Il portale di informazione cattolica “Silere non possum”, attraverso il suo direttore Marco Felipe Perfetti, ha annunciato l’avvio di un’azione legale contro la Diocesi di Ascoli Piceno, accusata di aver diffuso “affermazioni false e diffamatorie” (leggi qui) su un’attività giornalistica “verificata, documentata e riscontrabile, non siamo mai stati smentiti nè condannati per aver affermato qualcosa di falso”.
Il lungo comunicato, che qui riportiamo in maniera sintetizzata e che racconta tanti retroscena interessanti consultabili sul portale, rivendica il ruolo di Silere nell’aver rivelato in esclusiva documenti riservati del Dicastero per la Dottrina della Fede riguardanti presunti abusi di padre Marko Ivan Rupnik, e denuncia il tentativo della Chiesa di “delegittimare quei giornalisti che, in solitudine e senza alcuna protezione, hanno avuto il coraggio di denunciare ciò che oggi è divenuto di dominio pubblico”.
Viene criticato l’atteggiamento di alcuni esponenti della Diocesi, in particolare il vescovo Gianpiero Palmieri e don Giampiero Cinelli (parroco della chiesa dei Santi Simone e Giuda in Monticelli e direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali), accusati di “commentare blog tenuti da giuristi” e di essere “più ossessionati da chi scrive su Silere non possum che dai contenuti che vengono pubblicati”. Il comunicato sottolinea come questo comportamento sia “tipico di chi preferisce attaccare il messaggero anziché affrontare il messaggio”, definendolo “una modalità sterile”.
Un passaggio centrale riguarda Ivan Bresciani, ex vicedirettore del Centro Aletti, che avrebbe permesso a Rupnik di concelebrare regolarmente nella Basilica di Santa Prassede, nonostante le restrizioni imposte. Il portale afferma: “Solo quando Silere non possum ha denunciato pubblicamente questa grave mancanza, il sacerdote e il Centro Aletti non hanno più messo piede nella Basilica”.
Viene inoltre contestata la narrazione della Diocesi secondo cui alcuni sacerdoti sarebbero stati “temporaneamente incardinati”: secondo il portale, “Ivan Bresciani, Milan Žust, Oscar González e altri hanno abbandonato l’ordine dei Gesuiti proprio perché schierati apertamente in difesa di Rupnik”.
Il comunicato chiarisce che Silere non possum “non ha mai trattato la vicenda” relativa a don Francesco Simeone, citata da Cronache Picene, e ribadisce la legittimità giuridica del portale, che “non ha alcun obbligo di registrazione presso un tribunale della Repubblica Italiana”, operando principalmente all’estero.
Si denuncia inoltre il tono del comunicato della Diocesi, definito “offensivo”, e il fatto che “i comunicati vengono inviati a tutti, tranne che ai diretti interessati”, una prassi che secondo il portale “integra pienamente gli estremi del reato previsto e punito dall’art. 595 del Codice Penale. È inoltre falsa l’affermazione secondo cui gli articoli pubblicati sarebbero anonimi: il portale ha un direttore responsabile, che risponde personalmente di ogni contenuto, chi scrive su Silere non possum è un giornalista regolarmente iscritto alla categoria, e svolge la propria attività nel pieno rispetto delle leggi degli Stati di riferimento, secondo i principi del giornalismo professionale e responsabile”.
Il portale rivendica la propria missione al servizio della verità, citando le parole di Leone XIV:
“La vostra lotta per la giustizia è anche la lotta della Chiesa. […] Questa cultura sarà autentica solo se nasce da una vigilanza attiva, da processi trasparenti e da un ascolto sincero di coloro che sono stati feriti. Per questo abbiamo bisogno dei giornalisti”.
In conclusione, Silere non possum afferma con fermezza: “Non tollereremo più tentativi maldestri di delegittimazione, chiamando i responsabili a risponderne innanzi ai tribunali competenti”.
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