Iniziativa “sui generis” della Diocesi: preti in preghiera nel centro dello “scandalo Rupnik”

ASCOLI - Fa discutere la tappa al Centro Aletti di Roma in occasione del Giubileo dei Sacerdoti, nella struttura il cui fondatore è finito nel mirino per abusi sessuali. Così come gli esercizi spirituali tenuti dal vice, padre Bresciani. Dall'allontanamento di don Simeone alla vicenda di don Bastoni, casi controversi che lasciano perplessi
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di Luca Capponi e Walter Luzi

 

Alcuni sacerdoti della Diocesi di Ascoli hanno partecipato a un’iniziativa spirituale a Roma in occasione del Giubileo dei Sacerdoti, tra il 25 ed il 27 giugno scorsi. Tra i momenti clou vissuti nella Capitale, spiccano le catechesi tenute da don Ivan Bresciani al Centro Aletti, struttura fondata da padre Marko Rupnik, dove sono stati accolti insieme al vescovo Palmieri.

 

IL CENTRO ALETTI E COMPAGNIA

 

A prima vista, si potrebbe leggere questa esperienza come un semplice tempo di fraternità e di rinnovamento. Ma a uno sguardo più attento, la scelta di inserire nella proposta formativa e spirituale sia una figura strettamente legata al Centro Aletti, sia il centro stesso come luogo ospitante, apre interrogativi non marginali.

 

Negli ultimi anni, il nome del Centro Aletti è infatti stato indissolubilmente legato allo scandalo degli abusi perpetrati da Rupnik. Accuse da parte di donne consacrate, abusi di coscienza, spirituali, sessuali. Rupnik è stato espulso dalla Compagnia di Gesù nel 2023. Tuttavia, il centro da lui fondato ha continuato a operare senza mai prendere le distanze pubblicamente, né da lui né dalle sue responsabilità.

Il Duomo di Ascoli

 

Non meno significativa è la figura di don Ivan Bresciani, che sembrerebbe addirittura incardinato nella Diocesi di Ascoli, vicedirettore del Centro Aletti. Non è la prima volta che guida esercizi spirituali per i sacerdoti ascolani. Il suo ruolo di predicatore giubilare rafforza l’idea di una relazione strutturata e stabile tra la Diocesi e un contesto – quello alettiano – ancora privo di un chiarimento morale e spirituale.

 

In un tempo in cui la Chiesa parla di ascolto delle vittime, di trasparenza e di riforma delle strutture di potere, questo silenzio pesa. Non una parola, finora, da parte della Diocesi di Ascoli per spiegare, giustificare o contestualizzare simili scelte. Nessun accenno pubblico allo scandalo che ha travolto il Centro Aletti.

Giovanni D’Ercole e don Alberto Bastoni

 

 

Includere nel proprio percorso formativo e simbolico un contesto come il Centro Aletti pone sicuramente diversi interrogativi.

Il vescovo di Ascoli Palmieri

 

IL CASO BASTONI 

 

Tutto questo accade in una Diocesi che ha già vissuto, pochi anni fa, un caso doloroso e controverso: quello di don Alberto Bastoni. Accolto ad Ascoli dopo precedenti legati al consumo di droga e non solo, Bastoni fu successivamente coinvolto in una nuova indagine nel 2020, accusato di possesso di cocaina e di materiale pedopornografico quando era anche vice parroco del Duomo. A processo, nel 2023, patteggiò quattro mesi di reclusione ed una multa. Il discusso vescovo D’Ercole, all’epoca, dopo averlo accolto lo allontanò, ma la ferita per la comunità è rimasta profonda (leggi qui).

 

Quel caso ha dimostra quanto sia rischioso avvicinarsi a figure compromesse, e quanto gravi possano essere le conseguenze in termini di fiducia e di credibilità.

 

Oggi, pur trattandosi di situazioni molto diverse, il meccanismo di fondo sembra ripetersi: una Diocesi che offre spazio a figure legate a contesti non chiariti, in un silenzio che rischia di diventare assenso. Nel quadro di queste dinamiche diocesane, a volte imperscrutabili, trova posto, inevitabilmente, di contro, la vicenda di don Francesco Simeone.

