropicale arida” che si trova nel bel mezzo alle Ande.

 

«Da amante dell’arte non posso non menzionare il Museo Botero di Bogotà – continua – tra l’altro le sue opere sono visibili anche a Medellin, dato che sono esposte nella piazza principale. Ma se devo citare la città che più mi ha toccato penso sicuramente a Cartagena de Indias, mi ha affascinata il suo stile coloniale».

 

Ma la curiosità non finiscono qui, tra boss del narcotraffico e… alimenti sui generis.

 

«È stato interessante apprendere che comunque una buona fetta di popolazione è ancora legata alla figura di Pablo Escobar (uno dei più grandi criminali della storia, scomparso a Medellin nel 1993, ndr), paradossalmente in maniera positiva – conclude la giornalista ascolana -. Ma anche la rivalutazione della Comuna 13, che una volta era un luogo poco raccomandabile. Aggiungo una curiosità gastronomica: per la prima volta in vita mia ho assaggiato le formiche (in Colombia c’è una specie particolare che rappresenta un piatto tradizionale del posto, ndr), le ho trovate un po’ salate ma mi sono piaciute».

 

 


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