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I Monti Gemelli: un nuovo nome per il Parco Nazionale

A COLLE San Giacomo si è tenuta una interessante giornata organizzata dalla sezione vibratiana del Club Alpino. Il titolo dell’incontro ("Monti Gemelli: Storia, Turismo, Identità nel Parco Gran Sasso-Laga") voleva far riflettere sulla necessità di inserire la denominazione “Monti Gemelli” in quella del Parco Nazionale. Qualche riflessione in merito
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L’intervento del presidente Marco Nardi

 

di Gabriele Vecchioni

 

(foto del CAI Val Vibrata-Monti Gemelli e dell’autore)

 

In una nota struttura ricettiva di Colle San Giacomo di Valle Castellana, storico punto di ritrovo di sciatori ed escursionisti, si è tenuto un interessante incontro, nell’ambito della quarta edizione del “Festival dei Monti Gemelli”, organizzato dalla “giovane” e dinamica sezione del Cai Val Vibrata-Monti Gemelli. Nel corso dei lavori, è stata presentata e sottoposta alle autorità e ai rappresentanti istituzionali presenti la proposta di inserimento della denominazione dei “Monti Gemelli” nel nome del “Parco Nazionale Gran Sasso-Monti della Laga”. Nell’occasione, numerose autorità, sindaci e amministratori hanno sottoscritto una lettera d’intenti in tal senso. In particolare, favorevole accoglienza alla proposta è stata data dal dottor Navarra, presidente del Parco, che ha tracciato le linee di un possibile iter autorizzativo. Il presidente del Co.Tu.Ge. (il Consorzio Turistico dei Monti Gemelli, ente di diritto pubblico), Enzo Lori, si è assunto l’onere e l’onore di perorare la proposta del Cai, portandola nelle sedi competenti.

 

Vediamo di analizzare un po’ più da vicino l’assunto, grazie anche alla collaborazione dell’amico Marco Nardi, presidente della sezione citata che, in brevissimo tempo, ha raggiunto un numero considerevole di iscritti (è la seconda sezione abruzzese per numero di soci, dopo la storica sezione aquilana).

 

Piccolo repertorio floristico dei Monti Gemelli

Il Parco Nazionale Gran Sasso d’Italia-Monti della Laga, istituito nel 1991 ed esteso per 150 000 ettari, comprende tre gruppi montuosi: la catena calcarea del Gran Sasso, il triangolo arenaceo della Laga e il massiccio laterale, anch’esso calcareo, dei Monti Gemelli. Il suo territorio è diviso in undici distretti; il Distretto dei due Regni, oltre a comprendere territori dei Comuni di Civitella del Tronto, Campli, Valle Castellana e Torricella Sicura, ingloba anche le Montagne Gemelle; il logo è ripreso da quello dei cippi dell’antico confine, composto dalle chiavi decussate dello Stato della Chiesa e dal giglio dei Borboni di Napoli.

 

Le aree comprese all’interno del perimetro del Parco sono molto diversificate sia dal punto di vista geografico (per la natura geologica del substrato) sia da quello naturalistico (popolamenti animali e vegetali) sia da quello storico-antropologico (sono stati teatro di molteplici eventi storici e di popolamenti umani differenziati). Nonostante le dissomiglianze evidenti dei diversi componenti del territorio, il nome scelto è stato Parco Nazionale Gran Sasso d’Italia-Monti della Laga, tralasciando completamente l’avamposto orientale del Parco, la dorsale dei Monti Gemelli (Montagna dei Fiori, Montagna di Campli e Montagna delle Tre Croci).

 

L’Adriatico dal Foltrone

La “dimenticanza” della citazione del nome ha comportato, fin dall’inizio delle “operazioni”, una marginalità dell’area, soprattutto dal punto di vista comunicativo, con ricadute negative sulla visibilità della stessa e l’accesso a finanziamenti.

 

Una delle proposte illustrate nel corso della riuscita manifestazione della sezione vibratiana del Club Alpino è stata quella di modificare il nome del Parco, inserendo la denominazione “Monti Gemelli” e dando così risalto alla zona, soprattutto dal punto di vista della conoscenza delle sue peculiarità.

 

Più volte, su queste righe, abbiamo ribadito la particolarità di queste “nostre” montagne, non molto elevate ma ricche di storia e di naturalità, con l’anomalia è di essere un’isola calcarea nel “mare” di argille e arenarie dei Monti della Laga e delle colline del Teramano. Da sempre, «le due montagne gemelle dei Fiori e di Campli hanno svolto una costante funzione di riferimento territoriale, apprezzabile da grande distanza, sia marcando un confine “fisico” fra due ambienti ecologicamente diversi (pianura e montagna) sia rivestendosi di forti significati simbolici, tipo origine della vita (V. D’Ercole, archeologo)».

 

Il panorama dall’area dei Casali (Montagna dei Fiori)

UN PO’ DI NUMERI

 

L’area dei Monti Gemelli comprende territori appartenenti amministrativamente a due regioni (Marche e Abruzzo), due province (Teramo e Ascoli Piceno) e otto Comuni (Ascoli Piceno, Folignano, Civitella del Tronto, Campli, Teramo, Torricella Sicura, Rocca Santa Maria e Valle Castellana). Le vette del territorio sono (da nord a sud) Monte Piselli (1676 m), Monte Girella (1814 m), Monte Tignoso (1367 m), Monte Foltrone (1718 mm), Monticchio (1442 m), Monte della Farina (1572 m), Monte Tre Croci (1388 m); il Girella e il Foltrone sono “divisi” dalle Gole del Salinello, una delle più belle forre dell’Appennino. I bacini idrografici interessati (e le valli) sono quelli del Tronto, del Castellano, del Tévera, del Vezzòla, del Salinello e del Vibrata. La popolazione che risiede nell’area è di oltre i centomila abitanti.