Don Simeone

 

DON FRANCESCO

 

Il giovane sacerdote pugliese, incardinato da monsignor D’Ercole per fidei donum nell’ottobre del 2017 e allontanato dal suo successore a fine 2024.

 

Anni durante i quali, come parroco dell’ospedale “Mazzoni” il prete di Martina Franca si era fatto unanimemente apprezzare per le sue straordinarie doti umane e per una presenza h 24 nei reparti, esaltata durante la lunga, drammatica, emergenza Covid. Ma anche per sue lodevoli e generose iniziative che non possono definirsi comuni, di ordinaria amministrazione, per un parroco.

 

Grazie a padre Francesco, infatti, la cappella “Camillo De Lellis”, all’ultimo piano dell’Ospedale, viene arricchita, grazie ad una sua cospicua donazione personale da pregiate vetrate artistiche sacre. Non solo. Don Francesco fa riaprire, e ristrutturare completamente, anche la cappella della Resurrezione, ormai ridotta a deposito materiali, attigua all’obitorio, e la mette gratuitamente a disposizione dei fedeli che vogliano rendere in quel luogo consacrato l’estremo saluto ai propri cari estinti. La notizia della decisione improvvisa della sua rimozione dall’incarico, con un anno di anticipo sulla scadenza naturale del suo contratto con la locale Ast, scatena grandi polemiche.

 

«Qui ad Ascoli non c’è più bisogno di te», gli viene detto senza tanti complimenti. Nonostante le carenze di organici che erano evidenti, e che si vanno sempre più aggravando. I reali motivi del suo siluramento restano ancora avvolti dal mistero. «Il rientro di don Francesco Simeone nella sua diocesi di appartenenza – si affretta a precisare la Curia ascolana in un comunicato “congiunto” con quella pugliese – è stato urgentemente richiesto dal vescovo di Taranto».

 

Un rientro immediato nella diocesi di appartenenza ma, ad oggi, don Francesco, nella sua terra, è ancora senza un incarico, ed è tornato a percepire un sostentamento economico solo lo scorso mese. In compenso la fruizione della cappella della Resurrezione, in base a grosse restrizioni decise già all’indomani del suo licenziamento è, di fatto, preclusa all’utilizzo, per i fedeli che lo desiderassero, come camera ardente.

Papa Leone XIV

 

SILERE 

 

Ad occuparsi delle tante contraddizioni riscontrate, anche le colonne digitali dove proprio non te l’aspetteresti mai. Silere non possum, il portale d’informazione on line dedicato all’attività del Santo Padre, della Santa Sede e della Chiesa Cattolica.

 

Una testata giovane, nata nel 2021, e coraggiosa, con un’unica, precisa e irrinunciabile, missione: riaffermare la trasparenza e l’autorevolezza nella comunicazione veritiera, e favorire una comprensione consapevole delle questioni che intersecano la fede e la realtà ecclesiale. In una parola, perseguire e promuovere l’esclusivo bene della Chiesa e dei suoi fedeli. La critica, ferma e costruttiva, mossa ai vescovi è di non riuscire sempre a comprendere le reali esigenze del clero e delle loro comunità, l’incapacità, a volte, di comprendere le fatiche, mettere a frutto i talenti dei sacerdoti loro sottomessi, e premiarne, magari, l’impegno, fanno il paio con scelte, a volte, molto discutibili.

 

«Frutto – come negli auspici anche di “Silere non possum” – di un servizio libero da interessi di parte, e fedelmente ancorato al Vangelo».

 

Tanto di cappello, e lunga vita, intanto, alla redazione, composta da chierici e laici, che svetta per indipendenza e onestà intellettuale, in un panorama generale del mondo dell’informazione, in Italia, oggi davvero sconfortante. Avamposto, come solo pochissimi altri, di un giornalismo senza padroni. Perché la giustizia, dentro e fuori dalla Chiesa, con o senza il Vangelo alla mano, comincia dalla trasparenza. Per non cercare consenso, ma verità.

 

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