Sono trascorsi 47 anni da quel tragico 9 maggio 1978, quando il corpo senza vita dello statista Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, veniva ritrovato in via Caetani a Roma, vittima delle Brigate Rosse dopo 55 giorni di prigionia. Quella data segnò un punto di non ritorno nella storia repubblicana italiana: simbolo degli “Anni di Piombo”, della violenza politica, del dolore e dello smarrimento collettivo.
Dal 2007, il 9 maggio è ufficialmente riconosciuto come Giorno della Memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi. Un momento di riflessione civile e istituzionale che unisce il ricordo alla consapevolezza storica, e che ha sempre coinvolto anche la città di San Benedetto del Tronto.
«Fino a qualche anno fa, infatti, l’Amministrazione comunale aveva sempre accompagnato questa ricorrenza con il doveroso ricordo di uno dei suoi figli: Roberto Peci, giovane sambenedettese sequestrato e brutalmente ucciso dalle Brigate Rosse nel 1981 – spiega la segretaria comunale del Psi, Rachele Laversa -. Un’esecuzione che fu un atto di vendetta nei confronti del fratello Patrizio, ex brigatista divenuto collaboratore di giustizia».
La vicenda di Roberto Peci, straziante e dimenticata troppo in fretta, presenta una tragica analogia con quella di Aldo Moro: entrambi tenuti in ostaggio per 55 giorni, entrambi assassinati con 11 colpi di mitragliatrice. Due storie parallele, diverse per contesto ma uguali per crudezza e simbolismo.
Nel 2011, l’amministrazione Gaspari decise di rendere onore a Roberto Peci intitolandogli la via in cui fu rapito, l’attuale via Arrigo Boito, traversa del lungomare sud, nei pressi del Palariviera. Un atto che inseriva nella toponomastica cittadina un ricordo vivo.
«Tuttavia, proprio in questo 9 maggio, mentre in tutta Italia si rinnovano cerimonie e momenti di riflessione, l’Amministrazione Comunale di San Benedetto è rimasta in silenzio – continua Laversa -. Nessun comunicato, nessuna commemorazione pubblica, nessun gesto simbolico. Un’assenza che pesa come un macigno, perché la memoria è un dovere istituzionale, oltre che umano».
«Questo silenzio — reiterato negli anni — non è solo una dimenticanza, ma una mancanza grave verso la cittadinanza e in particolare verso le giovani generazioni, che rischiano di crescere senza conoscere storie fondamentali per comprendere il prezzo della democrazia e della libertà – conclude -. Ricordare Roberto Peci non è solo un atto di giustizia verso un concittadino barbaramente ucciso, ma un gesto di responsabilità collettiva. In un tempo in cui la memoria è sempre più fragile, non si può delegare solo ai libri di storia il compito di ricordare».
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