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Lorenzo Alesi, dopo le Svalbard obiettivo 8.000 metri: «La montagna merita rispetto, non siamo influencer»

A TU PER TU con l'esploratore, sciatore, scalatore e documentarista nato ad Ascoli. Una figura tanto unica quanto schiva e inusuale in un mondo dominato dai social. La passione, il lavoro e le avventure negli angoli più remoti del pianeta: «Affrontare certe sfide richiede umiltà. Dietro ci sono preparazione e sacrificio che raramente si mostrano nelle immagini condivise. La paura è un segnale da non sottovalutare»
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di Luca Capponi

 

«La montagna non perdona l’arroganza o la negligenza. Richiede umiltà e un profondo rispetto per le sue leggi e i suoi pericoli».

Lorenzo Alesi alle Svalbard

 

È bene chiarirlo subito. Qui non si parla di pose da influencer, di click e apparenza, di realtà snaturate dallo schermo di un telefono. Ma di sacrificio, passione, dedizione estrema al lavoro. Senza perseguire la notorietà come obiettivo primario, anzi. Tenendo un profilo basso, quasi schivo, nonostante le esigenze mediatiche a cui un professionista come lui va inevitabilmente incontro.

 

Lorenzo Alesi è così. Uno che ci tiene a fare ciò che più ama lasciando agli altri, a quelli che spesso ne abusano senza neanche averne merito, lustrini, vanterie e simili.

 

Una figura rara, dunque. Dal sapore quasi antico. Sia per inclinazione che nei fatti. Esploratore, sciatore, scalatore, documentarista. Da qualche mese, anche vicepresidente del Collegio Nazionale dei Maestri Sci. Come lui, ascolano classe 1974, al mondo ce ne sono pochi. In senso numerico, al massimo una quindicina. Dalla Montagna dei Fiori, vicino a dove è nato (la frazione di Piagge), alle zone più a nord della Terra. Con un nuovo obiettivo in mente: preparare una delle sue discese da quota 8.000 metri.

 

«Quando condivido le mie esperienze, l’obiettivo non è semplicemente quello di ispirare altri a cercare la bellezza e l’avventura, ma anche educare alla preparazione, alla sicurezza e al rispetto che questi ambienti richiedono. La montagna, come la natura in generale, va affrontata con competenza, consapevolezza e un profondo senso di responsabilità. Solo così possiamo sperare di preservare la sua maestosità per le generazioni future, ispirando nel contempo un genuino rispetto per il nostro pianeta».

 

Parole da segnare ed imparare a memoria, quelle di Alesi. Il suo ultimo progetto si chiama “Polar Horizon“, una spedizione che lo ha portato a esplorare le Isole Svalbard (arcipelago situato nel Mar Glaciale Artico, all’estremo nord del pianeta) e l’Islanda, da cui è stato tratto un suggestivo documentario disponibile sulla piattaforma “Vimeo”.

Lo spettacolo degli orsi polari

 

«L’obiettivo era trovare nuove linee da sciare, in un mondo dominato dagli elementi naturali e dalla fauna selvatica composta da orsi polari, balene, foche, renne e trichechi, in un contesto in cui l’essere umano si percepisce come un ospite, silenzioso e solitario – continua Alesi -. Le Svalbard mi hanno colpito profondamente, più di qualsiasi altro luogo mai visitato. Rappresentano la quintessenza della bellezza selvaggia e incontaminata, dove il ghiaccio e il cielo si fondono in un paesaggio di purezza straordinaria, si percepisce una connessione primordiale con la natura che è difficile trovare altrove. La vita è dominata dagli elementi e le condizioni meteo possono cambiare rapidamente, mettendo alla prova resilienza e capacità di adattamento».

 

«La presenza di orsi polari aggiunge un ulteriore livello di rispetto e cautela nelle esplorazioni – prosegue -. Esplorare le Svalbard significa immergersi in un silenzio quasi assoluto. Le giornate trascorse sciando su nevi eternamente immacolate hanno lasciato in me un segno indelebile. Ma ciò che più mi ha colpito è stata la sensazione di essere al limite del mondo conosciuto, un fronte avanzato di esplorazione in un’epoca in cui sembra che ogni angolo sia stato già mappato e catalogato».

Alesi in…borghese

 

Tornando all’inizio, però, nessuno compia l’errore di scambiare quelle che sono vere e proprie imprese sportive con…gite fuori porta. Un rischio che purtroppo si ingenera facilmente in un’epoca dominata da social e vuote condivisioni, spesso senza alcuna spiegazione o avvertenza. Dove la facilità di accesso a immagini spettacolari può offuscare la percezione dei rischi e del duro lavoro. Alesi su questo è ben chiaro.

