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Il Tronto, geografia del fiume di Ascoli

E' IL FIUME principale delle Marche, un “fiume di confine” che, insieme al Castellano, suo affluente principale, ha segnato la storia di Ascoli e del territorio che percorre. In questo articolo vedremo, brevemente, le sue caratteristiche idrogeografiche e come esse hanno inciso sul territorio attraversato
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Il Tronto ad Ascoli, a sinistra Porta Tufilla (foto G. Vecchioni)

 

di Gabriele Vecchioni

 

La città di Ascoli è attraversata da due corsi d’acqua, il Tronto e il suo affluente Castellano (in realtà, ce n’è anche un terzo, il torrente Chiaro); Ascoli antica nacque proprio sull’area sopraelevata formatasi per l’erosione dei due fiumi; solo in seguito si sviluppò al di fuori di questa zona naturalmente difesa.

Il Tronto e il Castellano, nel corso dei secoli, sono stati linea di confine, prima tra entità statuali diverse e poi tra regioni amministrative, all’interno di uno stato unitario. Il Castellano è, per diversi chilometri, il confine geografico tra Marche e Abruzzo che passa nel mezzo del lago artificiale di Tal­vacchia (leggi qui l’articolo). Una seconda linea di confine è al centro della Bassa Vallata: la li­nea di demarcazione passa in mezzo al corpo idrico del Tronto e arriva fino alla foce, nell’area della Sentina di Porto d’Ascoli.

In questo articolo, il focus è sul fiume principale, il Tronto. Prima di occuparci del “nostro” fiume, vediamo di inquadrarlo nell’ambito geografico regionale.

 

La fine del viaggio. Il Tronto ripreso dal ponte della S. S. n. 16 (l’Adriatica), che lo scavalca (foto S. Pompeo)

 

LE MARCHE GEOGRAFICHE

 

Al di là delle ragioni storiche del nome identificativo, le Marche corrispondono, in linea di massima, alla regione naturale che si estende ad est del crinale appenninico fino alla linea di costa lunga, in totale, più di 150 km. Il tormentato territorio regionale (le Marche sono tra le regioni italiane con l’isoipsa media più elevata) è costituito per più del 35% da aree montagnose, per il 50% circa da colline e solo per circa il 10% da zone pianeggianti (le pianure alluvionali, le aree di foce dei fiumi e la stretta cimosa costiera). La zona collinare, che interessa la maggior parte del territorio, è lunga e stretta per l’inarcamento della dorsale appenninica verso il Mare Adriatico; digrada in maniera più o meno dolce verso la linea di costa ed è incisa “a pettine” dalle numerose valli fluviali (le principali sono undici) che prendono il nome dal fiume che le ha “create” (per es., nel caso del territorio interprovinciale del Piceno, Valchienti, Val d’Ete, Val d’Aso, Valtronto). I corsi d’acqua sono brevi per la relativa vicinanza al mare della linea di spartiacque della catena appenninica; il più delle volte, hanno regime torrentizio.

 

Vita selvatica sulle sponde del fiume: qui convivono una garzetta e una nutria (foto G. Vecchioni)

 

IL PICENO E LA PROVINCIA DI ASCOLI

 

Le Marche sono spesso definite come “L’Italia in una regione”, per via della grande varietà paesaggistica. Per la provincia di Ascoli Piceno (e quella di Fermo) si potrebbe coniare lo slogan “Le Marche in una provincia”, dato che essa ne riassume le caratteristiche geografiche tipiche: una costa sabbiosa e bassa, rettilinea e addossata alle balconate collinari; una zona interna collinare (e montuosa) multiforme, spesso interessata da fenomeni di assestamento. Presenta, inoltre, zone di straordinaria valenza naturalistica tanto da comprendere, al suo interno, vaste aree di ben due parchi nazionali (Monti Sibillini e Gran Sasso-Monti della Laga).

I principali corsi d’acqua sono (da nord), il Chienti, il Tenna, l’Aso e il Tronto, più qualche corso minore come l’Ete vivo, il Menocchia, il Tesino e l’Albula. Il più importante è il Tronto che si sviluppa per circa 100 km e versa le sue acque in Adriatico, vicino all’abitato di Martinsicuro, al confine tra Marche e Abruzzo. Il “fiume di Ascoli” è il più importante fiume delle Marche, per la lunghezza dell’asta fluviale, la superficie del bacino imbrifero (1.192 km quadrati) e la portata d’acqua (circa 18 mc/sec).