 

LA STORIA

 

Dei Monti Gemelli hanno scritto diversi autori (Palma, Pannella, Rosa, fino ad arrivare al Notturno di Gabriele D’Annunzio). Lo stesso toponimo Gemelli è molto antico: nel corso del convegno lo studioso camplese Ricci ha rivelato, con supporto documentale, che esso era utilizzato («gemellis montibus») già nel 1543,

 

LA NATURA

 

Il ricco patrimonio faunistico dei Monti Gemelli (in particolare l’avifauna, con circa 100 specie) è legato, oltre che alla straordinaria varietà di ambienti che possono offrire, alla loro posizione geografica di interposizione tra le catene montuose dell’Appennino Centrale e le colline del Teramano. Per quanto riguarda la flora ricordiamo le fioriture di peonie, fritillarie, orchidee, narcisi… (d’altra parte, il nome della Montagna dei Fiori è già un programma!) e, per la vegetazione, gli estesi boschi. «Il bosco non è solo fonte di legname, ma è un tesoro inestimabile, ricco di prodotti economicamente quantificabili e di beni immateriali di grande valore. Il bosco è infatti un’oasi per l’uomo, un vero e proprio tempio per la sua ricreazione fisica e spirituale (A. Alessandrini, già ispettore del Corpo Forestale)»

 

I PANORAMI

 

Il piccolo massiccio dei Gemelli è uno dei gruppi montuosi italiani più vicini alla costa – in questo caso, al litorale adriatico – ed ha dei panorami fantastici: nelle annate migliori (per l’innevamento), si può sciare —-guardando il mare. L’accentuata varietà paesaggistica sui diversi versanti, per le differenti acclività e morfologia e la presenza di diverse faglie, e i microclimi dissimili, legati all’esposizione, fanno sì che le Gemelle siano montagne per cacciatori di panorami: è possibile godere una serie di vedute a 360°, dalla costa alle catene montuose dell’interno, dalla Majella al Cònero, a volte fino ai Balcani.

 

Un pubblico attento segue i lavori del convegno

IL LAVORO DELL’UOMO

 

Scriveva Alessandro Clementi, professore universitario e storico appassionato di montagna, che, percorrendo un sentiero in montagna, «Se si avrà la fortuna si rintracceranno i residui, l’archeologia di qualche antico uso; se non altro se ne rintracceranno i segni, che andranno letti e interpretati: il senso di un sentiero, di una mulattiera che nascevano o morivano in pianori o che salivano fin sulle vette e che denunciavano in ogni modo altro sudore. Di carbonai? Di pastori? Di agricoltori? Di briganti? E in quali tempi?». Le parole di Clementi ben si adattano a queste montagne: percorrendone i sentieri si trovano frequenti testimonianze delle attività antropiche che hanno modellato il territorio. Si trovano capanne e muretti di pietra a secco, piazzole di carbonai, aree di pascolo, neviere, resti di costruzioni fortificate, grotte e posti santificati dalla presenza di eremiti e via dicendo: lungo i sentieri dei Gemelli si respira la Storia.

 

Ricordiamo, a questo proposito, che le Montagne Gemelle sono montagne storiche: le testimonianze vanno del Neolitico ai giorni nostri. Uomini della Preistoria, Piceni, forse Annibale e i Cartaginesi, i Longobardi, gli Svevi di Manfredi, gli Angioini, San Benedetto a Montesanto, San Francesco al Salinello, gli eremiti, i briganti, i partigiani e i tedeschi, i pastori… ognuno ha lasciato la sua traccia.

 

Il massiccio del Gran Sasso da Pietra Stretta

E, per concludere, l’escursionismo turistico, sportivo ed esperenziale, legato non solo alle caratteristiche qualitative naturali ma anche alle testimonianze storico-artistiche e antropologiche del territorio. Le zone periferiche e pedemontane a occidente dei Monti Gemelli presentano un paesaggio collinare con un’orografia tormentata, legata alle particolari condizioni geo-pedologiche e ai numerosi fossi che hanno scavato nelle marne e nelle arenarie valli strette e ripide, dove sono ubicati diversi centri spopolati o, addirittura, abbandonati. Qui è possibile mettere in pratica quanto descritto dal giornalista Paolo Rumiz nel suo volume I monti naviganti (2007), quando, per le aree appenniniche, scriveva che «Lontano dai luoghi della finzione e del frastuono, ho attraversato a volte una soglia invisibile e scoperto luoghi dello spirito: eremi, fonti, santuari, boschi millenari, a volte semplici toponimi. Soprattutto piccole valli, orientate come antenne paraboliche verso un silenzio planetario».

 

CONCLUSIONI

 

Le lasciamo a Marco Nardi, presidente della sezione Cai “Val Vibrata-Monti Gemelli”, strenuo sostenitore della necessità di valorizzare questo splendido lembo del nostro territorio. «Le motivazioni esposte attestano l’unicità e la valenza del territorio dei Monti Gemelli, e rafforzano la richiesta del loro ingresso ufficiale nella definizione del Parco Nazionale Gran Sasso-Monti della Laga. Le considerazioni costituiscono solo l’inizio di un percorso, culturale prima che politico, e non vogliono essere un evento conclusivo, ma lo stimolo all’approfondimento del tema sotto diversi punti di vista (scientifico, storico, antropologico), senza mai dimenticare che i veri soggetti di un tale cambiamento sono le comunità che vivono in questo territorio, suoi veri custodi; vogliamo partecipare alla creazione di una grande eredità da tramandare alle generazioni future».

 

 


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