di Luca Capponi
Se non arrivasse proprio dalle Marche sarebbe comunque già di per sé surreale. E invece, chi l’avrebbe mai detto, l’amena immagine è stata scattata proprio nella nostra regione. Che dolore al solo sguardo. Che dolore al solo pensiero: olive, cremini e carciofi vanno letteralmente…a farsi friggere. Nelle cucine ascolane, come tradizione vuole.
Già, peccato che qualcuno non la pensi allo stesso modo. E decida, in una placida mattina di inizio novembre, di mandare in tilt i neuroni dei paladini della tradizione picena. Come? Facile, producendosi in una fantasiosa etichetta di accompagnamento alla prelibatezza che…ha qualcosa che non va. Cosa? Facile pure questo. Il mitico fritto misto all’ascolana si trasforma nell’inedito “Fritto misto alla Maceratese“.
Ed uno pensa: sarà una novità. Poi però va a leggerne la composizione e il sospetto prende forma: no, non può essere, l’oliva alla maceratese non esiste, forse si sono sbagliati. Oppure le geografie gastronomiche vanno riscritte.
Sì, si sono sbagliati. Il fatto è che non si tratta del torneo culinario delle comari, ma di un evento con tanto di catering. E qui il dolore aumenta. Paragonabile, più o meno, a quello che potrebbe provare un napoletano leggendo “pizza margherita all’avellinese” o uno di Genova che si trova davanti il “pesto savonese”.
Che poi dall’aspetto chissà, magari il fritto misto alla maceratese non era neanche così male. Però un’ultima domanda sorge spontanea: ma chi lo ha preparato sapeva cosa stava cucinando? Domanda destinata forse a non avere risposta. Nell’attesa, meglio gustarsi un bel piatto di vincisgrassi all’ascolana.
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