di Luca Capponi
La magia, per chi ha resistito al freddo, è stata di quelle uniche: musica che fa sognare in uno scenario da sogno. Che poi è ciò che sta alla base di “Urban Impressionism”, il disco che Dario Dardust Faini porta in scena in questo nuovo tour, il quinto della sua sin qui fortunata carriera. Un tour che, dopo l’antipasto del Teatro Filarmonici, ha preso il via nella serata di venerdì 17 maggio, a pochi chilometri da dove nato è cresciuto, vale a dire sul Colle San Marco, negli spazi della Cava Giuliani, il luogo dove un altro mago, Giuliano Giuliani, plasma e modella le sue opere in travertino.
Da questo incontro tra due personalità artistiche così forti, che condividono amicizia e origini, non poteva che venir fuori uno show live denso, suadente, ipnotico, in bilico tra Parigi e New York (città dove ha trovato ispirazione per le sue composizioni), tra Monet ed Herman Hesse, tra gabbie dorate ed albe vertiginose. Un’ora e mezza di suggestioni sonore che Dardust, nome di punta dello scenario nazionale ed internazionale, tesse abilmente ormai da anni, con certificato successo a tutte le latitudini. Senza dimenticare mai, però, da dove tutto è cominciato, tanto che anche stavolta ci ha tenuto a partire da qui prima di toccare l’Italia e l’Europa.
Il pubblico, che aveva mandato la data sold out già da qualche settimana, ha risposto alla grande, come sempre quando si tratta di Dario. Lui, infreddolito come la platea a causa delle temperature troppo rigide per la primavera inoltrata, negli anni è rimasto sempre fedele al suo modo di vedere la sua musica, visionario e immersivo, senza perdere educazione, umiltà e profondo rispetto per il pubblico. Cose non da poco, in tempi avari di bellezza come quelli attuali.
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