«Pur apprezzando la volontà di restituire un servizio sanitario alla collettività, non possiamo che rimarcare, come Cgil funzione pubblica, che le scelte di questa Regione sulle politiche sanitarie sono totalmente improvvide e minano la sussistenza stessa del servizio pubblico». Questo recita la nota sindacale firmata dalla segretaria provinciale Viola Rossi, in merito alla misura adottata dall’Ast di Ascoli per l’abbattimento delle liste di attesa e che – come spiegato dallo stesso dg Antonello Maraldo – consiste nell’acquisto di quasi 12.000 prestazioni sanitarie da strutture sanitarie accredita (leggi qui).
Viola Rossi
«Si tratta – sottolinea Rossi – di una spesa che non viene sostenuta per ampliare ed arricchire l’offerta che il sistema pubblico comunque garantisce, ma anzi, e viene anche ostentato, per recuperare quelle prestazioni che il pubblico non riesce più ad erogare».
La Cgil definisce “ovvia” tale scelta dell’Ast picena, per «i tagli continui che negli anni sono stati portati avanti senza sosta al sistema pubblico, fatto di tetti di spesa, vincoli finanziari sempre più stringenti e assenza di competitività salariale per i professionisti della sanità».
La conseguenza di tutto questo, rimarca la sindacalista, sta nel fatto che «la direzione generale dell’Ast Ascoli, da poco insediatasi, ha dovuto infatti ammettere alla delegazione di parte sindacale, qualche settimana fa, di essersi trovata di fronte ad una carenza di personale, già solo per il periodo estivo, inimmaginabile.
Per correre ai ripari dunque le scelte sono state obbligate: accorpamento di reparti, riduzione di posti letto e programmazione di assunzioni. Peccato che, rispetto a quest’ultime, è molto plausibile che ci ritroveremo, come già avvenuto l’anno scorso, in condizione di dover ricorrere ai lavoratori interinali e a non riuscire a sanare la carenza cronica di personale medico».
Rossi evidenzia che invece di frenare il collasso del sistema, con la modifica dei tetti di spesa per il personale e proposte di rinnovo contrattuale tali da attrarre i professionisti ed evitare che vadano altrove («le retribuzioni sono ferme da decenni»), continua il depauperamento del Servizio pubblico con la scelta di destinare risorse al privato.
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