 

«Dietro c’è un mondo di preparazione, lavoro e sacrificio che raramente si mostra nelle immagini condivise sui social media – ribadisce -. La verità è che l’esplorazione, sia essa in montagna, in aree remote o in contesti estremi, è lontana dall’essere un capriccio da influencer. Al contrario, richiede una dedizione totale, rinunce, un rigoroso impegno nella preparazione e un profondo rispetto per l’ambiente».

 

«Ho sciato vette sui 4.000 metri nell’arco Alpino – aggiunge -. Queste discese, nonostante non raggiungano le estreme altitudini di altre catene montuose, presentano comunque sfide tecniche e rischi significativi. L’alpinismo e lo sci richiedono una preparazione meticolosa e una valutazione costante dei rischi. Come dico sempre, la paura è un segnale da non sottovalutare. Meglio rinunciare e tornare un altro giorno che non tornare affatto».

 

Un esempio su tutti, quanto accadutogli sul Monte Bianco.

 

«Mentre tentavo di salire una cima particolarmente impegnativa, le condizioni meteo sono improvvisamente peggiorate, trasformando quello che era già un compito arduo in una situazione pericolosa – spiega Alesi-. In quel momento, la paura, quella compagna costante in montagna, ha raggiunto un picco. È vero, la paura tende a salvarci; è un istinto primordiale che ci avverte del pericolo e ci invita alla cautela. Ho deciso di ritirarmi, consapevole che la montagna sarebbe rimasta lì, in attesa di un altro tentativo in condizioni più favorevoli».

 

Dunque, non si può prescindere da una preparazione seria, costante, frutto di duri allenamenti, studi ed esperienze portate avanti nel tempo.

 

«Arrivare a un simile mix di competenze richiede anni di dedizione, curiosità e un impegno costante – puntualizza -. Non si tratta semplicemente di acquisire abilità tecniche in campi diversi, ma di integrarle in modo che si potenzino a vicenda. Ad esempio, la profonda comprensione della natura e dell’ambiente, essenziale per l’esploratore e lo sciatore, si arricchisce ulteriormente quando accompagnata dalla capacità di catturare e narrare visivamente queste esperienze, come fa un documentarista o un fotografo».

 

«Prima di ogni impresa – spiega Alesi – mesi, talvolta anni, vengono dedicati allo studio dell’area, alla pianificazione dell’itinerario, all’allenamento fisico e mentale, e all’apprendimento delle tecniche necessarie per affrontare le sfide specifiche di quell’avventura. La tecnica e la competenza sono fondamentali, non solo per la riuscita ma, più importantemente, per la sicurezza personale e del gruppo».

 

A tutto ciò si unisce la voglia di nuovi traguardi, la propensione, il fuoco sacro che da sempre caratterizza coloro i quali hanno a che fare con la montagna.

 

«Ora, con un approccio più razionale alle spedizioni, sto iniziando a contemplare l’idea di preparare una discesa su una delle cime di oltre 8.000 metri – anticipa -. Si tratta di un obiettivo che richiederà forse un paio di anni di preparazione, nonché una profonda comprensione dei rischi. La sfida è immensa, ma è proprio in queste imprese che si trovano le lezioni più profonde su noi stessi e sul nostro rapporto con la natura. Rispettare i propri limiti e ascoltare quella voce interiore che ci consiglia prudenza è essenziale. Alla fine, è il viaggio e non solo la destinazione che definisce l’esperienza».

 

Infine, la chiosa sull’importante ruolo assunto in seno alla più alta istituzione dello sci professionale in Italia, il Collegio Nazionale dei Maestri di Sci, di cui è diventato vicepresidente di recente.

 

«Vedo questo ruolo come un’opportunità per creare un ponte tra due mondi – conclude Alesi -. Da una parte, quello dell’esplorazione e dello sport estremo, dove la passione e l’avventura guidano ogni passo; dall’altra, quello delle decisioni politiche e dello sviluppo territoriale, dove queste passioni possono trasformarsi in azioni concrete per il benessere delle persone e per la conservazione degli ambienti montani. In questo senso, la sfida è mantenere sempre vivo il dialogo tra queste due realtà, assicurandosi che le decisioni prese ai “tavoli alti” riflettano le necessità reali delle comunità montane e dei professionisti che lavorano in questi ambienti, contribuendo così a un futuro più sostenibile e rispettoso della natura che tutti amiamo».

 

Immagini dalle Svalbard 

Le storie di Walter: Lorenzo Alesi, la leggenda continua  (Video e foto)

Le storie di Walter: i maestri di sci di Piagge (Le foto)


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