Ventotto settimane dopo: perché la sentenza del Tar ha ribaltato il “caso” ProMarche

SAN BENEDETTO - Sette mesi dopo la presentazione del ricorso, il tribunale amministrativo ha dato ragione alla cooperativa: ora spetta al Consiglio comunale tornare ad esprimersi nel merito
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Il Consiglio comunale a San Benedetto

 

di Giuseppe Di Marco

 

Due ricorsi, uno al Tar e uno in Consiglio di Stato, entrambi favorevoli al Comune di San Benedetto. E poi, un fulmine a ciel sereno. Il tribunale amministrativo riapre tutto accogliendo l’ulteriore ricorso della cooperativa, presentato circa sette mesi fa.

 

E’ indubbio che il “caso” ProMarche rappresenti una delle questioni principali della Riviera. La recente sentenza del collegio dorico dà al Consiglio comunale un mese e mezzo per “rideterminarsi” sulla proposta di variante. Proposta con cui ProMarche, va ricordato, aveva avanzato l’idea di realizzare un impianto di stoccaggio alimentare in Via Pomezia, a pochi passi dalla sede. La modifica al Piano regolatore, in tal senso, sarebbe stata necessaria per approvare la realizzazione dell’impianto in deroga all’altezza massima che il prg prevede per quella zona, vale a dire 11 metri.

 

La conferenza dei servizi convocata scatenò una dura polemica, del tutto avulsa dai contenuti della variante e squisitamente politica. Polemica che, più avanti, avrebbe indotto la lista Libera a sfiduciare l’assessore espresso in fase di insediamento. Si trattava di Bruno Gabrielli, un pezzo da novanta dell’Amministrazione Spazzafumo.

 

Secondo Annalisa Marchegiani, infatti, il Comune avrebbe dovuto prima dotarsi di un regolamento per le proposte di modifica transitanti per lo Sportello Unico delle Attività Produttive qual era, appunto, la variante ProMarche. Membri della maggioranza, inoltre, dissero di non essere al corrente dell’iniziativa. L’esercito di terracotta, in quel di Viale De Gasperi, sembrò sul punto di frantumarsi, anche perché l’addio di Gabrielli – ad agosto – avrebbe fatto tremare il palazzo, scosso dalle tattiche scacchistiche di Umberto Pasquali. In ballo c’era l’approvazione del bilancio consolidato. Ma questa, lo sanno tutti, è stata tutt’altra storia.

 

La partita intanto si giocava in conferenza dei servizi: non un’amichevole qualunque, ma un susseguirsi di eventi degno dello stadio “Azteca”. Eventi, peraltro, riassunti in determina (476/2024) e culminati al terzo appuntamento del 3 maggio, in cui si registrarono le «posizioni favorevoli senza condizioni dei rappresentanti dell’Area Gestione del Territorio del Comune di San Benedetto del Tronto e del Settore IV Pianificazione Territoriale della Provincia di Ascoli Piceno».

 

Esito positivo, insomma. Ma si sa, la questione venne discussa anche al di fuori della conferenza dei servizi: a riportarlo è la succitata determina, dove si specifica che alcuni pareri, nei mesi precedenti, erano stati formulati ed espressi al di fuori del triplice incontro.

 

Il resto è ben noto: il 15 giugno la delibera approdava in Consiglio, che però respingeva la variante con 19 voti contrari e solo 5 favorevoli (quelli del sindaco Antonio Spazzafumo e dei consiglieri Pasquali, De Renzis, Mancaniello e De Ascaniis). La ProMarche quindi presentava ricorso al Tar non ravvisando motivi alla base del diniego, e il 3 settembre il Consiglio tornava a riunirsi per specificare tali motivazioni con una nuova delibera. La prima impugnazione e l’appello presso l’organo di rilievo costituzionale si risolvevano a favore del Comune. L’iter tribunalizio sembrava essersi concluso.

 

Invece non era finita. La ProMarche, infatti, aveva presentato un altro ricorso al Tar, chiedendo l’annullamento della delibera di convalida. Nella sentenza del 31 maggio, il collegio si è espresso nel merito della questione, facendo chiarezza su diversi aspetti che erano stati toccati nel corso dei mesi precedenti. Ne sintetizziamo, di seguito, quelli salienti.

 

La stesura del nuovo Piano regolatore generale

Uno degli argomenti a sostegno del diniego riguardava la possibilità di generare un “precedente”. L’Amministrazione, sin dall’insediamento, aveva messo in chiaro che prima di valutare proposte di variante, avrebbe dotato il Comune di un nuovo strumento di pianificazione urbana. Seguendo questa logica, approvando la proposta di ProMarche, l’ente si sarebbe esposto a possibili ricorsi da parte di altri privati proponenti.

A tal proposito, il Tar ha fatto notare che non si può paragonare una variante ordinaria, che implica un’importante modifica alla disciplina urbanistica «con una variante S.U.A.P. che implica la modifica di un solo parametro edilizio e che riguarda la realizzazione di impianto produttivo da ubicare in zona già classificata D. Pertanto la motivazione riferita all’incompatibilità di qualsiasi variante singolare con il nuovo P.R.G. in itinere non è da sola sufficiente nel caso di specie a giustificare la decisione qui avversata». Non solo. «Questa conclusione è vieppiù suffragata dal fatto che l’intervento di Promarche obbedisce anche ad uno dei criteri ispiratori del P.R.G. in itinere, ossia la riduzione del consumo di suolo (l’impianto di stoccaggio, infatti, presenta un’altezza notevole proprio perché il proponente ha deciso di ridurre la superficie del nuovo capannone)».

 

L’assenza di un regolamento per le varianti Suap

«Ugualmente irrilevante – si legge più avanti nella sentenza – è il fatto che il Comune non si sia eventualmente dotato di un regolamento che disciplini la procedura da seguire per le cosiddette varianti S.U.A.P., sia perché, in generale, l’inerzia comunale non può ostare all’applicazione del D.P.R. n. 160/2010, sia perché, in assenza di regole specifiche, suppliscono le disposizioni della L. n. 241/1990, della normativa sulla V.A.S./V.I.A. e sulla V.I.N.C.A., nonché, in via residuale, le norme della legge urbanistica».

 

Il potere discrezionale del Consiglio comunale

Da molti consiglieri era stato fatto notare come il Consiglio, dovendo esprimersi in ultima istanza, detenesse un potere discrezionale proprio e non limitabile in virtù dell’esito della conferenza dei servizi.

«Non è dirimente il richiamo all’ampia discrezionalità di cui il Comune è titolare in materia di pianificazione urbanistica – recita la sentenza – perché nella specie andava svolta una valutazione comparativa dei contrapposti interessi, mettendo a confronto gli elementi a favore dell’approvazione della variante […] e quelli che invece militavano per la non approvazione».

 

In definitiva il Consiglio può esprimere il proprio diniego. Secondo il Tar, però, data la conclusione positiva degli incontri “tecnici”, occorrerebbe fornire motivazioni altrettanto tecniche per rifiutare la proposta di variante. Cosa che il Consiglio può ancora fare, essendo obbligato ad esprimersi nuovamente entro 45 giorni. Il Comune peraltro ha facoltà di appellarsi in Consiglio di Stato contro la sentenza del 31 maggio. L’alternativa è valutare di nuovo il progetto e dar seguito alle risultanze della conferenza dei servizi.

 

La prossima riunione in assise comunale dovrebbe tenersi fra il 21 e il 28 giugno. Quel che accadrà, in quella sede, rappresenta ancora un mistero.


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