 

La casa di guardia n. 3 (spiegazione nel testo, foto G. Vecchioni)

 

LE CARATTERISTICHE IDROGRAFICHE E IL PERCORSO DEL FIUME

 

La sorgente del Tronto si trova non lontano dalla zona di Amatrice, sul versante sud-occidentale dei Monti della Laga, a circa 2.000 metri di altezza (cime della Laghetta). In circa 5 km, il fiume scende a una quota di 1000 m, dopo aver ricevuto modesti apporti idrici da torrenti si scarsa importanza. Poco più a valle, il Tronto aumenta la portata grazie ai contributi dei “fossi”, sia dal versante laziale sia da quello marchigiano: i più importanti affluenti sono lo Scandarello (quello della diga artificiale omonima), il Solagna, il Pescara e il Chiarino. Nell’Acquasantano, a circa 15 km dalla sorgente, il fiume entra in una stretta valle, incassata tra ripide pareti rocciose. Qui riceve altre acque a monte e a valle dell’abitato, rispettivamente dal Garrafo e dal Fluvione. Arrivato ad Ascoli, il Tronto attraversa la città in una gola relativamente profonda, formando (col suo affluente principale, il Castellano) un’area pianeggiante sopraelevata sulla quale fu costruita la città antica. Il Castellano, proviene anch’esso dai Monti della Laga: nasce tra il Lazio e l’Abruzzo teramano, a circa 2.150 m di quota e, come ricordava il Palma (nel 1837), anche anticamente era stato “confinazione tra i due Stati”.

 

Pescatori sportivi. Qui il letto del fiume è un enorme ghiareto, la percezione è quella di un canale (foto G. Vecchioni)

 

LA VALLE DEL TRONTO

 

Il Tronto, nato dalle arenarie della Laga, percorre per un breve tratto l’area calcarea dei Sibillini, per solcare poi valli profonde nelle bancate arenacee dell’Acquasantano. Successivamente, arrivato alla zona collinare argillosa, scorre al cospetto dei travertini di Acquasanta e di Colle San Marco e del massiccio conglomeratico dell’Ascensione. A questo punto, la valle si fa più ampia: a est della città di Ascoli, i terrazzi alluvionali lo accompagnano fino alla foce sull’Adriatico.

Il fiume ha “scavato” una valle non molto ampia ma attraente dal punto di vista paesaggistico come ben descrive il redazionale relativo all’Idrografia della Guida della provincia (1889): “Il Tronto, solcando questa arenaria compatta da Trisungo a Mozzano, trovasi a scorrere entro una valle angusta e serpeggiante, presentando allo sguardo quadri stupendamente pittoreschi, in modo speciale la mattina e la sera, quando cioè i raggi del sole, illuminando le cime più alte, proiettano una luce che va a riflettersi in mille modi tra i rottami delle rocce, sulle acque del fiume e fra i castagneti che vi vegetano”. La descrizione si conclude con alcune frasi sui fossi tributari del Tronto che “… invitano gli amatori di belle scene, d’incantevoli paesaggi, a farne la visita nelle prime ore del mattino, a preferenza di qualunque altro tempo”.

 

La Bassa valle del Tronto ripresa dalla Montagna dei Fiori. In primo piano Villa Lempa e l’altura di Montesanto (foto A. Palermi)

 

LA SISTEMAZIONE DEL TRONTO

 

Il Tronto ha subìto, nel corso del tempo, diversi interventi di regimazione delle acque: mentre lungo il Castellano le opere hanno creato, oltre al vasto bacino artificiale di Talvacchia, diversi salti d’acqua (le cosiddette “cascate”), sul corso del Tronto l’intervento si è concentrato sulla bonifica delle aree golenali, spesso inondate dalle esondazioni del fiume e sulla rettificazione dell’asta fluviale.

Per quanto riguarda i lavori effettuati sul letto del fiume nel corso del tempo, l’argomento esula dagli scopi dell’articolo. Ricordiamo solo che il Tronto esondava abbastanza spesso e raggiungeva livelli considerevoli: per averne un’idea, si tenga conto che l’antica abbazia di San Mauro, a Stella di Monsampolo (sec. X e successivi), era stata costruita in quel posto proprio perché lì arrivavano le piene del fiume.

È ancora viva nella memoria di molti la grave inondazione del 1992 che tanti danni causò alle strutture civili ed economiche del territorio della bassa valle del Tronto (una facile ricerca sul web fa riemergere numerose immagini del disastro, ambientale ed economico).

