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Dardust, monologo a “Le Iene”: «Disintossichiamoci dalla foga di essere sempre vincenti»

MUSICA - L'artista ascolano è stato ospite della trasmissione di Italia 1. Pochi minuti da solo davanti alla telecamera per raccontare la sua verità: «Mi hanno definito il re Mida del pop ma a un certo punto quei numeri mi hanno messo una pressione pericolosa, stavo perdendo una parte di me. Il sogno non può prescindere da ciò che sei, altrimenti diventa una prigione».
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di Luca Capponi 

 

La schiavitù dei numeri, del primato ad ogni costo. I diktat di una società dedita solo all’apparenza, che ci vuole vincenti in superficie, ad esclusivo uso social. Snaturando l’essenza dei sogni. Costringendo la verità a restare confinata in noiosi e vetusti dibattiti, nel tourbillon omertoso di un’interiorità che non sa più scrollarsi di dosso i cliché.

 

«Mi hanno definito il re Mida del pop ma a un certo punto quei numeri mi hanno messo una pressione pericolosa, stavo perdendo una parte di me».

Dardust durante il monologo su Italia 1

 

Ma dei cliché, soprattutto quelli artistici, a Dario Dardust Faini non è mai interessato molto. E il suo monologo durante l’ultima puntata de “Le Iene”, andata in onda martedì sera, non ha fatto altro che confermarlo. Il musicista, compositore e producer ascolano, alla viglia del nuovo tour in partenza da Civitanova Marche il 29 novembre, è stato ospite della trasmissione di Italia 1. Pochi minuti da solo davanti alla telecamera per raccontare la sua verità. Quella di un fenomeno della musica, sì, che però è la verità di molti.

 

«Mi hanno definito il re Mida del pop, il producer che qualsiasi cosa tocca trasforma in oro – racconta -. Mi hanno sempre ricordato i numeri: oltre 70 platini, 500 milioni di streaming, i primi posti in radio e nelle classifiche. Vado fiero di quei risultati. Ma a un certo punto quei numeri hanno iniziato a procurarmi un’ansia da prestazione che mi spingeva a volerli replicare e superare, come se il mio valore artistico dipendesse da quello. Perché o ero il Dardust che sfornava hit oppure semplicemente non ero».

Dario sul palco con Elisa

 

«Ma dov’era la musica, la mia musica? – si chiede – Sentivo che stavo perdendo una parte di me, quella che sin da bambino mi aveva fatto amare il gesto di suonare non per arrivare primo. Per questo ho deciso di riportare quel bambino al pianoforte per un nuovo percorso da compositore e performer, che ho arricchito con la passione per i sintetizzatori e le mie visioni. Un viaggio rischioso, non convenzionale, che però mi ha portato in giro per il globo e a pubblicare quattro dischi».

 

«C’è un mondo  – va avanti Dardust – dove il valore di un artista dipende dalla risposta a una domanda: “funziona”? Ossia, quanto vende? E non c’è artista che non sogni di conquistare un pubblico enorme. Ma quel sogno non può prescindere da ciò che sei e vuoi comunicare, altrimenti diventa una prigione, una prigione dorata ma che ti incatena».

 

«Disintossichiamoci dalle aspettative, dall’ossessione dei sold out, dalla foga di essere sempre vincenti e soprattutto dai numeri – è la conclusione -. Io lo sto facendo e sono sicuro che, indipendentemente da quanti mi seguiranno su questo terreno, alla fine non potrò che essere felice di essere stato un artista e non un prodotto da vendere. Di essere stato solo me stesso e non ciò che inseguire i numeri mi avrebbe portato ad essere».

 

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