Negli anni a cavallo del cambio di secolo (1897,1898 e 1901) gravi inondazioni avevano già causato danni notevoli alle coltivazioni e alle infrastrutture. Nel 1897 il fiume straripò causando diversi morti e gravi guasti all’agricoltura nell’area di Martinsicuro, sulla sponda abruzzese. Stefania Pompeo in Aprutium (2015) riporta una drammatica descrizione” tratta da un foglio locale (quasi una “diretta): «Il fiume straripava trascinando un mare d’acqua, minaccioso e spaventevole, in mezzo alle grida di disperazione di centinaia e centinaia di abitanti. L’impeto della corrente non tardò a strappare il ponte di battelli che univa la nostra provincia di Teramo alle Marche […] famiglie intere chiedevano soccorso, sulle acque apparivano vittime, senza parlare dei molti animali trascinati dalla corrente».

Nel 1908 si costituì il Consorzio per la sistemazione del Tronto che promosse e realizzò diverse opere, tra le quali l’incanalamento del fiume per ben 26 km (fino allo sbocco in mare). Le opere di sistemazione (costruzione di pennelli deviatori, arginatura, edificazione di case) iniziò nel 1915 e si concluse in un periodo relativamente breve (anni ’20). Il controllo del fiume era affidato a “guardiani idraulici”, per i quali furono costruite quattro case (abbandonate nel 1961; tre sono ancora “in piedi”). La n. 3, a monte della confluenza del fiume con l’affluente Fiobbo, fu restaurata del Consorzio Bonifica e dal comune di Spinetoli, per essere adibita ad aula didattica e area di sosta attrezzata a servizio della pista ciclabile; entrambe le destinazioni d’uso non sono più in essere.

Anche se difficile da credere oggi, il Tronto è stato navigabile per diversi secoli: i barconi da carico potevano risalirlo fino a Treazzano, più o meno all’altezza del Fiobbo, il torrente-confine tra i territori dei comuni di Spinetoli e Monsampolo del Tronto: le operazioni di bonifica per evitare i malsani impaludamenti interruppero la pratica.

In tempi moderni, il corso del fiume è stato “raddrizzato” e ha assunto l’aspetto di un grosso canale. La creazione di terrapieni e argini artificiali, già a 20-25 km dalla foce, ha reso più veloce il corso del fiume in caso di piena. Inoltre, queste opere e l’assenza quasi totale di essenze arboree sulle “nuove” sponde del fiume favoriscono il trasporto di particelle terrose in sospensione.

Infine, un breve accenno sul fenomeno del consumo di suolo nella bassa valle del Tronto, riferito all’incremento della copertura artificiale di terreno, legato alle dinamiche insediative (abitazioni, capannoni industriali, coltivazioni, strade e infrastrutture). Per brevità, vedremo solo la rete stradale (e ferroviaria). Lungo l’asse vallivo longitudinale (ovest-est) insistono quattro vie di comunicazione “importanti”: oltre alla Via consolare Salaria (ammodernata in Strada Statale n. 4), la superstrada Ascoli-Mare (Raccordo autostradale n. 11), la linea ferroviaria Ascoli-Porto d’Ascoli (tratto della mai completata “Ferrovia dei Due Mari” (o “Ferrovia Salaria” che dir si voglia, leggi qui l’articolo relativo) e la cosiddetta “Bonifica” (Strada provinciale n. 1), c’è l’Asse Attrezzato di servizio per l’area produttiva di Campolungo e, per finire, una fitta rete di strade trasversali, vicinali e di collegamento per i centri abitati: è il risultato della forte antropizzazione del territorio.

 

La confluenza Tronto-Castellano. In primo piano, a sinistra, San Pietro in Castello. In mezzo i ponti di Porta Tufilla (foto aerea D. Galiè)

 

Il Ponte vecchio visto dal Ponte nuovo (foto Luciana Castelli Pagnoni)

 

Il lago artificiale dello Scandarello nell’alta valle del Tronto. Sullo sfondo i Monti della Laga (foto C. Ricci)

 

Il ponte di carri agricoli che permetteva ai fedeli abruzzesi di raggiungere l’abbazia di San Mauro, sulla sponda opposta del fiume (foto anni ’60, G. Fazzini)

 

Piantina dei luoghi di qua e di là del Tronto fiume di Ascoli. Cabreo (carta topografica dipinta) del sec. XVII (coll. Brandozzi, da “Pagliare di Pantorano. Stato d’Ascoli”)


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